Importanti le sue requisitorie sui sindacalisti uccisi dalla mafia, da Placido Rizzotto a Salvatore Carnevale. Al convegno interverranno i professori Giovanni Puglisi, Antonio Scaglione, lo storico Giuseppe Carlo Marino, il sociologo Umberto Santino, Francesco Callari, l’ex Direttore del Dap Bernardo Petralia, il giornalista/dirigente Cgil Dino Paternostro e il Coordinatore dell’Anpi-Sicilia e Presidente dell’Anpi Palermo Ottavio Terranova.
Nella mattina del 5 maggio del 1971, in via dei Cipressi, a Palermo, furono uccisi il Procuratore capo della Repubblica Pietro Scaglione e l’agente Antonio Lorusso, entrambi riconosciuti con Decreto ministeriale “vittime del dovere e della mafia” e insigniti dal Presidente della Repubblica della “Medaglia d’oro al merito civile alla memoria”.
Scaglione (definito anche in sede giudiziaria “magistrato integerrimo, dotato di eccezionali capacità professionali e di assoluta onestà morale”) era nipote dell’avvocato socialista Matteo Teresi, protagonista del romanzo storico “La setta degli angeli” scritto da Andrea Camilleri e pubblicato da Sellerio Editore.
Camilleri definì Teresi “l’avvocato dei poveri e dei deboli” e l’alfiere delle denunce contro settori del clero e della borghesia coinvolti in uno scandalo di inizio Novecento.
Nei decenni successivi, il nipote di Teresi, Pietro Scaglione, iniziò la sua lunga carriera di giudice e di pubblico ministero, dimostrando “indipendenza di giudizio anche durante il ventennio fascista” (come scrissero i giornalisti Enzo Perrone e Rosario Poma nel volume “La mafia: nonni e nipoti”,Vallecchi, Firenze, 1971).
Dopo essere stato per anni pretore a Collesano, Scaglione divenne sostituto procuratore generale e si occupò delle uccisioni di alcuni coraggiosi sindacalisti socialisti e comunisti.
Tra l’altro, Scaglione chiese e ottenne il rinvio a giudizio per Luciano Liggio e gli altri imputati dell’omicidio del sindacalista socialista Placido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro di Corleone.
Si occupò anche dell’assassinio di Salvatore Carnevale, segretario della Camera del Lavoro di Sciara. Nella requisitoria del 1956, Scaglione esaltò la coraggiosa figura della vittima e le lotte contadine, parlò di “febbre della terra” e scrisse che l’attività di Carnevale era temuta da coloro che avevano interesse al mantenimento del sistema latifondista.
Al fianco di Scaglione vi furono la madre di Carnevale, Francesca Serio, gli avvocati Francesco Taormina, Nino Sorgi e altri legali di parte civile, nonché il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini, partigiano e socialista.
Gli imputati (campieri di una nota famiglia aristocratica) furono invece difesi da un altro futuro Presidente della Repubblica, il democristiano Giovanni Leone.
Pietro Scaglione si occupò anche incidentalmente della strage di Portella della Ginestra del primo maggio del 1947, ma soltanto in relazione ad alcune querele e denunce tra schieramenti politici contrapposti. Nelle Conclusioni del 1953 sui mandanti di Portella della Ginestra, Scaglione definì l’uccisione dei contadini come un “delitto infame, ripugnante e abominevole” e accreditò come principali moventi: la “difesa del latifondo e dei latifondisti”; la lotta “ad oltranza” contro il comunismo; la volontà da parte dei banditi di accreditarsi come “i debellatori del comunismo”, per poi ottenere l’amnistia; la volontà di “usurpazione dei poteri di polizia devoluti allo Stato”; la “punizione” contro i contadini che occupavano le terre.
Le requisitorie di Scaglione sui sindacalisti furono ricordate anche dal quotidiano L’Ora nell’editoriale del 1962, dove si leggeva, tra l’altro: “Pietro Scaglione ha percorso quasi tutta la sua brillante e rapida carriera presso la Corte di appello di Palermo, dapprima come Pretore e, quindi, come Sostituto procuratore generale. Con tale grado sostenne l’accusa in numerosi e gravi processi intervenendo attivamente anche nella fase istruttoria: va ricordato –a proposito- l’elevato contributo che, in veste di accusatore il commendatore Scaglione dette alla istruzione del processo per l’assassinio di Salvatore Carnevale…. Al valoroso magistrato che assume la responsabilità di dirigere la Procura della Repubblica di Palermo in un momento di innegabile difficoltà, “L’Ora” invia i più vivi rallegramenti e cordiali auguri di buon lavoro”.
Dopo essere diventato Procuratore capo della Repubblica di Palermo, Scaglione avviò, anche, numerose inchieste a carico di politici, di amministratori e di colletti bianchi, come risultò dagli atti giudiziari e dalla testimonianza del giornalista Mario Francese (ucciso nel 1979). Come scrisse Francese, infatti, “Pietro Scaglione fu convinto assertore che la mafia avesse origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni. E’ il tempo del cosiddetto braccio di ferro tra l’alto magistrato e i politici, il tempo in cui la linea Scaglione portò ad una serie di procedimenti per peculato o per interesse privato in atti di ufficio nei confronti di amministratori comunali e di enti pubblici”. Il grave riacutizzarsi del fenomeno mafioso, negli anni 1969-1971, “aveva indotto Scaglione ad intensificare la sua opera di bonifica sociale”, infatti, richieste di “misure di prevenzione e procedimenti contro pubblici amministratori ……hanno caratterizzato l’ultimo periodo di attività del Procuratore capo della Repubblica” (Il giudice degli anni più caldi, in il Giornale di Sicilia, 6 maggio 1971, p. 3).
Scaglione si occupò anche della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro nel settembre del 1970: l’intervento della Procura della Repubblica, diretta da Pietro Scaglione fu “attivissimo” come fu accertato in sede giudiziaria e come dichiarò, anche, la moglie del giornalista scomparso nel periodico “La Domenica del Corriere” del 13/6/1972.
Il Procuratore Scaglione svolse altresì, con impegno e dedizione, la funzione di Presidente del Consiglio di Patronato per l’assistenza alle famiglie dei detenuti ed ai soggetti liberati dal carcere, promuovendo, tra l’altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della Giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d’oro.
Numerose le piste seguite e i moventi ipotizzati per l’omicidio Scaglione, tra cui, ad esempio: Strategia della tensione, Golpe Borghese, uccisione del presidente dell’Eni Enrico Mattei, caso De Mauro, vendetta della mafia, indagini sulla corruzione.
IL CONVEGNO DI ANPI E STORIA PATRIA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
L’ Anniversario del delitto sarà, tra l’altro, ricordato a Palermo, venerdì 5 maggio, nell’ambito del Convegno in memoria sul tema “Mafia e Antimafia: l’attualità delle origini”, organizzato dai familiari, dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (sezioni di Sicilia e di Palermo) e dalla Fondazione Società siciliana per la Storia Patria e
Al Convegno (incentrato in particolare sulle vicende della seconda metà dell’Ottocento e del primo ventennio del Novecento) interverranno i professori Giovanni Puglisi (Presidente della Società siciliana di Storia Patria), Antonio Scaglione (figlio del procuratore assassinato), Giuseppe Carlo Marino (storico), Umberto Santino (Presidente del Centro Impastato), Francesco Callari, l’ex Direttore del Dap Bernardo Petralia, il giornalista Dino Paternostro e il Coordinatore dell’Anpi-Sicilia e Presidente dell’Anpi Palermo Ottavio Terranova.
La relazione dello storico Giuseppe Carlo Marino verterà su “Mafia, sicilianismo, ceti dirigenti e privilegi nel secondo Ottocento: un passato destinato ad un lungo presente”.
Il giornalista Dino Paternostro (responsabile Cultura e Memoria della Cgil provinciale) relazionerà sul tema “I Fasci siciliani e l’omicidio di Bernardino Verro”, parlando, tra l’altro, del sacrificio del coraggioso sindaco socialista di Corleone ucciso nel 1915.
Il magistrato Dino Petralia si occuperà della Repressione giudiziaria a cavallo tra Ottocento e primi del Novecento.
La relazione del sociologo Umberto Santino sarà incentrata sulla “scoperta della mafia”, dal dossier di Franchetti e Sonnino sui “facinorosi della classe media” alla relazione del prefetto Sangiorgi.
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