di DANIELE BILLITTERI
Daniela Lo Verde e Daniele Billitteri
Certo, la lettura delle carte fa rabbrividire e rende davvero arduo aspettare una pur indispensabile sentenza definitiva per stabilire se la protagonista di questa vicenda è o non è meritevole della più severa delle punizioni previste dalle ipotesi di reato che la riguardano. E mi viene difficile pure immaginare quale sarà la sua linea di difesa.
Daniela Lo Verde, dirigente scolastica della scuola “Falcone” dello ZEN2 e personaggio dell’Antimafia, è agli arresti domiciliari accusata di essersi appropriata di beni finanziati dall’Unione Europea, e destinati agli studenti della sua scuola. Il termine “beni” descrive malissimo la profondità di questa vergogna. Ci vuole il termine “dettaglilo” così come minuziosamente messo a punto nell’ordinanza di custodia cautelare dei giudici. Intercettazioni ambientali e telefoniche, riprese video, traccheggi con i fornitori: secondo le accuse la professoressa Lo Verde faceva la spesa per casa attingendo dalla pingue dispensa fornita con le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea.
Nulla veniva lasciato a caso. Gli investigatori avrebbero accertato e documentato che la professoressa Lo Verde, portava a casa i formaggini, l’acqua minerale, pacchi di pasta, sale, sacchetti di patatine, merendine, scatole di tonno, dolciumi, tolvagliolini di carta, bicchieri di plastica. Insomma pare che la procedura fosse questa: quando la scuola era vuota la professoressa lo Verde, faceva un piccolo trasloco dalla dispensa alla sua stanza di dirigente scolaatica. Da lì poi, poco a poco, riempiva sacchetti da portare a casa. Convolti pure il suo vice e addirittura la figlia che poi avrebbe avuto il compito di sistemare la refurtiva (come chiamarla diversamente?) nella casa della professoressa e in un locale di Sferracavallo, forse una casa di villeggiatura.
Le forniture venivano assicurate anche in periodi in cui la scuola era chiusa per la conclusione dell’panno scolastico. Ora pare che la professoressa abbia pure tentato di farsi cambiare un assegno prelevato dei fondi di cui abbiamo detto, per acquistare alimentari in un periodo in cui tali beni non sarebbero stati utilizzati per mancanza di studenti. Così l’ingegnosa professoressa sarebbe riuscita a creare una sorta di “castelletto” presso una pasticceria che le aveva cambiato l’assegno e presso la quale ritirava cose di volta in volta. 13 pezzi di rosticcerie, tre porzioni di lasagne, una guantiera di frutti di “martorana”. Perfino tre “pupaccene” di zucchero.
Naturalmente non erano solo cibi e casalinghi a prendere la via di casa Lo Verde. Sparivano anche computer, tablet e cellulari. Cose da fare invidia a un centro commerciale.
La professoressa Lo Verde era la dirigente scolastica della scuola dello ZEN2. Per chi non è palermitano è bene ricordare che questo quartiere di case popolari è, a livello nazionale, unol dei paradigmi del degrado come Scampia a Napoli o Tor Bella Monaca a Roma. Altissimi livelli di evasione scolastica, largo impiego di minori in attività criminali, prima fra tutte lo spaccio di droga. Una scuola intitolata a Falcone, destinataria di un flusso di finanziamenti per la realizzazione di progetti tutti mirati alla promozione della legalità. Il tutto nelle mani del dirigente scolastico nella sua qualitàè di manager. Adesso tutti assicurano che la professoressa ha in effetti promosso e guidato moltissime iniziative nel quartiere, al punto da diventare (dicono senza averlo mai sollecitato) un personaggio dell'Antimafia al punto che le era stata pure assegnata l’onorificenza di Cavaliera della Repubblica, conferita dal Capo dello Stato. Adesso forse Mattarella potrebbe decidere di smacchiare la sua adamantina carriera da questa sporcizia. In ogni caso la vicenda è devastante laddove getta ombre su una molteplicità di delicati meccanismi di funzionamento delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e di promozione della legalità
Ma forse, proprio per non fare di tutta l’erba un fascio, sarebbe forse il caso di avviare un’operazione di verifica che i cospicui fondi europei che finiscono nelle scuola per promuovere la cultura della legalità, vengano effettivamente spesi per questo fine.
C’è poi l’imbarazzante problema dell’Antimafia come sistema. La vicenda della professoressa è l’ultima ma ci sono i precedenti della Saguto, magistrato che si occupava dei beni confiscati a Cosa nostra, o dell’ex presidente della Confindustria siciliana Montante.
L’Antimafia è il volto specchiato del meglio di questo Paese. Ma se c’è anche il semplice sospetto che si dia il fondotinta per nascondere qualche foruncolo, sarà bene guardare con attenzione. Perché quel volto non venga sfregiato da storiacce come questa.
L’Ora, edizione straordinaria, 22/4/23
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