Un momento dell’incontro in Villa comunale |
DINO PATERNOSTRO
Erano circa 90 gli alunni di terza media dell’Istituto Comprensivo “De Amicis- Leonardo da Vinci” di Palermo, accompagnati dalle loro insegnanti, che stamattina sono arrivati in tour a Corleone. Erano mossi da curiosità per una cittadina così famosa nel mondo per fatti di mafia. Ma anche dal desiderio di conoscerne la parte migliore e i personaggi più celebri che hanno segnato la storia del suo riscatto sociale e morale: in primo luogo Bernardino Verro e Placido Rizzotto. La Proloco di Corleone (e la sua presidente Angela Leone) mi hanno chiesto di incontrarli per presentare questa Corleone in chiaro-scuro. Ho accettato con entusiasmo perché sono convinto che la rinascita sociale, culturale e civile di una comunità non può non essere condivisa e sostenuta dalla scuola, in particolare dagli alunni e dagli insegnanti. (A SEGUIRE L’ALBUM FOTOGRAFICO)
Ci siamo incontrati nella nostra bella villa comunale, circondati da alberi, aiuole e fiori. E dai busti di personaggi importanti che hanno aiutato il mio racconto. Intanto quello di Giuseppe Vasi, corleonese, importante incisore del ‘700, vissuto alla corte dei papi, che ci ha lasciato delle splendide incisioni di Roma antica e moderna. E poi il busto di Francesco Bentivegna, anch’egli corleonese, impegnato a lottare per liberare la Sicilia dal giogo borbonico. Un nostro eroe del Risorgimento, tradito, imprigionato e ucciso dai Borboni il 20 dicembre 1856 a Mezzojuso. Ho voluto cominciare il racconto da un artista e da un patriota per sottolineare che Corleone è tanto altro rispetto alla mafia e all’antimafia. Ha una storia millenaria, che non può essere offuscata dalla mafia, presente appena da 150-200 anni.
Certo, poi abbiamo parlato di Bernardino Verro, dei mafiosi che allora si chiamavano “fratuzzi”, del fascio dei lavoratori, del primo contratto sindacale scritto dei braccianti agricoli del 7 maggio 1893, del primo contratto scritto per i mezzadri, passato alla storia come “i Patti di Corleone”. Abbiamo parlato dei primi scioperi contadini, della repressione mafiosa e statale, dello scioglimento dei fasci, dei processi ai suoi capi, in primo luogo a Verro, condannato a 16 anni di carcere. E poi della ripresa delle lotte, del secondo dopoguerra, di Placido Rizzotto e del piccolo Giuseppe Letizia, ucciso dalla mafia perché aveva visto gli assassini del segretario della cgil di Corleone.
A questo punto una lieta sorpresa: un ragazzino ci dice che conosceva Placido Rizzotto, aveva letto il nome sull’etichetta di una bottiglia di vino: “Nero d’Avola, mi sembra”, ha precisato. Allora ho spiegato che, grazie a Pio La Torre era stata approvata una legge che consente il sequestro e la confisca dei beni ai mafiosi, che poi (grazie all’impegno di Libera) sono stati assegnati a cooperative di giovani. “Una di queste - ho detto - produce il vino “Placido Rizzotto”, di cui hai visto una bottiglia”.
Il cerchio si chiude. Facciamo le foto e i ragazzi proseguono il loro tour visitando il Cidma, la chiesa Madre e il parco fluviale delle due rocche.
Siamo convinti che torneranno a Palermo con informazioni più corrette su questo nostro territorio. E, ci auguriamo, un poco innamorati di questi nostri luoghi, delle storie ascoltare, da cui traspare tanta voglia di riscatto. (dp)
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