Molte voci di dissenso dopo l’intervista a Repubblica. Ridulfo, della Cgil: “Ciancimino fu sindaco. Andava rispettato anche lui?”. Il dem Manlio Mele: “Quando noi eravamo sotto scorta, altri stavano nei salotti. Bisogna distinguere all’interno delle istituzioni”
di ALESSIA CANDITO
Il sasso lo lancia il segretario provinciale della Cgil, Mario Ridulfo, in piazza il 23 maggio insieme agli studenti malmenati e manganellati. E a lui fanno subito eco in tanti, che il concetto di «rispetto delle istituzioni», per come declinato da Maria Falcone nell’intervista di ieri a Repubblica, proprio non lo condividono.
Per giustificare il cambio di atteggiamento nei confronti di Roberto Lagalla — criticato da candidato per gli endorsement di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, diventato gradito ospite delle commemorazioni e sponsor di future iniziative della Fondazione — la sorella del giudice ucciso a Capaci ha sostenuto che « una volta che un candidato viene eletto, bisogna avere rispetto dell’istituzione che rappresenta».
Peccato che in Sicilia — ricordano in tanti — non tutti quelli che si sono avvicendati alla guida delle istituzioni fossero degni di rappresentarle o si siano schierati contro la mafia. «Se Ciancimino fosse stato sindaco di Palermo avrebbe avuto diritto, lo scorso 23 maggio, a stare su quel palco?» , chiede Ridulfo. E poi mette il dito nella piaga: «Il rispetto per leistituzioni non si misura in ragione dei fondi che queste elargiscono».
Quando dal Comune è arrivata in comodato d’uso gratuito per i prossimi trent’anni la sede del futuro museo pensato dalla Fondazione Falcone, in molti si erano sorpresi. «E quello a cui assistiamo oggi conferma i nostri timori», dice Jamil El Sadi, studente del “Coordinamento 23 maggio” che ha costruito la manifestazione di martedì scorso. «Anche noi pensiamo che il denaro pubblico sia necessario per sostenere progetti, ma questo non può essere sinonimo di una posizione acritica — spiega — La professoressa Falcone accetterebbe fondi anche da un sindaco mafioso o dichiaratamente fascista? E come fa, lei che parla tanto di studenti, a « non dare giudizi» su quelli che sono stati manganellati a pochi metri dal palco su cui stava?». Parole che trasudano amarezza erabbia e lasciano poco margine per bizantinismi.
Chi era in piazza martedì e si è trovato di fronte al divieto di raggiungere l’Albero, “difeso” a forza di botte e spintoni, chiede una presa di posizione chiara, netta. Marta, studentessa di Giurisprudenza che lunedì 22 maggio ha assistito alla sua “lezione” sul maxiprocesso all’Università di Palermo, l’ha chiesta con una lettera aperta all’ex senatore PieroGrasso: « Se non dovesse arrivare, tutto quello che ha detto in quella sede, sarebbero solo parole vuote».
Perché fra la retorica e la realtà, la funzione istituzionale e l’impegno concreto, c’è uno iato e « non siamo tutti uguali » , scandisce Manlio Mele, per quattordici anni sotto scorta per aver combattuto da sindaco la mafia a Terrasini, oggi responsabile Cultura del Pd. Anche lui martedì 23 maggio era fra i manifestanti respinti e spintonati. « Quando noi rischiavamo la vita — dice — altri stavano seduti in non si sa quali salotti, quindi non siamo tutti uguali all’interno delle istituzioni » . Rappresentate, nella storia di Palermo e della Sicilia — aggiunge — anche da personaggi come Salvo Lima o Vito Ciancimino: « E con loro di certo non sarei salito sul palco. E neanche la signora Falcone, penso».
Per la sorella del giudice, sottolinea Mele, la stima c’è, ma che sta sbagliando. Anche nello scegliere di prendere di mira l’ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, «perché lui è stato interprete di un movimento di cambiamento che ha interessato tutta la città e la regione, è stato l’interprete del sentimento di una società civile che ha scelto di ribellarsi».
La Repubblica Palermo, 28/5/2023
Nessun commento:
Posta un commento