di Mario Pintagro
Non aveva mai negato promesse di ricchezze il porto di Palermo a chi si occupava di traffici marittimi. E Salvatore Tagliavia, imprenditore marittimo e latifondista, confermava in pieno la regola, tanto da diventare ricco, influente, sindaco di Palermo e nominato conte da Re Umberto.
La sua villa di Ciaculli, alle porte di Palermo, chiamata Favarella, era un fondo di cinquantasei ettari che produceva i famosi mandarini tardivi ma anche olio, grano e limoni. A gestirlo però il conte aveva chiamato il solito “malacarne” che licenziò, ma la sostituzione fu anche peggiore perché giunse un certo Pidduzzu Greco, detto “u tenente” perché aveva militato tra i carabinieri. Per il conte Tagliavia doveva essere la scelta giusta per gestire quei terreni, e invece si rivelò una sciagura. Greco era il padre di Michele Greco detto il papa, che negli anni ’70 e ’80 era ai vertici di Cosa nostra. Greco si impossessò dei terreni, divenne influente, proprio mentre le fortune di Tagliavia cominciavano a declinare a causa di investimenti sbagliati.
Scomparso il capostipite, gli eredi si affidarono a un parente avvocato, che formò una società destinando aiTagliavia appena il 40 per cento delle azioni.
La storia, che il giudice Falcone non esitò a definire «una grande spoliazione di ricchezza ad opera della mafia» è descritta ne “I mandarini di Ciaculli. Una saga familiare nella Sicilia del dopoguerra” di Roberto Tagliavia (Zolfo editore). L’autore è pronipote dell’armatore che fu sindaco dal 1914 al 1920 e descrive con minuzia tutte le vicende della famiglia, intrecciandole con ricordi personali e con cinquant’anni di storia italiana. Nella prefazione, Enrico Deaglio ritiene che il libro sia un po’ il seguito del “Gattopardo”. L’impianto è lo stesso: si narra all’inizio di una grande casa, delle grandi suggestioni di un tempo, «ma poi un elemento che sconvolge tutta la storia. Uno dei pronipoti del conte fa l’impensabile: diventa comunista e spetterà a lui, l’io narrante, scoprire un senso diverso delle cose» Per decenni i Tagliavia sono letteralmente espropriati di tutto. Imbastiscono senza successo azioni legali. Ma il finale è inatteso e lascia la porta aperta alla speranza. Dopo decenni la famiglia ritorna in possesso di tutto e c’è qualche Tagliavia che non ha i capelli bianchi come l’autore, disposto a continuare la storia.
La Repubblica Palermo, 18/6/2023
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