Palermo 31 marzo 2023 – Domani 1° aprile ricorre il 75° anniversario dell'assassinio di Calogero Cangialosi, segretario della Camera del lavoro di Camporeale. Alle ore 10 al cimitero di Camporeale sarà deposta una corona di fiori. Interverranno Rosalia Bonura, della Cgil di Camporeale, il sindaco di Camporeale Luigi Cino, il segretario generale dello Spi Cgil Palermo Salvatore Ceraulo e il responsabile dipartimento Cultura e memoria storica della Cgil Palermo Dino Paternostro.
Cangialosi fu ucciso la sera del 1° aprile 1948, subito dopo Epifanio Li Puma e Placido Rizzotto. Era la vigilia delle elezioni politiche, che si sarebbero tenute il 18 aprile. Anche alla Camera del lavoro quella sera si discuteva di questo. Calogero Cangialosi, 41 anni, segretario della Cgil, salutò i presenti per tornare a casa. Da mesi era nel mirino della mafia. E per questo Vito Di Salvo, Vincenzo Liotta, Giacomo Calandra e Calogero Natoli gli garantivano un servizio di “scorta”.
Tutti e cinque uscirono dalla sede sindacale, che si trovava in piazza, e si avviarono verso via Perosi, dove Cangialosi abitava con la moglie, Francesca Serafino, di 35 anni, e i suoi quattro figli: Francesca di 11 anni, Giuseppe di 5, Michela di 3 e Vita di appena 2 mesi. Erano quasi arrivati, quando dalla parte alta della strada si udì un crepitare di mitra. Decine di colpi, sparati in rapida successione ad altezza d’uomo, si abbatterono sull’intero gruppo. Colpito alla testa e al petto, Cangialosi cadde per terra, morendo all’istante. Anche Liotta e Di Salvo furono colpiti e feriti gravemente. Miracolosamente illesi rimasero, invece, Calandra e Natoli.
“Con Calogero Cangialosi ricordiamo una stagione eroica delle lotte per il lavoro e la democrazia in Sicilia – dichiara Dino Paternostro, responsabile dipartimento Cultura e memoria storica della Cgil Palermo – Cangialosi, insieme agli altri dirigenti sindacali, sostenuti da un imponente movimento contadino e bracciantile, hanno costruito condizioni di vita e di lavoro più civili in una terra dominata dagli agrari e dalla mafia. Hanno lottato a pugni nudi, hanno sacrificato la vita, ma la Sicilia è uscita dal feudalesimo. Oggi, in forme diverse, e in loro nome dobbiamo continuare quell'impegno e quelle lotte, perché abbiamo ancora bisogno di futuro, di diritti, di lavoro, di civiltà”.
Dopo la sua morte, passarono quattro giorni prima che un giudice di Trapani decidesse di raggiungere Camporeale per esaminare la salma. Ai funerali parteciparono tutti i contadini del paese e dei comuni del circondario. Accanto ai familiari di Cangialosi c’era anche il segretario nazionale del Partito Socialista, Pietro Nenni, venuto per onorare il suo compagno di partito, 36° sindacalista assassinato dalla mafia in quegli anni, subito dopo Placido Rizzotto ed Epifanio Li Puma.
Per quest’omicidio, non fu mai imbastito un processo nonostante tutti sapessero che a impartire l’ordine di morte era stato il proprietario terriero don Serafino Sciortino, dove Cangialosi lavorava come mezzadro. A sparare furono il capomafia Vanni Sacco e i suoi “picciotti”. Si procedette contro ignoti. E sulla vicenda cadde il silenzio.
La “punizione” scattò dopo che il capolega aveva rivendicato che il grano fosse diviso, come per legge, il 60 per cento ai contadini e il 40 per cento ai proprietari. Cangialosi prima venne sequestrato, l’intenzione era di ucciderlo, come la mafia di Corleone aveva fatto con Rizzotto. Ma i contadini della Camera del lavoro di Camporeale riuscirono a scoprire il luogo in cui era tenuto e prigioniero e a liberarlo. Questo avvenne quattro giorni prima che lo uccidessero.
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