L’arcivescovo ha voluto ricordare i ragazzi morti di overdose invitando tutti a combattere la stessa battaglia Alla marcia meno gente rispetto ai mille dello scorso anno e nessun rappresentante del Comune di Palermo
di Claudia Brunetto
«Diego, Giulio e Noemi. Sono con noi, siamo qui per loro, con loro. Pronunciamo questi nomi con grande affetto. Chiediamo anche che ci sostengano in questo nostro cammino » . Corrado Lorefice non ha mancato l’appuntamento di piazza, anche nel giorno del suo ottavo anniversario di consacrazione ad arcivescovo di Palermo, per dire ancora una volta “no” alla droga e ha ricordato chi, proprio a causa della dipendenza, non ce l’ha fatta.
« Io ci sono — dice Lorefice — E dobbiamo esserci tutti, uniti. Non ci sono etichette, non ci sono barriere. Viviamo la stessa città e possiamo costruirla insieme. Non possiamo che essere tutti dalla stessa parte in questa battaglia».
Ha raggiunto il corteo davanti alla cattedrale, nello stesso punto, dove in occasione dell’ultimo Festino di Santa Rosalia, ha ricordato Giulio Zavatteri, ucciso da un’overdose a 19 anni. Ieri in corteo c’erano il papà Francesco e il fratello Vincenzo a reggere lo striscione: “La Sicilia ha fatto crack”, lanciato dal Coordinamento per la riduzione del danno e la prevenzione dei rischi che ha organizzato il corteo. Ma rispetto alla prima manifestazione di un anno fa che ha portato in strada oltre mille persone, ieri, erano in pochi a chiedere all’Ars l’approvazione entro l’anno del disegno di legge di contrasto alle dipendenze, partito dal basso. Questa volta, infatti, dal coordinamento che ha organizzato la manifestazione è stata tagliata fuori la comunità di “ Sos Ballarò” e le oltre settanta associazioni e realtà che la animano. L’appello di Lorefice all’unità è stato puntuale come sempre.
«Ci deve essere una legge — dice Lorefice che quella legge l’ha consegnata personalmente all’Ars lo scorso luglio — che aiuti ad accompagnare questi giovani che vivono dentro questa morsa e anche le loro famiglie. Chiediamo che venga approvata al più presto. Il crack è la volontà di qualcuno di dominare, di schiavizzare, di strumentalizzare i giovani. Noi diciamo no».
Il no lo dicono anche i genitori dell’associazione “ Sos genitori”, mangiati dalla disperazione perché si sentono impotenti di fronte a quei figli che non riconoscono più, che sono costretti a denunciare, a fare ricoverare, a trattenere in casa con la forza nel tentativo di salvarli.
«Chiediamo qualcosa di concreto per aiutare questi ragazzi — dice Lara Messina, mamma di Diego morto anche lui a 19 anni proprio il 5 dicembre dello scorso anno — Chiediamo che questa legge passi sperando che possa essere uno strumento utile. Sono andata avanti in questo anno grazie al mio lavoro di insegnante che mi fa stare in mezzo ai ragazzi. Non liposso certo abbandonare. E non posso abbandonare mia figlia che ha il diritto ad avere una vita felice, nonostante la tragedia che ci ha travolti. Sono in piedi per tutti loro » . Messina si è sentita sola quando cercava di aiutare suo figlio Diego. « Non ho trovato strutture che potessero accogliere la famiglia, che potessero guidarci», dice la mamma. Ieri mattina c’è stata una partecipata assemblea di studenti delle scuole superiori al liceo Regina Margherita, poi una fetta di loro è arrivata al corteo. « L’emergenza è sotto i nostri occhi — dice Mattia Mattina, rappresentante di istituto della scuola — Ogni giorno fuori dalla scuola vediamo spacciare e i ragazzi che si drogano. È grave che il disegno di legge non sia stato ancora approvato. È una questione di fiducia nelle istituzioni». Alla marcia nonha partecipato nessun rappresentante del Comune. Ad accogliere una delegazione dei manifestanti all’Ars, dove il corteo si è concluso, c’era invece l’intergruppo parlamentare e il presidente Gaetano Galvagno.
La Repubblica Palermo, 6/12/2023
Nessun commento:
Posta un commento