Presentato a Corleone il libro “Arte e Potere. Palermo capitale in età borbonica”, scritto da Mariny Guttilla, già docente di Storia dell’arte moderna e di Teoria del restauro all’Università degli Studi di Palermo. Alla presentazione, che si è svolta al Centro Internazionale di Documentazione sulle Mafie e del Movimento Antimafia, hanno preso parte il sindaco e presidente del Cidma Nicolò Nicolosi, il professore Michelangelo Ingrassia, docente di Storia contemporanea dell’ateneo palermitano, Claudio Di Palermo e Pietro Di Miceli, rispettivamente vice presidente e componente del consiglio direttivo del Cidma.
“Ho fortemente voluto organizzare questa presentazione al Cidma - ha spiegato la professoressa Guttilla -. Che c’entra l’arte con la mafia? C’entra moltissimo. Il patrimonio artistico e culturale è sempre stato attaccato dalla brutalità. Bellezza e cultura sono testimoni di civiltà e di un’etica che la mafia tenta di distruggere”.
Il libro parte dall’ultimo scorcio del 1798 e ripercorre a ritroso 64 anni di regno borbonico e gli ultimi anni di esilio di Ferdinando III a Palermo, prima della fine del Regno di Sicilia nel 1816. Il Real Casino di Caccia di Ficuzza e la Palazzina Cinese a Palermo sono solo due esempi di opere volute dai Borbone e, come ha ricordato il professor Ingrassia, “erano una manifestazione del potere che il re metteva in evidenza contro il baronaggio”.
“L’arte - ha affermato Ingrassia - è un mezzo per comprendere la storia. Questo testo è interessante da diversi punti di vista. Innanzitutto oggi ci troviamo in un periodo in cui la storia è in crisi perché non viene consultata o, se ciò accade, viene ‘violentata’ perché si tende a relativizzare tutto. È un libro controcorrente perché ricostruisce un contesto storico, politico, sociale e culturale e vi cala dentro le opere d’arte. Infine, è un rarissimo esempio di microstoria perché è denso di piccoli dettagli minuziosi. Il tutto con una lettura scorrevole”.
Particolare rilievo nel libro viene dato al Real Casino di Caccia, luogo molto amato da corleonesi e non solo. “È uno dei siti borbonici più rappresentativi - ha chiarito la docente -. Fu voluto da Ferdinando perché amava la caccia. Il luogo fu individuato da Carlo Chenchi che realizzò il palazzo. Nel 1805 l’edificio era definito. Qui Ferdinando rimase per lungo periodo, soprattutto durante il secondo esilio”.
“Abbiamo deciso di presentare qui questo libro - ha dichiarato il sindaco Nicolosi - perché i Borbone sono stati presenti a Corleone, così come a Marineo e Ficuzza. È un piacere parlare della storia locale che dimostra come la città abbia giocato un ruolo centrale, cosa a cui punta ogni giorno il nostro impegno amministrativo”.
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