l'articolo de L'Ora che racconta la serata di Minà a Petralia Sottana
di ADOLFO FANTACCINI
Al suo nome ne vengono accostati almeno altri 100, forse 1.000: da Cassius Clay a Robert De Niro, da Sergio Leone a Fidel Castro, da Gabriel Garcia Marquez a Che Guevara, da Maradona al Dalai Lama, fino ad arrivare ai Beatles. La sequenza è sconfinata e inesauribile. Gianni Minà, che è morto ieri sera a Roma, aveva il dono di condensare la grandezza e il talento, attraverso una curiosità umana e giornalistica ormai cancellata da un pressappochismo di facciata sempre più malvagio.
Avrebbe meritato un tramonto diverso, ma non poteva pretendere di più da un mondo che non guarda indietro e procede alla velocità della luce. Anche il più banale messaggio whatsapp, per fare un esempio, è superato dalla velocità di un audio, che a sua volta può essere ascoltato a doppia velocità. Figurarsi se ci si ferma ad ascoltare un'intervista di 16 ore a Fidel o a vivere la preparazione di una grande impresa sportiva come il record del mondo nei 200 metri
firmato da Pietro Mennea a Città del Messico nel 1979 (19"72). Così si perde il valore delle cose, e degli uomini, ma alla gente interessa praticamente niente, intenta com'è a chattare e a fottere (gli altri).Conobbi Gianni Minà nell'estate 1987: in quell'occasione gli venne consegnato un premio a Petralia Sottana, sulle Madonie, in provincia di Palermo, perché i suoi nonni erano di Castelbuono; non a caso parlava (male) il dialetto locale. Venne premiato come eccellenza madonita e, quando poco prima lo incrontrai per intervistarlo, mi disse, trattandomi come se ci conoscessimo da sempre: "Vieni come me, ti faccio fare uno scoop ancora più grosso". Arrivammo a casa di un pittoresco amico comune, che adesso non c'è più, e che abitava proprio di fronte casa mia, in paese, chiese dove fosse il telefono e cominciò a comporre un numero di Buenos Aires: parlò con Diego, quindi chiamò Parigi e si fece passare al telefono un tale di nome Michel. Tutto questo mentre il padrone di casa, sempre più in preda a una sfrenata euforia, era affacciato alla finestra di casa che dava sul corso principale del paese e urlava ai compaesani che passavano: "C'è Gianniminà a casa mia, è al telefono con Platini". Non parlò di Fidel, né del 'Che', alla fine fu lui a 'intervistare' me, perché aveva la capacità di mettere talmente a proprio agio le persone al punto da indurle - 'motu proprio' - a consegnargli le più nascoste riflessioni.
Aveva gli occhi dolci, che trasmettevano fiducia, ma in realtà era un giornalista. Sarebbe bastato questo per non dargli credito. Tuttavia, il piacere e l'esaltazione di stare al suo fianco erano talmente grandi da cancellare ogni tentennamento. Un altro gigante è volato via, ma per fortuna il suo bagaglio è rimasto qui.
Nelle foto: Gianni Minà nella celebre reunion romana con Gabriel Garcia Marquez, Sergio Leone, Cassius Clay e Robert De Niro; giovanissimo con i Beatles; con Fidel Castro; con Diego Armando Maradona; l'articolo de L'Ora che racconta la serata di Minà a Petralia Sottana; Adolfo Fantaccini
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