PAOLO FERRARIO
È drammatico il bilancio dell'anno dell'Osservatorio di Bologna, che registra anche le vittime “in nero”. Per l'Inail sono in calo solo gli infortuni in itinere. In pericolo immigrati e anziani
Anche nel 2023 dalla carta geografica del lavoro italiano è scomparso un paese. Una comunità di 1.467 persone. Tante sono state, infatti, le vittime del lavoro - quattro al giorno - nell’anno che si è appena concluso, secondo l’Osservatorio di Bologna, aperto nel 2008 da Carlo Soricelli, per onorare i sette operai morti nel rogo della Thyssen di Torino. Da quindici anni, l’Osservatorio tiene acceso un faro su questa drammatica realtà, monitorando tutte le tipologie di incidente, anche quelli dei lavoratori irregolari e in nero. Al 31 dicembre, il bilancio è stato, appunto, di 1.467 vittime, di cui 985 nei luoghi di lavoro e la restante parte “in itinere”. Cioè, lavoratori morti in incidenti stradali lungo il tragitto casa-lavoro e viceversa, equiparati a tutti gli effetti agli infortuni sul lavoro.
Tra le tipologie di incidente monitorate dall’Osservatorio bolognese, una riguarda le vittime in agricoltura, la maggior parte delle quali schiacciate dal trattore. Nel 2023 sono state 167 e 2.228 dal 2008.
Mezzo milione di denunce
Prossime a quota mille anche le denunce di infortunio mortale registrate dall’Inail e aggiornate a novembre. Nei primi undici mesi dell’anno scorso, a fronte di 542.568 denunce complessive (-16,8% rispetto allo stesso periodo del 2022), 968 hanno avuto esito mortale (-3,8%). La diminuzione registrata, spiega una nota dell’Istituto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, è «dovuta quasi esclusivamente al notevole minor peso dei casi di contagio da Covid-19». Inoltre, per quanto riguarda i casi mortali, la diminuzione riguarda soltanto quelli “in itinere”, passati da 284 a 223, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono saliti a 745 dai 722 dei primi undici mesi del 2022. Continuano a crescere anche le malattie professionali, che, negli undici mesi considerati, sono state 67.094, in aumento del 20,4% rispetto al 2022. «L’incremento è del 32,1% rispetto al 2021, del 63,9% sul 2020 e del 18,6% rispetto al 2019», sottolinea l’Inail.
Immigrati, categoria fragile
Tra le categorie di lavoratori, a rischiare di più sono gli immigrati. Per gli stranieri, infatti, il rischio di rimanere vittima di un incidente mortale è più che doppio rispetto agli italiani. L’allarme, in questo caso, arriva dall’ultimo report dell’Osservatorio Sicurezza sul lavoro e ambiente Vega Engineering di Mestre: tra gennaio e novembre 2023, su 745 denunce di infortunio mortale nei luoghi di lavoro, 142 hanno riguardato stranieri. Che registrano 59,8 morti ogni milione di occupati, contro i 29,1 degli italiani. Praticamente, un indice di rischio più che doppio, dovuto soprattutto al fatto che gli stranieri, solitamente, sono occupati in settori come l’edilizia e l’agricoltura, maggiormente soggetti agli infortuni. «I lavoratori stranieri sono una vera e propria categoria “fragile” – commenta il presidente dell’Osservatorio Vega, Mauro Rossato –. Con un’incidenza infortunistica ben superiore alla media nazionale, in ragione spesso di una non adeguata formazione sulla sicurezza. La formazione, infatti, rimane sempre uno dei principali fattori per ridurre gli infortuni, ma evidentemente dobbiamo riuscire ad incidere in modo molto più efficace anche sui lavoratori stranieri, superando le frequenti difficoltà legate alla comprensione della nostra lingua e ad un background culturale molto diverso dal nostro».
Lavoratori anziani da tutelare
Un’altra categoria a rischio, sempre stando all’approfondimento dell’Osservatorio Vega, è quella dei lavoratori anziani. Per chi ha un’età compresa tra i 15 e i 24 anni, si legge nel rapporto, il rischio di morire sul lavoro è ben superiore rispetto ai colleghi che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni (25,3 infortuni mortali ogni milione di occupati contro i 15,7). Un dato, quest’ultimo, che continua ad essere ancor più preoccupante tra i lavoratori più anziani. Infatti, l’incidenza più elevata si registra proprio nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni (132,5), seguita dalla fascia di lavoratori compresi tra i 55 e i 64 anni (56,5).
Avvenire.it, lunedì 8 gennaio 2024
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