La messa nella Casa di preghiera per tutti i popoli: «La sua opera va proseguita»
Giovanni Azzara
La lezione di fratel Biagio a un anno dalla sua scomparsa, una eredità pesante da rendere attuale per un’autentica liberazione dal giogo della criminalità e della mafia, della povertà e del disagio. Ieri, nella «Casa di preghiera per tutti i popoli» nella cittadella di via Decollati fondata da Biagio Conte, si è radunata tanta gente per commemorare il missionario laico a un anno dalla sua scomparsa. Volti scavati dalle lacrime, voci rotte dall’emozione, mani incrociate, ginocchia flesse in preghiera e sorrisi sulle labbra, tutte espressioni di gioia e felicità perché la certezza era proprio quella che Biagio fosse in mezzo a tutti in quel momento con i suoi grandi occhi azzurri.
A presiedere la santa messa, l’arcivescovo Corrado Lorefice, oltretutto grande amico di fratel Biagio, con il quale ha condiviso tanti momenti in questi anni, fino ad
accompagnarlo nel suo ultimo respiro prima di chiudere gli occhi. Centro della celebrazione è stata sicuramente l’omelia di Lorefice. «Muoviamoci tutti - ha esortato l’arcivescovo, ricordando l’operato di Biagio per la città - insieme oggi, idealmente, dietro a fratel Biagio, dietro agli amici del paralitico del Vangelo. Muoviamoci insieme, amata Chiesa palermitana, perché l’onore che oggi rendiamo a Biagio non sia solo un fatto emozionale o di facciata, l’onore che si rende ai martiri in morte, ipocrita e stucchevole se non è accompagnato da una conversione autentica sulla via della testimonianza e della santità. Palermo - prosegue - attende che l’opera di fratel Biagio venga proseguita e rafforzata. Ciò significa porre gesti di condivisione e, dunque, di liberazione, di consolazione, di profezia»Presenti le alte cariche istituzionali cittadine e regionali, il presidente della Regione siciliana Renato Schifani, il sindaco Roberto Lagalla, il prefetto Massimo Mariani, l’assessore regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro Nuccia Albano, e le autorità militari. Presente il clero palermitano, e con esso anche una rappresentanza della Conferenza episcopale siciliana. Sull’altare erano infatti presenti, tra gli altri, l’arcivescovo emerito di Monreale, monsignor Salvatore Di Gristina, l’attuale arcivescovo monsignor Gualtiero Isacchi, il cardinale Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento ed amministratore apostolico di Piana degli Albanesi, l’emerito di Cefalù, monsignor Vincenzo Manzella, l’attuale vescovo Giuseppe Marciante, e l’arcivescovo emerito Paolo Romeo.
In città c’è ancora tanto da fare, ci sono ancora ombre sulla città, ombre che stando alle parole di Lorefice, possono essere spazzate via dalla luce di Biagio. Per tal motivo senza mezzi termini è tornato a chiedere ancora una volta «la liberazione dal bisogno delle nostre sorelle e dei nostri fratelli immobilizzati dalla povertà, dalla mancanza di scuola e di lavoro, pilastri fondamentali di ogni umana dignità come ci ricorda la nostra Costituzione; dei nostri giovani in balia dei mercanti di false e devastanti felicità. Consolazione dei malati, dei senza riparo, di coloro che anelano a una sanità giusta e inclusiva, pubblica ed efficace. Profezia - incalza - levata contro tutti i sedicenti “re” che pensano di regnare a Palermo e dintorni, schiacciando con un potere che distrugge e non favorisce la vita; profezia che grida contro tutti gli uomini della mafia che si sentono padroni capaci di rendere schiavi gli altri - soprattutto i bambini, le donne e i fragili -, e non si rendono conto di essere infelici e di combattere da insani contro il disegno di felicità che Dio ha per tutti, anche per loro».
Non è mancato il ricordo ancora vivido della visita di Papa Francesco alla missione, quasi un miracolo per la città. A distanza di sei anni dalla visita del pontefice, e ad un anno dalla dipartita di Biagio, Lorefice ha voluto ricordare «come a lui sia stato dato il triplice dono di vivere da povero, di vivere con i poveri e di vivere per i poveri. Oggi - prosegue - è nostro compito ricordare che la sua incarnazione di quel Vangelo dice anche che nella Chiesa povera e dei poveri di cui abbiamo condiviso lo spirito; nella Chiesa povera e dei poveri che ci ha indicato già il concilio Vaticano II; nella Chiesa povera e dei poveri che qui, nella nostra Palermo, ha reso possibile l’abbraccio esemplare e profetico tra fratel Biagio e Papa Francesco».
Al termine della celebrazione, poco prima della benedizione, don Pino Vitrano ha voluto raccontare la storia del celebre viaggio in Europa di fratel Biagio, e con esso anche quel momento in cui «trent’anni fa ci presero per pazzi. Ma oggi se siamo tutti qui presenti - continua - autorità, cittadini, clero, volontari e persone di buona volontà, siamo qui proprio perché quella pazzia è qualcosa che si è creato come segno profetico di questa città. Fratello Biagio ha vissuto la sua vita con una coerenza incredibile, una coerenza che non è per tutti». (*GIAZ*)
GdS, 13/1/24
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