Don Francesco Romano / Don Cosimo Scordato
La televisione continua a offrirci le immagini impietose del terremoto, che ha devastato zone significative della Turchia e della Siria; le immagini riprendono soccorsi, con bambini estratti dalle macerie, ma anche il crollo di palazzi che si ripiegano su se stessi, mentre un sibilo strano fa da colonna sonora come a tacitare pianti e singhiozzi inconsolabili.
Le domande si susseguono, riaffiorano ricordi di altri terremoti e restiamo con lo sguardo perso nel vuoto.
Ma avvertiamo quasi un trauma nello scorrere delle notizie e delle immagini quando vengono dati aggiornamenti sul prosieguo della guerra in Ucraina con altri bombardamenti, devastazioni e morti, che si assiepano sui due fronti; in questo contesto, più forte si fa per noi lo stridore tra il terremoto come assestamento naturale della terra, col sollevarsi della crosta terrestre con tutto quello che di dolente si porta appresso nei territori abitati dall’uomo; e il dissestamento dei territori, provocato per mano dell’uomo, con le distruzioni indicibili della guerra, che ci obbligano a ridisegnare quegli scenari, che avevamo costruito pensando al possibile equilibrio geopolitico tra i popoli della terra.
Dinanzi al terribile terremoto di Lisbona del 1755, trattandosi di un fatto naturale, Voltaire, prendendo la parola in un dibattito molto acceso, chiamava in causa Dio e si opponeva alla proposta della Teodicea di Leibniz, il quale affermava che l’uomo non è in grado di capire che il singolo elemento negativo è solo un tassello che concorre all’armonia del tutto; con questa prospettiva, avremmo avuto voglia di chiedergli: la singola persona che fine fa? Ma, dinanzi alla guerra, che è una scelta umana, è inevitabile chiamare in causa l’uomo, il quale, in preda a un delirio di onnipotenza, spesso perché armato di armi più forti, ritiene di essere dio/padrone della terra e di disporre della vita degli altri.Un’altra notizia, però, viene a interrompere questi nostri tumultuosi pensieri, quasi a riscaldare il nostro stato d’animo, appesantito ulteriormente dalle notizie del freddo e della neve caduta anche nelle zone terremotate. La bella notizia è che decine di nazioni, oltre a esprimere messaggi di solidarietà ai presidenti delle due nazioni colpite dall’apocalisse, stanno inviando, con sorprendente tempestività, soccorsi nelle zone terremotate, mettendo a disposizione protezione civile, medici, medicinali, risorse. Un «terremoto di solidarietà», insomma, che fa convergere popoli e iniziative, che si ritrovano improvvisamente insieme a soccorrere un popolo in sofferenza. Per un istante dimentichiamo chi sia Erdogan e cosa è avvenuto negli anni passati nella martoriata Siria e non vogliamo neppure sapere che tipo di governo regge le nazioni, che stanno aderendo a questo circuito virtuoso di solidarietà; piuttosto ci piace pensare che, in questa circostanza, una sorta di «legge della terra» viene a integrare la cosiddetta «legge del mare», che spinge ogni pescatore a soccorrere un altro pescatore quando si trova in pericolo.
Tutto questo ci spinge verso una evidenza importante: tutte le scoperte scientifiche e tutte le risorse di cui disponiamo hanno senso soltanto quando vengono finalizzate a beneficio dell’uomo al fine di superare difficoltà, lenire sofferenze, promuovere qualità della vita; quando questo non avviene e le conoscenze vengono orientate a produrre armi sempre più sofisticate, pericolose e costose per creare nemici e colpirli, allora l’umanità sta perdendo se stessa e implode come quel titano, dai piedi di creta, che crolla su se stesso.
Tornando al terremoto, siamo consapevoli che esso è riconducibile agli assestamenti naturali della crosta terrestre, delle cui trasformazioni abbiamo ancora molto da comprendere al fine di poterci organizzare per prevenire, limitare i pericoli e tenerci pronti perché, in caso di danno, possiamo unire le forze e creare un sussulto mondiale di solidarietà; ma, per la «crosta cerebrale» di chi si sente dio della terra e degli uomini, ci stiamo attrezzando per prevenire gli esiti folli del suo delirio, sgombrando il terreno dalle armi e dall’accumulo di potere, pronti per unire le forze morali e prevenire i danni delle sue spietate velleità?
Dovremmo pensare a interventi di «pronto soccorso mondiali» che, accanto a una Onu rinnovata, sia in grado di mettersi in mezzo per impedire il precipizio del conflitto.
Ci sentiamo vicini e siamo grati a quanti si stanno affiancando al lavoro di salvataggio e di recupero nelle zone colpite e ci confermiamo nella persuasione che, solo pensando e promuovendo una vita solidale, coltiviamo il vero antidoto, che premunisce dal contagio di chi «terremota» l’umanità!
GdS, 11/2/2023
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