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Salvo Palazzolo La donna diventata complice di Matteo Messina Denaro è una «pesante ipoteca sul futuro» di sua figlia. La procuratrice per i minorenni di Palermo Claudia Caramanna non ha utilizzato mezzi termini per chiedere al tribunale di Palermo la decadenza della responsabilità genitoriale per Martina Gentile e per il marito: la giovane è stata arrestata martedì dai carabinieri del Ros, la procura diretta da Maurizio de Lucia l’accusa di favoreggiamento nei confronti del capomafia arrestato il 16 gennaio scorso. Le indagini dicono che la donna portava con sé la figlia nel passeggino quando doveva consegnare pizzini riservati, un modo per allontanare i sospetti. Intanto, la madre di Martina Gentile, la maestra Laura Bonafede, pure lei oggi in carcere, rassicurava il suo amante Matteo Messina Denaro: «Mini cugino (il nome in codice assegnato alla bimba, ndr) ti conoscerà dai miei racconti e da quelli di Tany (Martina Gentile, ndr) perché sei stato troppo importante per noi». Ecco l’educazione mafiosa.
La procura per i minorenni si era già mossa a maggio, quando Laura Bonafede era stata arrestata, in quell’occasione la procura della repubblica aveva chiesto una misura cautelare anche per la figlia Martina, ma all’epoca il gip la rigettò. Ce n’era però abbastanza per fare un ricorso al tribunale per i minorenni, ai sensi dell’articolo 330 del codice civile, appunto per la decadenza della responsabilità genitoriale. La riforma Cartabia ha previsto che inquesti casi si apra un procedimento, il tribunale si è subito attivato, i genitori sono stati già sentiti, la madre ha negato di aver avuto mai rapporti con il latitante Messina Denaro. Ora, è probabile che la procura per i minorenni depositi la nuova ordinanza che ha portato Martina Gentile ai domiciliari: i carabinieri del Ros hanno ricostruito una dozzina di consegne di pizzini, la giovane faceva da tramite fra la madre e il boss, e forse avrebbe consegnato biglietti riservati del latitante anche a Palermo, non è ancora chiaro a chi.Il giorno prestabilito per l’incontro, Messina Denaro segnava il
soprannome “Tany” nel suo calendario, era un riferimento a Martina. Talvolta, il latitante passava da casa Gentile-Bonafede con la sua Alfa, la giovane faceva un cenno mentre stava davanti casa. Se ne sono accorti i poliziotti riguardando le immagini della telecamera che avevano piazzato proprio davanti quell’abitazione. Una volta, dopo un incontro, Martina Gentile scrisse al boss: «Carissimo adorato, che immensa gioia poterti abbracciare, è stato bellissimo, mi sono sentita protetta, importante, felice, non so spiegarti» . Anche lui aveva una venerazione per la giovane: «È come se fosse mia figlia — scriveva alla sorella Giovanna — ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile».
Da mesi ormai la procura per i minorenni diretta da Claudia Caramanna è impegnata in un ampio percorso di tutela dei figli di mafiosi e trafficanti. Sono un centinaio le richieste fatte al tribunale, per allontanare i bambini da contesti drammatici. Molti ricorsi riguardano i figli dei trafficanti e dei pusher dello Sperone: nei mesi scorsi, una telecamera dei carabinieri, installata nell’ambito di un’indagine antidroga, ha ripreso minori che giocavano con i panetti, minori testimoni di episodi di spaccio. Il tribunale ha già disposto dei provvedimenti di allontanamento.
«Il nostro intervento non ha alcun carattere punitivo nei confronti delle famiglie — ha spiegato la procuratrice Caramanna nel corso di un convegno — non stigmatizziamo i genitori in quanto spacciatori o criminali: piuttosto, mettiamo in evidenza comportamenti concreti che possono compromettere, anche contrastare, la possibilità di un equilibrato sviluppo della personalità dei minori ed esporli a un concreto rischio di devianza». L’obiettivo dei magistrati è ben definito: «Offrire ai minori una seria alternativa educativa e culturale» . Adesso, c’è anche un protocollo fra procura della repubblica e procura per i minorenni, sotto la supervisione della procura generale, per uno scambio semprepiù proficuo di informazioni. «Bisogna agire tempestivamente — dicono i magistrati — per evitare il rischio che la crescita dei minori in certi contesti venga compromessa». Per fermare l’educazione mafiosa, che continua a reclutare favoreggiatori e complici. È la strategia di Cosa nostra, che non si rassegna ad arresti e processi: i clan cercano nuovo consenso nei quartieri, cercando di fare passare l’idea che sia tornata una mafia buona. Ma non è mai esistita.
La Repubblica Palermo, 7 dic 2023
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