I resti dell’imbarcazione dopo il tragico naufragio sulla spiaggia di Cutro |
di FRANCESCO ALÌ
Si è svolto ieri pomeriggio, nella sede del Municipio di Cutro (in provincia di Crotone), il Consiglio dei ministri (CDM). Al termine della riunione, la presidente Giorgia Meloni, con i vicepresidenti e ministri Antonio Tajani (Affari esteri e della Cooperazione internazionale) e Matteo Salvini (Infrastrutture e trasporti), i ministri Matteo Piantedosi (Interno), Carlo Nordio(Giustizia), Francesco Lollobrigida (Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste) e il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, ha illustrato in conferenza stampa il decreto-legge in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare.
«Le nuove norme – si legge nella nota ufficiale della presidenza del Consiglio dei ministri ‒ rafforzano gli strumenti di contrasto ai flussi migratori illegali e all’azione delle reti criminali che operano la tratta di esseri umani, semplificano le procedure per l’accesso, attraverso canali legali, dei migranti qualificati».
Sull’onda di questa immensa tragedia, il Consiglio dei ministri era stato convocato a Cutro direttamente da Abu Dhabi (dove la premier Giorgia Meloni era in missione), subito dopo la pubblicazione della lettera aperta indirizzata a lei da parte del sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, che denunciava la sua assenza sottolineando, invece «la presenza arrivata altissima dal Capo dello Stato». Dure le parole del sindaco: «Qui è mancato il Governo, è mancata lei presidente. Abbiamo aspettato una settimana, la comunità crotonese colpita da un dolore enorme, ha aspettato un suo messaggio, una sua telefonata, un suo cenno. Venga a conoscere cosa si è vissuto in un palazzetto dello Sport destinato alla vita e che è si è trasformato in un luogo di dolore e lacrime». Parole che hanno lasciato il segno visto che la presidente del Consiglio è intervenuta a microfoni aperti sostenendo la linea di Piantedosi: «Non è arrivata alcuna comunicazione di emergenza da parte di Frontex». Replicando: «Queste persone non erano nelle condizioni di essere salvate. Ma davvero, in coscienza, c’è qualcuno che ritiene che il governo le abbia volutamente fatte morire?». Infine, manifestando la decisione di riunire Consiglio dei ministri proprio a Cutro. Un colpo di teatro con cui rispondeva alle accuse e provava a dettare l’agenda politica sulla questione migranti.
Intanto, per sabato 11 marzo alle 14.30, è stata organizzata, da sindacati e associazioni, sulla spiaggia di Cutro, la manifestazione nazionale, Fermare la strage, subito. CGIL, UIL, ACLI, Rete 26 febbraio, ANPI, Emergency, Legambiente, Medici senza frontiere, Save the Childrene tanti altri, saranno insieme, per un breve corteo, una marcia silenziosa sulla spiaggia del drammatico naufragio dove verranno deposti dei fiori in ricordo delle vittime. Una manifestazione che sarà «il primo importante appuntamento nazionale di un percorso di iniziative e mobilitazioni per cambiare immediatamente, in maniera radicale, le politiche migratorie in Europa e nel nostro Paese».
La strage degli innocenti e il rimpallo delle responsabilità
A più di dieci giorni dalla strage di innocenti avvenuta in seguito al naufragio di fronte alla spiaggia di Steccato di Cutro, una delle peggiori tragedie di migranti nel Mar Mediterraneo, il bilancio non è ancora definitivo. Al momento il mare ha restituito 72 corpi senza vita, tra loro tantissimi bambini (28). Numeri, purtroppo, destinati a crescere a causa di un dato imprecisato di dispersi, difficile da stimare. Si parla di 30, 40, 50 persone tra quelle ancora incagliate sotto l’imbarcazione affondata e quelle disperse in mare.
Il viaggio della speranza terminato in tragedia era partito quattro giorni prima da İzmir (Smirne) in Turchia. Erano circa le 4 di mattina di quel maledetto 26 febbraio quando l’imbarcazione si infrangeva in una secca, si spezzava, si rovesciava ed affondava in mare, a poco più di cento metri dalla riva. I primi soccorsi, carabinieri e pescatori, poi coadiuvati da altre forze dell’ordine, hanno recuperato soprattutto corpi senza vita. I superstiti, secondo le fonti del Viminale, sono 80.
Fermati alcuni presunti scafisti, ora si cerca di capire cosa non abbia funzionato nella cosiddetta catena dei soccorsi. Spetterà alle Procure di Crotone e di Roma ricostruire la verità mentre è in corso il rimpallo delle responsabilità. Sky TG24 sintetizza bene il ping-pong delle ore immediatamente successive alla tragedia. Le parole del ministro dell’Interno Piantedosi: «Frontex non aveva segnalato una situazione di pericolo o di stress a bordo» e successivamente, in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera, «poi c’è stato un peggioramento delle condizioni meteo». Quelle del portavoce della Guardia costiera Cosimo Nicastro: «Il naufragio è una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano». Quelle di Frontex che replica: «Sono sempre le autorità nazionali competenti a classificare un evento come ricerca e soccorso».
Il 7 marzo il ministro Piantedosi ha riferito alla Camera e al Senato in merito al naufragio, confermando la linea di attacco a Frontex: «Siamo stati informati alle 4 del mattino». Mentre, il ministro Matteo Salvini, malgrado le opposizioni abbiano reclamato la sua presenza e abbiano chiesto le sue dimissioni, insieme a quelle di Piantedosi, ha deciso di non presentarsi in Parlamento per spiegare perché la Guardia costiera, che dipende dal suo ministero, non sia intervenuta la notte della tragedia. Già all’indomani del 26 febbraio, le parole del ministro dell’Interno avevano scatenato forti polemiche. «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli», aveva dichiarato. Tanto che, nel suo primo intervento in Parlamento da segretaria del Partito democratico (PD) Elly Schlein ha chiesto le sue dimissioni. «Vogliamo che si chiarisca perché non c’è stato l’intervento della Guardia costiera che avrebbe forse potuto evitare questa strage. Sette ore dalla segnalazione di Frontex. Si avevano gli strumenti per capire che quelle persone erano a rischio», ha affermato la neosegretaria del PD. E ancora, «attendiamo fiduciosi le risultanze delle indagini, ma le responsabilità politiche sono chiare».
Le parole di Mattarella e di papa Francesco
È arrivato forte e chiaro il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto dall’Università della Basilicata: «Di fronte all’evento drammatico avvenuto sulle coste calabresi, il cordoglio deve tradursi in scelte concrete, operative, da parte di tutti, dell’Italia e dell’Ue». Mattarella si era già recato sui luoghi della tragedia per esprimere vicinanza ai familiari delle vittime. Aveva poi raggiunto i superstiti e portato giocattoli in dono ai bambini ricoverati in pediatria. Poi il presidente si era recato al Palamilone, il palazzetto dello sport dove sono state sistemate le bare delle vittime. La folla lo ha accolto tra applausi e lo slogan “giustizia, giustizia”. Mattarella aveva espresso il proprio dolore sottolineando che «molti tra questi migranti provenivano dall’Afghanistan e dall’Iran, fuggendo da condizioni di grande difficoltà». Infine, «il ringraziamento ai soccorritori» e la richiesta alle istituzioni democratiche internazionali di rimuovere le cause che determinano i flussi di migranti.
Nei giorni scorsi, migliaia di persone hanno partecipato alla Via Crucis organizzata in memoria dei migranti vittime del naufragio e Vatican news ha riportato le parole di papa Francesco che al termine dell’Angelus ha richiamato l’attenzione del mondo: «I viaggi della speranza non si trasformino più in viaggi della morte». Manifestando «apprezzamento e gratitudine alla popolazione locale e alle istituzioni per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle».
Tra il dire e il fare c’è ancora una volta il “Mare Nostrum”, con la sua storia, la sua bellezza, la sua cultura, i suoi valori, diventato irriconoscibile, un “Mare disumano”. Il governo ha più volte ribadito la sua linea di chiusura di porti e frontiere. Del resto, era il 9 giugno 2018, quando a Reggio Calabria ci fu il primo sbarco da una nave umanitaria di cui dovette occuparsi l’allora neoministro dell’Interno Matteo Salvini. Come riportavamo in Atlante Treccani, 232 migranti a bordo della Sea-Watch, nave di una ONG che opera nel Mediterraneo, vivevano un’odissea in mare che si concluse nel porto dello Stretto di Messina, dopo quattro giorni in cui l’imbarcazione è stata in balia delle onde, senza alcuna indicazione per l’approdo. Solo dopo giorni e giorni l’indicazione della sponda reggina dello Stretto per le operazioni di sbarco e di accoglienza malgrado le condizioni di mare proibitive. A bordo persone che stavano molto male, disidratate e stanche dopo più di ottanta ore di navigazione. Il ministro dell’Interno aveva verificato se fosse possibile non concedere l’approdo in Italia. L’attenzione di Salvini era stata rivolta soprattutto a chiarire il ruolo delle ONG, sottolineando come «alcune facciano volontariato, altre affari».
Era il 9 febbraio scorso, invece, quando il Consiglio europeo ha deciso di accogliere le richieste di chiusure e controlli delle frontiere che erano arrivate dalla maggioranza dei Paesi europei. Inoltre, il naufragio si è verificato a poche settimane dal decreto-legge Piantedosi riguardante le ONG e la disciplina del soccorso in mare che stabilisce regole stringenti che rendono difficilissimo l’aiuto ai naufraghi da parte delle navi umanitarie.
C’è, però, una parte della società che insiste a viaggiare “in direzione ostinata e contraria”, che condanna l’ingiustizia delle politiche migratorie e pratica solidarietà. Come Gherardo Colombo, ex magistrato, oggi presidente onorario di ResQ, «un progetto che nasce da persone stanche di vedere morire migliaia di migranti nel tentativo disperato di attraversare il Mediterraneo, cercando per sé e per i propri figli un domani migliore, che hanno deciso di rompere il muro dell’indifferenza con un unico obiettivo: restare umani». Come si legge sul sito, Gherardo Colombo si è chiesto: «Se stessi annegando, vorrei che qualcuno venisse a salvarmi? E la risposta è sì. Semplicissimo». La nave di soccorso si chiama ResQ People, «nata come nave di ricerca scientifica, ha già solcato il Mediterraneo per salvare vite. Ha bandiera tedesca e un equipaggio di 20 persone, tra professionisti marittimi e volontari specializzati». Si sono uniti perché «nel Mediterraneo continuano a morire gli esseri umani, le leggi e i diritti, per contrastare la cultura dell’indifferenza, mettendo in mare un’altra nave che sostenga donne, uomini e bambini, costretti a spostarsi da situazioni drammatiche per inseguire il proprio sogno. Perché soccorrere è umano».
Nel 2017, 85.042 migranti sono sbarcati sulle coste italiane, nel 2016 gli arrivi furono 71.804. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Viminale, nel 2022 sono arrivate nel nostro Paese 104.061 persone, contro le 67.034 del 2021 e le 34 mila del 2020. I Paesi di origine dei migranti sono soprattutto Egitto, Tunisia, Bangladesh, Siria e Afghanistan. I minori stranieri non accompagnati sono stati 12.687 (10.053 lo scorso anno, 4.687 nel 2020). Questi numeri ci dicono che bisogna ristabilire le priorità. Nel Mediterraneo affondano le nostre vere radici, da dove vengono i valori più alti che sono approdati nella nostra Repubblica e nella nostra Costituzione. Ma affondano anche gli esseri umani. «Per rifare il mondo da capo, bisogna ripartire dai valori della Costituzione» ha sostenuto Raniero La Valle (giornalista, ex parlamentare, presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione) qualche anno fa da Reggio Calabria ricordando che il «nuovo centro del mondo» è qui «nel Mediterraneo, nelle terre che lo circondano, in questo crocevia tra il Nord e il Sud del mondo, tra Oriente e Occidente, tra i popoli dell’Asia e delle Americhe, dell’Africa e dell’Europa», perché «è qui che si decide il futuro». Raniero La Valle spiegava appassionatamente che «è cambiata la geografia del mondo perché il centro del mondo è dove ci sono nuovi popoli che avanzano la loro candidatura a vivere e reclamano i diritti che sono loro negati, a cominciare dalla eguaglianza degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole richiamata dallo Statuto delle Nazioni Unite».
Il centro del mondo è allora dovunque si giochi la scelta tra la vita e la morte, tra la cultura dell’accoglienza e quella dell’indifferenza. Ed è nel Mediterraneo che si gioca la scelta di giustizia e pace, le due grandi conquiste della lotta di Liberazione su cui è stata costruita la nostra Costituzione. E il centro del mondo oggi passa dalla spiaggia di Cutro.
Voltaire diceva che «gli uomini sono tutti uguali e devono avere gli stessi diritti; non è la nascita, ma la virtù che fa la differenza». Bisogna, dunque, cambiare la prospettiva. Passare dalla globalizzazione dell’indifferenza e delle diseguaglianze alla globalizzazione della pace e dell’accoglienza. E la Costituzione è lì ad indicarci la strada.
Treccani.it, 10/3/2023
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