ANGELO PICARIELLO
A Casal di Principe c’è una «generazione della speranza». Sergio Mattarella arriva in una terra considerata simbolo della camorra per incontrare i «figli della rinascita», i ragazzi che hanno raccolto il «testimone» di don Peppe Diana, il sacerdote assassinato in Chiesa, prima di dir Messa, il 19 marzo di 29 anni fa, a soli 36anni, che alla «dittatura delle armi» oppose «parole cariche di amore».
Ricorda questo «uomo coraggioso, pastore esemplare, figlio di questa terra. Un eroe dei nostri tempi lo definisce -, che ha pagato il prezzo più alto, quello della vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione».
La giornata del presidente della Repubblica per celebrare la memoria delle vittime delle mafie si apre, al suo arrivo in questo centro di antica vocazione agricola del Casertano, proprio rendendo omaggio alla tomba di don Diana. Si ferma alcuni istanti, da solo, in raccoglimento, incontra i familiari, i fratelli Emilio e Marisa. Con loro c’è anche Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto don Diana, simbolo di una terra che non si è rassegnata alla violenza. Poi Mattarella si reca all’Istituto tecnico “Guido Carli”, ed è lì che incontra gli studenti delle superiori . «Oggi l’Italia ricorda tutti i caduti per mano della mafia, della camorra, della ‘ndrangheta. Donne e uomini che hanno sfidato la prepotenza mafiosa». Tra le vittime ci sono, rimarca, «anche bambini, uccisi per errore o per vendetta». E purtroppo, accanto ai segni di speranza, Mattarella non può non fare riferimento a quelli di segno contrario, che drammaticamente ricordano come la mala pianta della camorra sia ancora lungi dall’esser estirpata. Fatalità e futilità, a volte, possono recidere vite innocenti, come il caso di Francesco Pio Maimone, diciottenne di Pianura che, dopo avere imparato a fare il pizzaiolo sognava di poter aprire un locale tutto suo: «Ancora ieri, a Napoli, un ragazzo 18 anni è stato ucciso quasi a caso, con una crudeltà che gli ha sottratto il futuro, lasciando nella disperazione i suoi familiari», ricorda Mattarella. «La mafia è violenza ma, anzitutto, è viltà. I mafiosi - ammonisce - non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Si presentano forti con i deboli. Uccidono persone disarmate, organizzano attentati indiscriminati, non si fermano davanti a donne e a bambini. Si nascondono nell’oscurità».
Nel corso dell’incontro, moderato dal giornalista di Tv2000 Luigi Ferraiuolo (biografo di don Diana) con il il Sindaco di Casal di Principe Renato Natale e la dirigente scolastica Tommasina Paolella intervengono anche la studentessa Maria Cantiello e lo studente Fabrizio Gabriele. Invocano «strutture e opportunità». «A lei Presidente chiedo attenzione al nostro territorio», dice Maria. E a loro si rivolge più volte, citando don Diana, Mattarella: «Le mafie temono i liberi cittadini. Vogliono persone asservite, senza il gusto della libertà». Cita due padri della lotta alla mafia. Antonino Caponnetto, che «soleva ripetere che “i mafiosi temono di più la scuola che i giudici”». E Giovanni Falcone con la sua celebre affermazione, pagata con la vita: «La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine». E, sempre rivolto ai ragazzi che avevano parlato di «pregiudizi», Mattarella inserisce, da palermitano, anche una nota personale: «Vi comprendo bene: anche la mia città ne ha subiti. Ma voi dovete essere fieri di essere nati in questa terra, che ha saputo compiere questavera, grande, rinascita. Dovete avvertire l'orgoglio di essere concittadini di don Diana». Il quale, «oltre a reclamare una maggiore e più efficace presenza dello Stato, aveva rivolto il suo forte e accorato appello al coraggio e alla resistenza, per liberarsi dalla camorra, proprio ai suoiparrocchiani, ai cittadini, alla società civile, alle coscienze delle persone oneste». Un sacrificio che, rivendica il sindaco Natale, «non è stato vano». E in questa scuola, prosegue Mattarella, «state ponendo le basi per un futuro migliore, per il vostro territorio e per la vita delle vostre comunità. Sono venuto a portarvi l'apprezzamento e l'incoraggiamento della Repubblica. L'Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia».
Il sindaco aveva ricordato la grande partecipazione popolare ai funerali di don Diana, la sua vita spezzata più che la parola fine ha segnato un nuovo inizio, può dire oggi il Capo dello Stato: «L’efferato omicidio di Don Peppino Diana è stato un detonatore di coraggio e di volontà di riscatto. Ha prodotto un’ondata di sdegno, di partecipazione civile, una vera battaglia di promozione della legalità». Dopo l’uccisione di un innocente, ricorda Mattarella don Diana usò parole di pubblico sdegno: «Non in una Repubblica democratica ci pare di vivere ma in un regime dove comandano le armi. Leviamo alto il nostro No alla dittatura armata». Ma le parole di Falcone ricordano che «la lotta alle mafie riguarda tutti, ciascuno di noi. Non si può restare indifferenti, non si può pensare né dire: non mi riguarda. O si respingono con nettezza i metodi mafiosi o si rischia, anche inconsapevolmente, di diventarne complici. Casal di Principe lo ha dimostrato», conclude Mattarella che si concede poi una foto di gruppo con tutti gli studenti. Poi la visita alla sagrestia della Chiesa di San Nicola di Bari in cui avvenne l’omicidio di don Diana, dove trova ad accoglierlo il vescovo di Acerra Angelo Spinillo. Infine, la visita al ristorante solidale aperto in un bene confiscato al clan dei Casalesi, “Nuova cucina organizzata”, che sin dalla denominazione simboleggia il coraggio, e la voglia di cambiare, dei concittadini di don Diana, per i quali, da giovane sacerdote, ha donato la sua vita.
Avvenire, 22/3/23
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