PASQUALE HAMEL
Ottanta anni fa i nazisti trucidarono sedici cittadini che protestavano per i continui furti dei soldati tedeschi. La loro furia di abbatté pure sulle donne. Una suora riuscì a evitare un ulteriore massacro.
«Nicolò Camardi, Francesco Cannavò, Giuseppe Carciopolo, Antonino Calano, Nunzio Costanzo, Giovanni Grifò, Giovanni D’Amico, Francesco Di Francesco, Salvatore Di Francesco, Giuseppe Ferlito, Vincenzo Nastasi, Salvatore Portale, Santo Purello, Giuseppe Rinaudo, Carmelo Rosano e Giuseppe Seminara». Questi i nomi delle sedici vittime di Castiglione di Sicilia, che il 12 agosto del 1943 furono investiti dal fuoco tedesco in quella che a buon diritto può essere considerata la prima strage compiuta dai nazi-tedeschi in Italia. Ma andiamo al fatto. Agosto 1943, da un mese le truppe Alleate hanno messo piede in una Sicilia gravemente ferita dalle micidiali incursioni aeree che hanno seminato morte e distruzioni nell’isola. La popolazione, costretta ad enormi sacrifici è sfiancata dalle privazioni, in qualche caso si tratta di vera e propria fame, imposte dallo stato di guerra ed attende con ansia la fine del conflitto che, con lo sbarco alleato, sembra ormai prossima.
In questo drammatico clima, un contingente di truppe tedesche che hanno partecipato alle operazioni belliche, si accampa nelle vicinanze di Castiglione di Sicilia, un antico borgo abitato fin dalla preistoria. Sono truppe in ritirata in attesa di riprendere la marcia per raggiungere Messina e guadagnare le coste calabresi. Come era accaduto già da alcuni giorni anche questo contingente si abbandona a razzie di quei generi di prima necessità che per la gente del posto rappresentano l’unico mezzo di sostentamento. Rubano pane, frumento, frutta, verdura ma anche biciclette, carretti, muli, asini, cavalli con la conseguenza di elevare il livello di tensione fra la popolazione e l’esercito tedesco. Un gruppo di contadini ha il coraggio di reagire a quei soprusi e di quella reazione fanno le spese ben cinque militari che vengono uccisi prima di darsi alla fuga.
Il comandante del contingente tedesco, appresa la notizia, schiuma di rabbia, e minaccia di uccidere per rappresaglia 300 abitanti del vicino borgo. Una minaccia che trova concreta attuazione il 12 successivo quando un carro armato, seguito da quaranta soldati della divisione Goering, penetra improvvisamente in Paese. È l’inferno. I fucili dei soldati per almeno mezz’ora, vomitano piombo sulla gente che si trova per le strade, i morti giacciano a terra in pozze di sangue, è strage! Ma la rabbia degli aggressori non si ferma lì, non bastano i morti lasciati sul selciato, si vuole qualche cosa di più. Così, con furia barbarica, i soldati penetrano urlando nelle case, scaricano la propria furia violenta contro uomini inermi minacciati con le armi, addirittura arrivano a buttare giù, da un balcone dove si era rifugiata, una donna che aveva tentato di proteggere il suo uomo, lasciandola a terra con le gambe rotte.
Alla fine, rastrellano oltre trecento persone: tutti uomini, compresi anziani e, perfino, bambini. A questo punto, a forza di calci e spintoni li trascinano fino ad una grotta in contrada San Vincenzo ripetendo che li avrebbero uccisi. Alla restante popolazione viene intimato di lasciare subito le loro case perché avrebbero dato fuoco al paese. Intanto le ore passano e la popolazione, per evitare danni peggiori, il 13 agosto abbandona il Paese. A questo punto è la sorte dei prigionieri che diviene il problema più importante.
Dopo un primo tentativo, andato a vuoto dell’arciprete, entra in scena suor Anna Amelia Casini, la superiora del locale ordine delle Figlie di Sant’Anna responsabile dell’istituto Regina Margherita. Suor Anna Amelia, accompagnata da altre tre consorelle si presenta al capitano comandante che teneva in ostaggio i prigionieri e appellandosi alla sua coscienza, si propone come ostaggio al posto dei prigionieri. Il comandante tedesco è un duro, sulle prime respinge l’iniziativa, poi, dopo una lunga trattativa, di fronte alla determinazione delle religiose, finisce per cedere e i prigionieri vengono alla fine rilasciati.
È il 14 agosto, l’incubo è finito, ora che i tedeschi sono andati via si possono piangere i morti, ben sedici vittime innocenti la cui unica colpa era stata quella di trovarsi in strada all’arrivo dei barbari Quella di Castiglione di Sicilia fu, come si è scritto sopra, la prima strage compiuta dall’esercito tedesco in Italia e come tale è stata riconosciuta quando, nel 2002, il presidente della Repubblica Ciampi ha decorato di medaglia d’oro il gonfalone del comune di Castiglione di Sicilia con questa eloquente motivazione: «Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale Castiglione di Sicilia fu teatro di una feroce rappresaglia tedesca che provocò la morte di sedici civili ed il saccheggio di numerose abitazioni».
GdS, 12/8/2023
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