Padre Nino Fasullo |
di PIETRO SCAGLIONE
Dal 24 al 30 settembre, Palermo ospiterà la XXVII Settimana Alfonsiana, la prestigiosa rassegna culturale nata a metà degli Anni Novanta e promossa dai Padri Redentoristi e dalla rivista Segno, fondata nel 1975 dall’infaticabile padre Nino Fasullo.
Nella sede palermitana dei Redentoristi, in Via Badia 52, si confronteranno rappresentanti della Chiesa (dall’Arcivescovo di Palermo monsignor Lorefice a padre Serafino Fiore, Superiore Provinciale dei Redentoristi), magistrati (dal Procuratore Nazionale Antimafia Giovanni Melillo all’ex giudice del Pool Antimafia Giuseppe Di Lello), giornalisti (come lo scrittore Piero Melati e lo stesso Padre Fasullo, direttore di Segno),
politici (dall’ex Ministro della Giustizia Andrea Orlando al deputato Gianni Cuperlo), storici (come Marcello Flores), sociologi (come Rocco Sciarrone), giuristi (come Guido Corso) e docenti universitari (da Salvatore Di Piazza ad Alessandra Sciurba, da Andrea Gulotta a Federico Ruozzi).La manifestazione si chiama Settimana Alfonsiana perché ispirata a Sant’Alfonso de Liguori fondatore della Congregazione del SS. Redentore, nota come “I Redentoristi”.
Il tema della XXVII Settimana Alfonsiana prende spunto dal Vangelo di Giovanni.
Prima di essere arrestato dalla polizia del Tempio, Gesù cena con i discepoli. Dopo avere lavato i piedi, prende il pane e lo spezza dicendo: “Questo è il mio corpo”. Lo passa chiedendo di non dimenticarlo: “Fate in memoria di me ciò che faccio io”. È il testamento. Terminata la Cena, prende con sé i suoi tre fedelissimi (Pietro, Giacomo e Giovanni) e si ritira nel Getsemani in attesa delle guardie guidate da Giuda. Lo arrestano. “Legato” lo portano da Anna, sommo sacerdote emerito, che gli rivolge due domande: sul suo insegnamento e i suoi discepoli. Gesù gli risponde: “Io non ho dottrine segrete, riservate. Ho parlato sempre in pubblico: nel Tempio nelle sinagoghe nelle strade. Perché interroghi me? Interroga coloro che mi hanno ascoltato: loro sanno ciò che insegno”.
A questo punto una delle guardie lo schiaffeggia sotto gli occhi di Anna urlando: “Così si risponde al sommo pontefice?”. Gesù gli replica: “Se ho parlato male dimostralo ma se ho parlato bene perché mi schiaffeggi?” (Gv 18,23).
Secondo Padre Nino Fasullo, è come se Gesù dicesse: “Sono un uomo, non puoi percuotermi. Puoi solo dimostrare in cosa ho eventualmente sbagliato”.
Fasullo tiene ad evidenziare un fatto: “Gesù non porge l’altra guancia alla guardia (cioè al potere). La invita invece a dare conto dello schiaffo dato: a dimostrarne le ragioni. Ma né la guardia né Anna gli rispondono, perchè il potere non ha parola, ha muscoli. Gesù invece tiene tanto alla parola: proprio Cristo, signor nessuno qualunque, in condizione di estrema precarietà, con le ore contate. Per questo motivo, è Gesù a rappresentare al cospetto di Anna la dignità dei tanti signor nessuno che popolano il pianeta, e che nessuno può violare, neppure con uno schiaffo”.
Padre Fasullo non ha dubbi: “Gesù incarna la figura del povero in catene: senza tutele né difensori né discepoli. Tutti l’hanno abbandonato. Resta solo con l’umana dignità, in corpo e anima, che – attesta la fede – ha fatto sua nel momento in cui si è spogliato della divinità. È la singolarissima e “misteriosa” identità di Gesù di Nazaret. Perché i sommi sacerdoti l’hanno voluto morto e morto in croce? Per il Vangelo che annunciava ai poveri alle donne ai bambini agli umili dei villaggi non solo della Galilea. Il Vangelo è la fine di ogni forma di potere dell’uomo sull’uomo. Dove arriva, il Vangelo non lascia nulla com’è: vedi la figura di Zaccheo (Lc 19,1-10). Per questo c’è perfetta continuità tra lo schiaffo della guardia a Gesù e gli schiaffi dati, per qualsiasi motivo, agli uomini e alle donne. Gesù li ritiene dati a sé (Mt 25). E ne chiede il conto”.
Pietro Scaglione
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