Georgia Meloni
Lavoro, fisco, giovani, pensioni: non pervenuti. Centottantuno minuti di pura propaganda
direttore
Spalanca gli occhi, alterna smorfie a sorrisi, si schernisce, aggrotta la fronte, schiarisce la voce, sbotta: “Sto a mori’, regà”. Il racconto dell’attesissima conferenza stampa di Giorgia Meloni potrebbe finire qui, in quelle scomposte reazioni fisiognomiche, tra lo stizzito e l’annoiato, nell’ascoltare domande a cui non concedere alcuna risposta. Passare da leonessa a Calimero è un attimo. Non mi faccio ricattare, io. Pozzolo è un pistolero da sbattere fuori. Sì, Cutro resta una pagina buia del mio governo, ma sui migranti potevo fare di più. Il Patto di stabilità ratificato a mia insaputa. Il capo dello Stato non si tocca. Neanche Salvini. Alle elezioni europee non mi candido. Anzi sì. Boh, ci devo ancora pensare.
Un caleidoscopio di vorrei ma non posso, di frasi fatte e artifici retorici intrisi di ideologia e non degni di una condottiera del suo spessore che si appresta a governare un 2024, per sua stessa ammissione, irto di ostacoli. Fa la voce grossa coi suoi e con le opposizioni, ma resta piccola piccola quando deve trovare delle soluzioni alle grandi emergenze.
Ed è proprio sui temi che attanagliano il Paese reale che la premier diventa evasiva e melensa. Lavoro, fisco, pensioni, donne, giovani: nessuna prospettiva. Il tempo della sua narrazione è cristallizzato ad un passato prossimo fatto di “grandi risultati”, di autoincensamenti e vane glorie mentre il futuro è appeso agli zerovirgola di stime condannate al ribasso.
Collettiva.it, 05/01/24
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