Intervista su Avvenire di Tatiana Giannone-Libera: "Non si guarda al valore simbolico e sociale del bene confiscato. Si crei un fondo unico per gestire le risorse tolte alle cosche"
Sono 670 i beni immobili confiscati venduti per pagare i creditori in buona fede, 288 solo nel 2022. È quanto si legge nell’ultima Relazione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, relativa all’attività svolta nel 2022. Si tratta del 3% degli oltre 21mila beni immobili già destinati (altri 22mila sono ancora in gestione all’Agenzia), 17mila dei quali assegnati agli enti locali e tra questi 12mila per finalità sociali. La regione con più beni venduti è la Sicilia con 238, numeri scontati visto che è anche la regione con più beni confiscati. Seguono Lombardia con 121, Calabria con 101, Liguria con 54, Emilia Romagna con 50. Non c’è da stupirsi che tra i primi posti ci siano tre regioni del CentroNord. Infatti in vendita vanno beni di valore, in buone condizioni, e proprio per questo con molte probabilità di trovare acquirenti. Ed è ben noto che le mafie investono molto e bene al CentroNord.
Ce lo spiega Tatiana Giannone, responsabile del settore beni confiscati dell’associazione Libera. «Non c’è niente di irregolare in tutto questo. Si tratta delle aste che, purtroppo, fa stabilmente l’Agenzia per soddisfare i creditori in buona fede. I beni da vendere vengono scelti sulla base della disponibilità, cioè devono essere beni che non hanno nessun tipo di gravame addosso, dunque liberi per la vendita. L’Agenzia ha un elenco di quelli che in quel momento sono liberi e disponibili e in base al credito che si deve recuperare si sceglie che tipo di bene». Solo una questione economica, purtroppo. «Non si guarda al valore simbolico del bene confiscato, ma quanto vale e quando si deve restituire al venditore. Certo non si tratta di ruderi ma immobili che garantiscano soldi utili per pagare i creditori. Beni che l’Agenzia tiene “in cassaforte”, riservati ai creditori in buona fede. Così non appena arriva un creditore in buona fede possono essere messi all’asta e venduti per soddisfarlo». Beni che non vengono svenduti, ma che vanno all’asta per il valore effettivo, non vanno al ribasso. Nessun regalo agli acquirenti (peraltro alcune aste, anche recenti, sono andate deserte). Il problema è un altro e non di poco conto. «Si passa sopra all’idea del valore simbolico di un bene non si fa nessuna valutazione su quanto quel bene possa essere riutilizzato o meno. Paradossalmente essendo tutti beni in buono stato, come è possibile vedere sul sito dell’Agenzia, avrebbero invece molte possibilità di essere riutilizzati». E invece si vendono proprio i beni migliori, quelli che proprio per le buone condizioni di conservazione sarebbero molto utili per i fini sociali previsti dalla legge 109 del 1996, fortemente sostenuta da Libera con la raccolta di un milione di firme.
Ma c’è un’altra strada per garantire i creditori in buona fede? Libera ha da tempo avanzato una proposta. «Noi diciamo da tempo che dovrebbe essere utilizzato il Fug, il Fondo unico giustizia, in cui confluiscono somme, conti bancari, rapporti finanziari e assicurativi confiscati alla criminalità organizzata». Si tratta di tantissimi soldi, attualmente più di 5 miliardi di euro. Finiscono a ministeri della Giustizia e dell’Interno e all’Agenzia, ad esempio per risarcire i familiari delle vittime innocenti o le vittime del racket. «Ma non c’è una tracciabilità trasparente e noi lo denunciamo da tempo. Visto che nel Fondo ci sono soldi ancora nella fase di sequestro non definitivo e quindi non immediatamente spendibili, chiediamo che il Fug sia messo a garanzia di un fondo pubblico per soddisfare i creditori in buona fede, evitando così la vendita dei beni confiscati». Che sicuramente aumenterà. «Più le mafie fanno investimenti economici aziendali e più aumenteranno i creditori in buona fede. Se prima compravano terreni, sui quali non c’erano creditori, ora con le aziende i creditori sono automatici. Quindi aumenteranno queste aste. Ed è necessario intervenire. Lo ripeto, nelle attuali vendite non c’è niente di irregolare, ma sicuramente sono inopportune e vanno contro le finalità del riutilizzo sociale dei beni tolti alle mafie».
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