Posseduti dal futuro, procuriamo di far vivere nel presente ciò che ci è stato donato nella speranza
Carissime, Carissimi,
è un tempo di particolare travaglio quello che stiamo vivendo. La Terra è sempre più arida, raggiunta da notizie che vengono dal passato, che ci catapultano indietro. Sentiamo il silenzio (l'assenza?) di Dio nel trambusto crescente della Casa comune.
Eppure oggi noi cristiani accogliamo un Bambino che è per tutti: "Promesso alla figlia di Sion, è nato il Messia a Betlemme, è apparsa la grazia in un uomo, speranza per tutte le genti" (Bose, Inno di Natale 32). Annunzio di novità. Di vita. Di futuro. Di gioia.
Dio nessuno mai lo ha visto. Gesù, il figlio nato dalla giovane donna di Nazareth che non era ancora andata a vivere con il suo promesso sposo Giuseppe, discendente della casa di Davide, è l'incarnazione e il racconto del Dio in cui crediamo e speriamo.
Il Bambino che nasce nel precario rifugio di Betlemme è quel Gesù di Nazareth che, divenuto adulto, lavorerà nella bottega dello sperduto villaggio della Galilea, percorrerà le strade della Palestina sanando quanti erano sotto il potere del male; il giusto che verrà accusato pretestuosamente, appeso sull'infame legno della croce e deposto nella tomba trovata vuota da Maddalena, da Pietro e dal discepolo amato in quel primo giorno dopo il sabato. Gesù è la risposta di Dio alla domanda di noi uomini: "Chi sei? Dove sei?"
In Gesù, nel Figlio nato da Maria di Nazareth, incontriamo Dio stesso, la sua logica, i suoi desideri e la 'passione compassionevole' che alberga nelle sue viscere paterne e materne. Questo i cristiani abbiamo scoperto e sperimentato. Questo condividiamo con tutti.
Nel tempo di Avvento la nostra attesa si è anche concentrata su Maria, la Vergine Immacolata che ha visto crescere nel suo grembo un piccolo corpo di bambino. "C'è qualcosa di magico nel modo di accarezzare delle sue mani, come pieno di tenerezza. [...] Il fatto è che quella donna sa delle cose che nessuno sa. Ha ricevuto una notizia, un annunzio, parola che viene dal futuro, piccolo frammento del domani" (Rubem A. Alves).
Una 'bella notizia', l'E-vangelo che irrompe. Gesù è il volto di Dio-Amore. Di Dio-con-noi. E questa la notizia che accolgono le nostre comunità disseminate nelle città. Notizia che è per tutti, che tutti possono conoscere. Non è un annunzio che parla di futuro, bensì "parola che viene dal futuro, piccolo frammento del domani". Gesù continua a raccontarci, in questa marea di notizie di cronaca nera che travolge quotidianamente la Casa comune che abitiamo, il progetto originario in progress di Dio-Amore per l'intera famiglia umana di ogni tempo. Lo incarna, lo fa ancora irrompere, lo attiva in mezzo a noi.
Gesù di Nazareth è la Parola che viene dal futuro, frammento del domani che Dio ha fatto per noi uomini, del giorno nuovo e definitivo deflagrato nella sua Parola fattasi corpo in Maria, Parola inchiodata sulla croce e risorta per essere germe di vita e di comunione eterna.
In Gesù si realizza li mirabile scambio: Dio, fatto uomo, ci dona la sua Divinità. È Dio che ci fa come lui. Non siamo noi uomini che possiamo farci 'dio', sostituirci a Dio. Noi umani tutt'al più possiamo creare idoli o divinizzare il nostro 'io'.
L'idolo schiavizza, Dio promuove e libera. L'idolo possiede, Dio dona. L'idolo erige barriere, Dio abbatte i muri e accorcia le distanze. L'idolo invia eserciti, Dio messaggeri di pace. L'idolo inietta morte, Dio fa esplodere vita. L'idolo desertifica al Terra, Dio la feconda, al suo passaggio stilla l'abbondanza. L'idolo ostenta la sua intelligenza, Dio rivela la sua sapienza nella stoltezza della "parola della croce".
L'idolo si gonfia, Dio si svuota. L'idolo viene ostentando grandezza e soggiogando, Dio nella piccolezza e servendo. L'idolo è vendicativo, Dio paziente e misericordioso, lento all'ira e grande nell'amore.
Dio viene nel Figlio della Nazarena, nato a Betlemme e morto sul Golgota fuori le mura di Gerusalemme. Egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo. Dio nel suo Figlio fattosi bambino e fattosi scarto umano è presente in ogni donna e in ogni uomo. È nell'uomo ordinario. In ogni volto. Soprattutto nei fragili, nei piccoli, negli scartati. "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me' (Mt 25,40).
In questo bambino fragile poi diventato adulto capace di dono totale di sé, di un amore più grande, Dio continua a dirci: "anche voi ormai sapete cose che nessuno sa, conoscete una notizia che viene dal futuro. Siete già ora un piccolo frammento del domani. Custodite i vostri corpi, ogni corpo, e soprattutto quelli più fragili, perché io sono presente in ogni corpo specialmente in quelli che gli indifferenti e i supponenti di questo mondo predano, scartano e sopprimono.
L'unica strada da percorrere è la compassione che condivide. La condivisione è sempre riscatto, liberazione. Questo è il mio desiderio, che già prende corpo in ogni atto di compassione e di dono".
Noi siamo "avventura divina", generata da questo annunzio che ora vuole camminare sulle gambe di altri uomini e di altre donne. Sulle nostre gambe.
Lo Spirito di Dio tenga desta in noi questa notizia che viene dal futuro, la trasformi in azione e in costante fervida preghiera, perché "Pregare è parlare con desiderio e amore". Questa invocazione che viene dal Brasile (Rubem A. Alves) ne è la riprova. Facciamola nostra in questo Natale, eleviamola insieme:
O Dio, mi ricordo delle persone che oggi non possono rallegrarsi: genitori cui sono morti i figli; disoccupati; quelli che sono in prigione, torturati; malati, sofferenti; vecchi nella solitudine; contadini senza terra; indios che vivono gli ultimi giorni del loro popolo; quelli che non hanno da mangiare. Che in qualche modo il soffio delicato dello Spirito faccia brillare la speranza nei loro cuori, e che essi abbiano il coraggio di lottare per un mondo migliore, sacramento del regno di Dio.
Mi ricordo anche di quelli che non possono rallegrarsi perché sono sotto il peso degli idoli, posseduti dagli spiriti cattivi; quelli che pensano solo al loro profitto e per questo sfruttano i poveri; quelli che possono servirsi impunemente delle armi della violenza, e per questo feriscono i corpi e si beffano del diritto; quelli che, pensando solo a se stessi, sono incapaci di sentire la dolce tenerezza della solidarietà con quelli che soffrono.
Aiutami a esultare nella tristezza da cui nasce la nostalgia per il regno di Dio e a detestare la tristezza di quelli che hanno occhi solo per contemplare se stessi.
E che mai manchi ai tristi del tuo Regno il dolce sacramento del sorriso di Dio. Amen.
Palermo, 22 dicembre 2023
+ Corrado Lorefice
arcivescovo
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