Mario Ridulfo pronuncia il suo discorso |
Pubblichiamo l’intervento integrale di Mario Ridulfo, segretario generale della Cgil Palermo, a Portella della ginestra nel 76mo anniversario della strage del primo maggio 1947.
MARIO RIDULFO*
Care Compagne e cari compagni, Lavoratrici e Lavoratori, W il Primo Maggio! Siamo ancora qui, in questo luogo, come ogni anno, fascismo o non fascismo, mafia o non mafia, pandemia o non pandemia. Siamo ancora qui perché il movimento sindacale è una forza viva e presente nella società, tra la gente. Siamo ancora qui perché l’azione serve a vincere i dubbi, le incertezze, a respingere gli errori.
Siamo qui perché “il sindacato è il punto di incontro delle nostre esperienze” e perché, “il sindacato non può vivere in autonomia dalle lavoratrici e dai lavoratori...”
Siamo ancora qui ancora nel pieno di una crisi di sistema, che è frutto delle scelte politiche disastrose degli anni trascorsi.
Le forze politiche tutte hanno difficoltà a rappresentare le istanze del mondo del lavoro e a indicare un progetto di cambiamento credibile e soprattutto condiviso con le lavoratrici ed i lavoratori.
Questo cambiamento per noi va costruito su tre pilastri:
- Una Piena e buona occupazione;
- La Libertà nel lavoro e con il lavoro;
- Uno stato sociale universale e pubblico.
Ma la precondizione a tutto ciò è sempre la Pace.
Le guerre, infatti nelle sue tante varianti: ibride, commerciali, tecnologiche, culturali e poi quelle vere sono sempre subite dalla gente.
Sostenere la resistenza del popolo ucraino, come pure quella del popolo curdo o palestinese, non significa accettare la guerra come soluzione.
Rinunciare alla guerra non significa, rinunciare alla lotta di resistenza, non significa rinunciare alla Pace!
Per questo continuiamo a chiedere, anche qui da Portella della Ginestra, che il nostro paese e l’Unione Europea maturino una posizione autonoma dalla Nato, per costruire una pace, che è sempre possibile, solo se la si vuole, perché:
“LA DIFESA DELLA PACE È IL COMPITO DI TUTTI I POPOLI E L’UNITÀ PER LA DIFESA DELLA PACE È IL PIU’ SACRO DEI DOVERI”.
Le lavoratrici ed i lavoratori, sono - siamo! - i Partigiani della Pace, ma per l’affermazione del diritto alla pace bisogna che ci sia, più di quanto è successo, una più forte mobilitazione delle persone di buona volontà.
Ma questa buona volontà non è sostenuta dalla “politica della guerra”, non è sostenuta dalla politica che governa questo paese e l’Europa.
Si conferma così, sia in tempo di pace che in tempo di guerra la frattura peri- colosa tra eletti ed elettori, tra governanti e governati, tra la volontà popolare della maggioranza degli italiani che è per la Pace e quella degli eletti alle cariche pubbliche e del Parlamento, viene chiamato solo a ratificare decisioni prese altrove.
Una crisi di rappresentanza che produce una crisi di partecipazione democratica alla vita del paese.
In questi giorni uno stimato costituzionalista ha scritto che in questo paese “del Parlamento rimane la parola, non la cosa”, in quanto di fatto “il potere esecutivo legifera, il potere legislativo esegue”!
Così il Parlamento (il luogo della democrazia rappresentativa) perde il suo valore e la democrazia, diventa apparenza.
Siamo dentro una crisi della democrazia e lo sappiamo!
La metà dei cittadini non va a votare e chi ci governa rappresenta il 15% degli
italiani.
Questa è la premessa di una deriva che rende il 75° anniversario della costituzione un anniversario amaro, tanto più che il progetto della cosiddetta “autonomia differenziata”, ci porta dritti verso l’altro progetto, quello del “governo del capo”, quello cioè, di un presidenzialismo forte, a tratti autoritario.
Questo percorso di regressione costituzionale, non è nuovo, infatti, questo è un progetto reazionario partito, da anni, con l’attacco ai diritti dei lavoratori, con controriforme che hanno reso le persone, i cittadini, più poveri e precari, più ricattabili e insicuri nel lavoro e nella vita.
Questo progetto ha i suoi sodali in ogni luogo e in ogni regione e già gonfia il doppio petto di alcuni!
Il Presidente della Regione Siciliana, l’onorevole Schifani, non ha aspettato nemmeno 24 ore, per lasciarsi andare alla fatidica frase ad effetto: “nessun passo indietro!”, mentre ancora i manifestanti di Caltanissetta dovevano ritornare alle loro case.
Del resto, è la stessa sensibilità istituzionale e politica che ha prodotto il codice Salvini, il “codice dei subappalti”, non degli appalti, il codice dei “confidamenti”, non degli affidamenti, perché avverranno senza gara pubblica.
Una liberalizzazione che significa una privatizzazione delle risorse pubbliche (comprese quelle del PNRR) e allo stesso modo una diminuzione dei diritti alla salute e alla sicurezza per i tanti lavoratori, impegnati nella filiera degli appalti e dei subappalti.
L’unico aumento sarà quello dei costi della corruzione e della concussione e degli incidenti sul lavoro, forse che non bastano in media tre morti sul lavoro ogni santo giorno?
Sono anni che denunciamo le carenze strutturali del nostro sistema di vigilanza del lavoro.
Senza prevenzione, senza formazione e senza la giusta repressione anche le imprese sane, quelle per bene, scivoleranno verso l’accettazione di qualsiasi condizione di subappalto pur di continuare a lavorare.
Vedete, l’art.17 dello statuto Siciliano, consegna alla Regione il dovere di organizzare il servizio ispettivo.
Il non avere fatto nulla e il continuare a non fare niente, significa, questo sì, Presidente Schifani, svuotare di significato l’Autonomia Siciliana.
Una autonomia svenduta, alla politica sovranista, la quale non ha alcun interesse a che la nostra Sicilia si sviluppi, anzi ha l’interesse opposto, cioè l’interesse di confinarla in questa condizione perenne di “zona franca dei diritti e delle possibilità”, condannando soprattutto i giovani siciliani a scegliere tra partire o restare in una terra sottosviluppata.
Forse, per alcuni, nel modo di intendere la politica e l’impegno antimafia, non esiste la categoria del tradimento, ma io penso, che chi tradisce sé stesso, tradisce anche il bene come un valore.
Il Bene collettivo, quello dei Siciliani, al quale invece un politico, deve la fedel- tà assoluta!
Noi invochiamo un cambiamento!
Cambiamento, significa adesso, realizzare un sistema produttivo, che coniughi: sviluppo con ambiente, crescita con giustizia sociale, lavoro con diritti!
Cambiamento significa:
liberare le persone e il lavoro da una condizione precaria, perché come dice il segretario Generale della CGIL, Maurizio Landini: “quando uno è precario è meno libero, meno indipendente, quando una persona è precaria nel lavoro e nella vita, è più ricattabile”.
Il lavoro va liberato dallo sfruttamento e dalle mafie, ma va anche protetto dai rischi di una trasformazione digitale che se non viene governata, contrattata, trasforma le persone che lavorano in una “funzione digitale”, una protesi della applicazione sia nel lavoro manuale e adesso anche in quello intellettuale.
Solo con la formazione continua e sempre più di qualità, solo con la conoscenza si alimentano i diritti delle persone.
La tecnologia, i byte, i terabyte, così come i tweet e i post, non sono neutrali: i metadati e le informazioni personali di ognuno di noi, delle nostre vite, delle nostre famiglie, delle nostre comunità, sono il nuovo oro e il loro possesso, la loro gestione orienta, fino a modificare già i comportamenti sociali, fino a poter provocare vere e proprie torsioni democratiche.
Per questo la formazione, la conoscenza e una libera informazione sono la condizione per rendere libere e consapevoli le persone.
Ma questa libertà non può essere mai contro i diritti dell’altro, contro chi si ritiene diverso, magari perché ha sentimenti, orientamento di genere, opinioni, credo o colore della pelle diversi dal proprio.
Compagne e compagni,
L’episodio avvenuto a Cutro in Calabria, solo poche settimane fa, non è un episodio isolato, ma è frutto di una ideologia sovranista, di quella della “sostituzione etnica” di qualche ministro della nostra Repubblica, che contrappone contro chi è costretto perfino a fuggire dalla guerra o dalla fame, l’ideologia di una sovranità statuale al principio stesso della universalità dei diritti.
Il sovranismo, il nuovo fascismo, come tutti i nazionalismi, considerano un delitto stesso l’umanità alla frontiera, salvo quando i migranti, diventano invece utile strumento dei conflitti tra gli stati, merce di scambio tra dittatori e presidentissimi.
Da questo punto di vista la negazione della protezione speciale decisa dal Governo italiano è la dichiarazione di guerra agli ultimi della terra!
E allo stesso tempo, agli stessi italiani, perché di fatto produrrà un aumento delle irregolarità e della esclusione sociale, costruendo così nella opinione pubblica una criminalizzazione delle persone (fossero pure i neonati) e non invece una delle politiche.
In fondo, se a prevalere invece è la solidarietà umana, succede quello che è successo qui oltre cinquecento anni fa, cioè la costruzione di una convivenza che ancora oggi rappresenta il lato migliore della nostra cultura, quella della accoglienza.
Per questo noi sosteniamo assieme ad un vasto mondo di associazioni laiche e religiose la necessità di “invertire la rotta” delle decisioni prese, per pro- muovere invece percorsi legali, corridoi umanitari, salvaguardando la vita in mare e in terra.
Su questo, come su tutto il resto, la nostra mobilitazione non si ferma, perché le condizioni economiche delle persone, delle famiglie in questi anni sono peggiorate e inoltre perché senza un cambiamento queste condizioni sono destinate a peggiorare, nonostante le rassicurazioni e le furbizie del Governo.
Il governo con una mano dà poco e con l’altra prende molto!
Da un lato si annunciano irrisori tagli al cuneo fiscale e dall’altro, si determinano tagli strutturali per i rinnovi dei contratti di lavoro, per le misure di contrasto alla povertà e alla spesa sanitaria, che significa soprattutto al Sud, un ulteriore colpo al diritto alla salute.
Quello che invece è certo, è che si continua a tassare il lavoro dipendente e le pensioni, più delle rendite finanziarie, e questo è inaccettabile!
Come è inaccettabile, che buona parte della politica italiana, del parlamento e di tutto il governo non sentano la sofferenza del mondo del lavoro, gli appelli che si sono alzati in tutte le piazze in questi mesi.
La verità è che questi non vogliono sentire e non vogliono vedere!
Così come, non hanno voluto vedere milioni di firme, per una nuova carta dei diritti universali del lavoro, così come sono sordi alla richiesta di una legge sulla rappresentanza per l’attuazione dell’art. 39 della costituzione.
Ma questi che sono ignoranti della Costituzione, possono mai porsi il problema della attuazione dell’art.36 del diritto ad una giusta retribuzione? Oppure, quella di un salario minimo per legge?
La scelta di non volere intervenire su questo tema, alimentato inoltre da un sindacalismo giallo, produce dumping contrattuale e una spinta verso il basso, dei salari (già colpiti dalla inflazione), e pure dei diritti sindacali.
Tutto questo solo per favorire il sistema dei padroni, delle imprese, pubbliche e private.
Compagne e compagni,
Tutto ciò è funzionale al sistema politico e a quello economico, perché punta ad indebolire il movimento dei lavoratori e la sua unità, unica condizione per garantire un avanzamento generale della società che lavora e non la sua deriva corporativa.
Per questo, continuiamo a chiedere una legge sulla rappresentanza, perché questa darebbe efficacia (erga omnes) e tempi certi alla contrattazione collettiva:
- in questo momento (ISTAT) ci vogliono mediamente oltre 24 mesi di tempo per il rinnovo di un CCNL, ma ci sono settori dove si aspetta anni!
Per questo, chiediamo di definire pure la congruità nei tempi e nei percorsi negoziali, attraverso il sostegno a chi rinnova buoni contratti e penalizzazioni per coloro i quali invece costruiscono ritardi.
Invece il governo, la sua maggioranza, questo Parlamento e diverse regioni, tra le quali la nostra Sicilia, stanno svendendo diritti di cittadinanza e diritti sociali.
Questo progetto di autonomia differenziata mette a rischio la tenuta unitaria del paese, e con esso la omogeneità dei diritti e il ruolo stesso del contratto collettivo nazionale di lavoro!
Diritti differenziati per legge a seconda la regione in cui si abita!
Un ulteriore inaccettabile divario!
Si possono pure fissare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), ma senza soldi “diventano poco più di una scatola vuota”.
Compagne e compagni,
Nei giorni scorsi le segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL hanno deciso la ripresa di una mobilitazione unitaria, dopo oltre due anni di iniziative sepa- rate.
La convocazione, di tre grandi manifestazioni previste nei prossimi giorni a Milano, Bologna e Napoli, è la conferma che la mobilitazione non si ferma, fino a quando non avremo le risposte alle nostre richieste, per:
- il cambiamento delle politiche industriali, economiche, sociali e occupazionali:
- la tutela dei redditi da lavoro e per quello delle pensioni, dall’inflazione e dal caro vita.
- il rinnovo dei contratti nazionali dei settori pubblici e privati;
- un fisco giusto,
- il diritto alla salute e al sistema di istruzione
- una Riforma giusta del sistema previdenziale;
- nuove Politiche industriali sostenibili,
- Per una lotta senza quartiere alle mafie e al caporalato;
- Per il Sud, per la nostra Sicilia.
Compagne e compagni, “se vogliamo che le cose migliorino dobbiamo pensare che possano migliorare; la scelta è fra un mondo di possibilità e un mondo di fallimenti”. (Vittorio Foa)
Noi non siamo mai stati indifferenti, noi non saremo mai indifferenti e rassegnati.
La legalità, la lotta per l’emancipazione, la lotta al lavoro nero, alla mafia, allo sfruttamento, sono valore fondante, assieme all’antifascismo, della CGIL.
Per questo è importante continuare il nostro impegno ogni giorno e in ogni luogo, mettendo in pratica il disegno etico, politico e istituzionale della nostra Costituzione:
Il Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori, non è il nostro punto di arrivo di un percorso, ma la continuazione di una mobilitazione per il Lavoro che non si è mai fermata, perché senza giustizia sociale il lavoro è solo sfruttamento.
Il Primo Maggio qui, oggi a Portella della Ginestra, ancora 76 anni dopo la strage, significa che tra memoria e impegno la nostra lotta di liberazione continua!
Compagne e compagni!
Andiamo avanti insieme!
Per lo sviluppo della Sicilia.
Per la legalità,
Per i diritti,
Per i più giovani.
Fiducia, dunque! Coraggio e impegno collettivo.
W la CGIL!
W il Primo Maggio!
Mario Ridulfo
* Segretario generale Cgil Palermo
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