domenica, febbraio 11, 2024

1944, l’Isola torna italiana tra mugugni e minacce


Pasquale Hamel

L’11 febbraio 1944 con il proclama n.16, a firma del generale britannico Harold Rupert Alexander, dopo circa sette mesi di occupazione alleata, cessava l’AMGOT (Allied military government occupied territories) e l’Isola veniva formalmente restituita alla giurisdizione del governo italiano, presieduto dal maresciallo Pietro Badoglio, anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione della Commissione Alleata di Controllo, un organo istituito in sostituzione dell’AMGOT. 

Per quanti, e in primo luogo i separatisti guidati da Andrea Finocchiaro Aprile, avevano immaginato, dopo la fine delle operazioni militari in Sicilia e la sconfitta del regime fascista, un diverso sviluppo della situazione la decisione del governo alleato, fu considerata un vero e proprio tradimento perpetrato in danno della Sicilia.

Quella decisione costrinse gli indipendentisti ad un cambio di rotta politico. La piattaforma del MIS (Movimento indipendentista siciliano) non avrebbe più puntato, nell’immediato, alla separazione netta dell’isola dall’Italia ma ad un patto confederativo.


Da qui l’interesse degli stessi separatisti per il nome di colui che avrebbe retto l’Alto Commissariato per la Sicilia, previsto nel protocollo di trasferimento dei poteri al governo del re. L’indicazione del nome era decisiva per l’atteggiamento che il separatismo avrebbe assunto, infatti, il leader indipendentista Finocchiaro Aprile con tono minaccioso affermava che «…se per disavventura si pretendesse di mandare in Sicilia un rappresentante del governo non siciliano, un generale, un funzionario da noi non designato, e quindi da noi non gradito, ciò significa volere spingerci alla lotta e noi accetteremo il combattimento ad anche ad oltranza».

Animi agitati, dunque, e minacce concrete che vengono in parte mitigate dalla decisione di indicare un personaggio d’alto profilo non insensibile alle sirene indipendentiste. Si trattava dell’avvocato Francesco Musotto, di idee socialiste, eletto alla Camera dei deputati nel listone e subito dopo espulso per le sue idee chiaramente antifasciste. Musotto si insedia il 30 marzo del 1944, assistito da una giunta consultiva rappresentativa delle componenti del C.L.N. siciliano. Della Giunta fanno, infatti, parte, i democristiani Salvatore Aldisio, che di lì a poco lo sostituirà, e Bernardo Mattarella, il comunista Giuseppe Montalbano, il socialista Francesco Taormina e il demo-sociale Enrico La Loggia, il cosiddetto padre del famoso art. 38 dello Statuto regionale siciliano. L’incarico di Musotto sarebbe durato solo qualche mese in quanto Badoglio si rende conto che il comportamento dell’Alto Commissario non corrisponde alle attese del governo, agli occhi appare infatti come una sorta di quinta colonna del separatismo e, in particolare, appare restio ad adottare quei provvedimenti necessari al superamento dell’emergenza a cominciare dalla normalizzazione delle amministrazioni locali con la rimozione dei vertici nominati dagli alleati molti dei quali sfacciatamente separatisti. Il risultato è che il 17 luglio del 1944, a quasi un anno dalla liberazione della Sicilia, si riunisce il Consiglio dei ministri, ora presieduto da Ivanoe Bonomi, e al posto di Musotto, che non la prende bene, nomina l’ex ministro dell’interno, il democristiano Salvatore Aldisio. Di quella scelta del Consiglio dei ministri, lo storico Francesco Renda da un giudizio estremamente positivo affermando che «la nomina di Aldisio ad Alto Commissario fu un momento decisivo nel lento e faticoso cammino del ritorno della Sicilia all’Italia. Dalle sabbie mobili, finalmente, si approdò alla terra ferma».

E che il governo Bonomi avesse visto giusto, lo conferma nel suo Il dopoguerra in Sicilia Francesco Cangialosi, il quale scrive che «già all’esordio Aldisio fa saltare il tavolo del politicamente corretto, creando imbarazzo nelle stesse fila del governo italiano… dichiara infatti di accettare l’incarico sempreché venisse allontanato tutto il personale militare alleato che in quei mesi aveva trescato con il movimento indipendentista ed affidato posti di grande responsabilità ai loro uomini ed ad esponenti della mafia». La forte personalità di Aldisio e il consenso unanime che gli viene dai rappresentanti dei partiti del C.L.N. siciliano, costringono il governo nazionale ad accettare le sue proposte, quelle che di lì a poco tempo, porteranno alla approvazione dello Statuto autonomistico. La grande agibilità di cui, per varie ragioni di opportunità, aveva fino ad allora goduto il movimento separatista era, dunque, finita e di questo si resero conto i leaders indipendentisti che reagirono in maniera scomposta, veri colpi di coda di un animale ferito che sente ormai prossima la fine. Quei colpi di coda gli si rivoltano contro provocando la pronta reazione del governo che, con accusa di eversione i leader del movimento. Il governo si sentì dunque legittimato a procedere all’arresto dello stesso Andrea Finocchiaro Aprile che venne confinato a Ponza insieme con l’avvocato Antonino Varvaro, leader dell’ala di sinistra del Movimento. Decisivo per la sconfitta del separatismo e la normalizzazione politica dell’isola, fu però la pubblicazione del decreto legislativo luogotenenziale n.416 del 28 dicembre 1944, fortemente voluto dallo stesso Salvatore Aldisio, con il quale veniva nominata la Consulta regionale siciliana a cui veniva demandato il compito di elaborare quello Statuto Regionale Siciliano che sarebbe stato approvato il successivo 15 maggio 1946 e che avrebbe dato vita alla Regione a Statuto speciale.

GdS, 12/2/2024

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