Giusi Parisi
Detto, fatto. O quasi. Perché, in realtà, l’idea di ospitare nella chiesa di San Domenico, a Palermo, il Pantheon degli illustri di Sicilia, le spoglie dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa risale a due anni fa (anche se al Giornale di Sicilia il rettore della chiesa di San Domenico l’aveva rivelato agli inizi di novembre).
Quando, cioè, il figlio adottivo Gioacchino Lanza Tomasi, durante un tè pomeridiano, espresse questo desiderio al rettore di San Domenico, Sergio Catalano, architetto e teologo domenicano, che raccolse con gioia l’idea, iniziando a ‘lavorarci’ con passione e dedizione. E ieri è arrivata la notizia che ha reso felice, «anzi, felicissimo» padre Catalano: le spoglie del principe Tomasi di Lampedusa, autore de Il Gattopardo, saranno trasferite dalla tomba di famiglia presso il cimitero dei Cappuccini alla chiesa di San Domenico, ormai vero e proprio Pantheon di quei siciliani che hanno dato lustro all’isola. A comunicarlo è stato il presidente della Regione, Renato Schifani, che ha definito Tomasi di Lampedusa «l’autore del manifesto più vivo dell’identità e della cultura siciliana».
Per Schifani la chiesa di San Domenico «è il luogo naturale deputato a custodire e onorare le tombe di coloro che hanno reso celebre Palermo e la sua storia». Il decreto con cui si autorizza la tumulazione privilegiata dello scrittore Tomasi di Lampedusa nella chiesa di San Domenico è stato firmato dal dirigente generale del Dasoe, il dipartimento per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, Salvatore Requirez. «Registro come un atto dovuto – ha commentato Requirez – in ragione dello straordinario livello culturale del personaggio da tempo scomparso, cristallino esempio di narratore storico del valore non solo attuale ma di difficile ragguaglio, aver portato a compimento l’iter avviato dalla richiesta del rettore di San Domenico». Già dalla prima settimana di febbraio 2024, la tomba dello scrittore (al momento, accanto a quella di Pio La Torre) non sarà più al cimitero dei Cappuccini, uno tra i più antichi della città, realizzato a partire dalla metà del XIX secolo dopo che le nuove disposizioni sanitarie vietarono le sepolture nelle chiese, e per poter rendere omaggio all’autore di uno dei romanzi – manifesto della Sicilia, bisognerà spostarsi da Piazza dei Cappuccini a piazza San Domenico.
L’opera di traslazione, voluta dalla comunità dei padri domenicani di Palermo, in accordo con la famiglia Lanza Tomasi, è stata promossa da padre Sergio Catalano con il sostegno del Rotary international, Distretto 2110 Sicilia e Malta, nelle persone dei governatori Gaetano De Bernardis e Ferdinando Testoni – Blasco. «Così dopo Giovanni Falcone e Sebastiano Tusa – dice padre Catalano - l’ingresso di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nella chiesa di San Domenico continuerà a far riscoprire il Pantheon come un modo possibile della Chiesa di essere con gli uomini, con le loro inquietudini e i loro interessi. Riscoprire il Pantheon come luogo identitario, dove riposano uomini dalle alte gesta, racconta come l’umanità si costruisca attraverso ‘riferimenti luminosi’ come Tomasi di Lampedusa, un’operazione apostolica dal gusto culturale, propria all’Ordine dei predicatori».
Il monumento funebre che custodirà i resti dello scrittore sarà collocato lungo la navata destra della chiesa: un piccolo sarcofago in pietra su cui sarà inciso l’incipit de Il Gattopardo, «nunc et in hora mortis nostrae. Amen».
Quello che padre Catalano svolge è un lavoro certosino sul patrimonio culturale e architettonico a lui affidato come rettore della chiesa di San Domenico «e, in quanto architetto, ho provato a valorizzare e tramandare un bene nelle sue molteplici valenze artistiche e di fede. Un impegno apostolico nel mondo culturale. In quanto frate domenicano, il mio impegno nella terra di Sicilia, e a Palermo in particolare, è anche quello di annunciare il Vangelo nelle sue molteplici declinazioni. E non c’è povertà più grande che quella di trascurare la cultura e gli orizzonti dove essa declina».
Ma per uno scrittore che ascende al Pantheon, ce n’è un altro che resta … al palo. Luigi Natoli, l’illustre autore de I Beati Paoli, è seppellito nel cimitero di Sant’Orsola e la sua tomba è stata restaurata dai due editori Ivo Tiberio Ginevra e Anna Squatrito. Anche lui, in realtà, avrebbe le carte in regola per essere spostato nel Pantheon e ai domenicani non dispiacerebbe affatto ma quello che, al riguardo, padre Catalano nota «è la mancanza di una sinergia per riuscire a realizzare questa idea».
E se non la si trova, Natoli al Pantheon di Palermo rimane solo un’idea anche perché i figli sono tutti morti e ci sono solo dei pronipoti che nel tempo hanno tutti cambiato il cognome (perché di linea materna) e che non abitano in Sicilia. «I pronipoti più attivi e assolutamente favorevoli alla traslazione delle ceneri – dice Ivo Tiberio Ginevra, editore di tutti i romanzi di Natoli – sono Massimo Finocchiaro e Giorgio De Lorenzi. Insieme al presidente di BcSicilia, Alfonso Lo Cascio, stiamo costituendo un comitato per sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e le autorità. Tra qualche giorno sarà costituito questo comitato cittadino e potremo muoverci nelle sedi opportune, organizzando anche una raccolta di firme. I parenti intestatari della sepoltura delle ceneri di Natoli sono legati al ramo Finocchiaro, (discendenti di Edgardo, il figlio più piccolo dello scrittore) e sono tutti favorevoli. Trattandosi di ceneri in urna e quindi non dovendosi procedere alla riesumazione della salma, siamo esenti dal regolamento di polizia mortuaria e siamo soggetti solo a procedimenti di carattere amministrativo». (*giup*)
GdS, 20/12/2023
Nessun commento:
Posta un commento