Franco Fiore replica al figlio di Geraci, ucciso dalla mafia 25 anni fa
«Mi hanno amareggiato le parole di Giuseppe Geraci, suo padre Mico non lo abbiamo affatto dimenticato», dice il sindaco di Caccamo Franco Fiore.
A Giuseppe Geraci non è piaciuta la sagra della salsiccia organizzata dal Comune nel giorno del venticinquesimo anniversario dell’omicidio del padre, su cui ancora non c’è giustizia. Non potevate scegliere un altro giorno per la vostra kermesse gastronomica?
«La manifestazione si è sempre fatta la seconda domenica di ottobre, ed è una straordinaria occasione per l’economia cittadina. Attendiamo 30mila persone, forse 40mila. E comunque, questa mattina, deporremo una corona di fiori al cimitero, poi ci sarà una messa in ricordo di Mico Geraci».
La famiglia avrebbe voluto però un momento di riflessione in città, il dibattito si farà invece all’Assemblea regionale. Perché in una domenica così importante per la storia della comunità non si è trovato il tempo per un momento di incontro, magari al mattino?
«Lo faremo domani mattina, con un corteo che coinvolgerà le scuole. Di domenica avremmo rischiato di non avere nessuno. Purtroppo i caccamesi non sono inclini ad andare a queste manifestazioni in cui si ricordano le vittime di mafia».
Perché?
«Credo che ci sia ancora tanta indifferenza. C’è molto da fare per liberarci dalla subcultura mafiosa».
In cosa coglie questi atteggiamenti?
«A volte, vedo alcuni anziani che ossequiano un personaggio che ha scontato una condanna per associazione mafiosa. Magari gli offrono pure il caffè al bar. Lo trovo inaccettabile».
Giuseppe Geraci ha detto a Repubblica che la manifestazione di lunedì appare un po’ singolare: si intitola per la seconda volta una piazza a Mico Geraci. Com’è possibile?
«In effetti, la delibera è del 2011. E allora fu sistemata una lapide.
Qualche mese fa, però, mi sono accorto che nessuno aveva mai scritto alla prefettura, passaggio necessario per l’intitolazione di una piazza. Ad aprile, allora, ho inviato una nota a Palermo. E a luglio è arrivata ufficialmente l’autorizzazione della prefettura. Tutto questo dovevamo a Mico Geraci. E poi, sono contento della partecipazione dei giovani, che magari domenica non sarebbero venuti».
Com’è Caccamo venticinque anni dopo l’omicidio di MicoGeraci, il sindacalista, l’esponente politico che si batteva perché l’amministrazione pubblica fosse libera dalle infiltrazioni mafiose?
«Per fortuna oggi tante cose sono cambiate. E non si sente più quella cappa criminale che gravava sull’amministrazione cittadina.
Anche il fatto che un sindaco come me, di professione finanziere, sia stato eletto è un segno. Poi, però, i problemi restano tanti. Quando mi sono insediato, un anno e tre mesi fa, ho trovato un disavanzo di 90mila euro. La Corte dei conti ci ha scritto dicendo che la cifra era molto più alta, 5 milioni di euro. E abbiamo dichiarato il dissesto. In un anno, il disavanzo è sceso di due milioni. Ora speriamo che ci autorizzino a rientrare in tre anni».
Insomma, il messaggio di Mico Geraci resta di grande attualità.
L’amministrazione della cosa pubblica è cosa delicata in terra di mafia. E vive anche di simboli. Che ne pensa?
«Io mi impegnerò perché Caccamo non dimentichi».
— s. p.
La Repubblica Palermo, 8 ottobre 2023
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