mercoledì, febbraio 07, 2024

Due feste e due chiese. La contesa di Ragusa per i santi patroni approda in Vaticano

La festa di san Giovanni (a sinistra) a Ragusa e quella di San Giorgio a Ibla

“Riconoscere a entrambi i santi il titolo di copatrono” dicono ‘sangiorgiari’ e ‘sangiovannari’
 

di GIADA LO PORTO

Sotto l’azzurro cielo di Ragusa Ibla, poco dopo l’aristocratico Circolo di conversazione con due leoni in cima e donne alate sulla facciata, una signora a passeggio esclama: « Hanno spodestato san Giorgio». Apriti cielo. Qui coesistono due patroni, un duomo e una cattedrale, e due fazioni di devoti. San Giovanni Battista patrono della parte superiore ricostruita dai popolani, san Giorgio patrono dell’antico paese, Ibla, dove rimasero i nobili. Solo che, a un certo punto, è accaduto che l’unico a comparire nelle carte ufficiali del Dicastero per il culto divino fosse sanGiovanni. Di san Giorgio si sono perse le tracce, allora i “sangiorgiari” si sono costituiti in associazione per chiarire la questione e sono giunti fino in Vaticano portandosi dietro documenti vescovili e bolle papali, alcuni risalenti alla fine del ’500, che indicano come chiesa madre la chiesa di san Giorgio.

«Ci deve essere stato un equivoco», si sono detti, mentre a Ragusa si diffondeva la perdita del patronato di san Giorgio sulla città. « San Giorgio è stato il patrono di tutta la città fino al 1896 — dice il parroco Pietro Floridia — quando era amministrativamente già divisa da 30 anni. Quando Ragusa si riunisce non viene detto chi è il patrono tra i due. Restano entrambi». 

«Lotteremo affinché a san Giorgio venga riconosciuta pari dignità » , dice Damiano Salinitro, dell’associazione san Giorgio martire che conta oltre 200 “ sangiorgiari”. 
Dopo il terremoto i “ sangiovannari” che si erano trasferiti riuscirono a promuovere la divisione amministrativa della città, dopo avere trasportato il culto di san Giovanni nella nuova Ragusa, con contrasti tra le loro stesse fazioni. Alcuni sono rimasti a Ibla, i trasferiti fecero una petizione per ottenere la divisione della città in due distinti comuni e la ottennero. Durò poco e i due abitati vennero riunificati. 
Nonostante ciò le liti continuarono perché i due cleri non riuscivano ad accordarsi nello stabilire i limiti delle rispettive giurisdizioni. Si arrivò a un concordato tra i parroci di san Giorgio e san Giovanni per sancire i rispettivi diritti e doveri per il presente e per il futuro. Nell’accordo viene stabilito che san Giorgio è il patrono principale protettore di Ragusa e conserva tutte le prerogative di chiesa madre, successivamente san Giovanni viene proclamato patrono di Ragusa superiore. 
Tra alterne baruffe e carte bollate tutto rimase più o meno pacificamente in vigore fino ai giorni nostri. Almeno fino a quando nel calendario delle chiese di Sicilia, è stata operata l’esclusione di san Giorgio ed è stato inserito soltanto san Giovanni come patrono di Ragusa. Cosa è accaduto? Le ipotesi si susseguono nel labirinto di vicoli di Ibla, fra fastosi palazzi nobiliari e la vista della cupola biancadel duomo che al calar della sera diventa blu e si confonde con il cielo. La più accreditata è che l’ex parroco di san Giorgio, ormai anziano, erroneamente o meno, abbia dimenticato di inserire nel documento il patrono. Qualcuno addebita il gesto a « uno dei tanti colpi bassi, allo scopo di mettere in oblio il culto e il patronato di san Giorgio per sentimenti astiosi e campanilistici». 
E sembra quasi di rileggere “ Feste religiose in Sicilia” di Leonardo Sciascia. « Che cosa è una festa religiosa in Sicilia? — scrive — Sarebbe facile rispondere che è tutto, tranne che una festa religiosa. È, innanzitutto, una esplosione esistenziale. Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città». Sciascia riferisce innumerevoli esempi di santi che ne hanno soppiantati altri. C’è la guerra tra i santi di Agrigento, la città dove da secoli la devozione per il santo nero, san Calogero, è più sentita che per il santo patrono, il francese san Gerlando. Qualche anno fa volarono pugni e bestemmie per la festa di san Calogero. Un tempo partiva anche qualche coltellata. 
«Nulla di tutto ciò — chiariscono sangiorgiari e sangiovannari — noi vogliamo che sia riconosciuto a entrambi i santi il titolo di copatrono » . Anche se, ammettono, la rivalità non è solo religiosa e deriva dalla diversa fisionomia delle due Ragusa, una nobile, l’altra proletaria. Tradotto significa che c’è sempre stata e mai si estinguerà. «Adesso abbiamo consegnato tutti i documenti in Vaticano — proseguono i devoti a san Giorgio — Ci riesce difficile accettare come oltre 1500 anni di storia e devozione della città, possono essere cancellati ». Da qui la decisione di andare a Roma, presentandosi alla Congregazione dei riti per chiedere conto e ragione della faccenda. Il segretario della Congregazione accoglie la delegazione, li ascolta e riferisce che si sarebbe sentito col vescovo di Ragusa monsignor Giuseppe La Placa. A oggi si attendono risvolti sulla vicenda. 

La Repubblica Palermo, 6/2/2024

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