Nino Mannino e Daniele Billitteri |
Un anno fa la scomparsa di Nino Mannino, figura storica del PCI siciliano. Riproponiamo il bel ricordo di Daniele Billitteri
STORIA DI UN COMUNISTA CHE REGALAVA STORIE
di DANIELE BILLITTERI
Nino Mannino aveva 83 anni ma non si era fatto mettere in soffitta dove finiscono, ahimè spesso, i vecchi senza storia. Lui, morto ieri in ospedale a Partinico, di storie ne aveva da vendere. Anzi, da regalare. Nino era un vecchio comunista. Avercene tanti come lui. Non starò qui a sciorinare date, ruoli come si fa nelle diligenti necrologie. Io gli volevo bene. Era stato lui, da consigliere comunale di Palermo, ad officiare il mio primo matrimonio con fascia tricolore e sorriso sornione perché mi aveva conosciuto quando “ero piccolo”, giovane militante della Federazione Giovanile del Pci di cui,
oltretutto, lui era stato il segretario provinciale. Eravamo un gruppo irrequieto, sempre in mezzo ai piedi. Una poco di “pierini” appassionati e allegri. E anche monellacci. Potrei cominciare a scrivere una interminabile lista di nomi Tutti cresciuti in via Caltanissetta, sede del Pci provinciale e del leggendario Comitato Regionale dove Bulgakov ci avrebbe scritto un altro “Cuore di Cane”. Erano i tempi di Emanuele Macaluso, di Bufalini, di Pio La Torre, di Simona Mafai, di Gianni Parisi, di Franco Padrut, di Giovanni Fantaci, di Maria Domina. In una stanza-soffitta pestava i tasti della Olivetti Giorgio Frasca Polara, corrispondente de L’Unità.Nino era irrefrenabile, una forza della natura con un fisico rotondo che ne confermava il “peso”. Aveva un forte accento ma nei comizi questa cosa diventava un’arma tagliente.
Quanti ricordi: andavo insieme con lui, con La Torre e col segretario della Camera del Lavoro Giovanni Orlando (che pareva uno di Helsinky, biondo alto e con gli occhi azzurri) quando c’erano gli scioperi generali e noi si faceva la ronda nei cantieri edili per strappare i muratori al controllo dei capicantiere mafiosi. Erano persone che con quella gente sapevano parlare, si facevano capire, erano come loro. La passione era bruciante ma pure l’intelligenza e la capacità di capire dove colpire, quale obiettivo non perdere mai di vista.
Ma nessuno di loro era nemico della contentezza. Anzi, tutto il contrario. Adesso tutti ricorderanno Nino per la lotta all’abusivismo edilizio nella sua Carini, da sindaco. Lo ricorderanno per i ruoli importanti rivestiti, per le due legislature da deputato, per l’impegno nel Centro Pio La Torre. Io invece lo voglio ricordare come frequentatore di taverne insieme con noi ragazzini rossi, sfasolati ma voraci. Mi chiamava “saccman” perché diceva che ero “saccunaru”, cioè, diciamo così, “a carico”. Un po’ era vero, confesso. Questo vuol dire che, fra l’altro, ci insegnava a campare. Come un fratello maggiore.
E quando dal Nord estremo venne giù Gemma Contin, fu subito grande amore e Nino a quella parola dette un significato di magia e di fedeltà. Com’era stato con la politica.
Oggi dei Ds, che io sappia, ha parlato solo Antonello Cracolici che viene da quella storia, uno degli ultimi che quel treno non lo hanno perso. E gli altri? Gli altri chi? Buon viaggio Ninuzzo.
Da “L’Ora, edizione straordinaria, 28/11/2023
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