GIANLUCA FLORIDIA*
I profeti, si sa, parlano più con in fatti che con le parole. E di fatti, densi di passione e di vita, in Giuseppe Fava se ne possono trovare tanti. Non solo in relazione alla sua costante azione di denuncia, aperta e frontale, del Potere. Non solo in relazione al suo coraggio che ce lo fa ricordare il 5 Gennaio, anniversario del suo assassinio (in particolare la sera del 5 Gennaio di fronte al teatro Stabile di Catania) avvenuto nel 1984 per mano mafiosa, giorno del memoriale in cui occorre dare attenzione all’incontro vivo tra fatti storici (imprese – non eroiche – del personaggio di ieri) e l’oggi delle nostre vicende umane (altrimenti la memoria sarebbe un reiterato e sterile ricordo).
Ma a partire, anzitutto, dai comportamenti che hanno caratterizzato la sua luminosa figura di uomo appassionato della vita:
“Pippo Fava è uno che ha scritto un sacco di libri, e di cose di teatro anche. Però Pippo Fava non è mica uno importante. Per esempio arriva una Centoventiquattro scassata, dalla Centoventiquattro esce uno con la faccia da saraceno e un’Esportazione che gli pende dalla bocca e ride e quello è Pippo Fava…”. Questo l’incipit del leggendario editoriale “Un uomo” scritto da Riccardo Orioles subito dopo la morte del “Direttore”, firmato da tutta la redazione de I Siciliani, periodico di cultura, attualità, anche di inchieste sulla mafia, che a Giuseppe Fava costa cinque proiettili alla nuca da vivo, e da morto depistaggi e “mascariamiento” tipico della mentalità mafiosa: “Sarà stato il suo amore per le donne? Sarà stata questione di soldi o di gioco?” Persino nell’ambito della inchiesta giudiziaria inerente al suo omicidio, l’applicazione della legge La Torre sulle indagini patrimoniali agli indagati la devono subire i giovanissimi redattori del giornale e non i mafiosi e i loro amici complici della “Catania bene”.
Lo “Spirito di un Giornale” di questo profeta laico dei nostri giorni, continua a soffiare e a generare vocazioni all’impegno civile e nuovi carismi. C’è un filo rosso, infatti, che lega, ad esempio, le lotte de I Siciliani negli anni ’80 per un’applicazione popolare della legge Rognoni- La Torre alla più recente battaglia per l’uso sociale dei beni confiscati, promossa da Libera nel ’96 con la raccolta di oltre un milione di firme. Per questo I Siciliani e la storia di Pippo Fava rappresentano un modello di analisi e di lotta, di testimonianza di come la Memoria può farsi Impegno.
Dicevamo della profezia, che non è predizione di futuro ancora da scrivere, ma certamente capacità laica di discernimento dell’essenziale nella Storia come ricorda sempre il prof. Bruni, economista e biblista. Rispondere alla chiamata a proferire, parlare a nome di altri. Pippo Fava ha scritto, a partire da “I quattro Cavalieri dell’Apocalisse mafiosa” del primo numero de I Siciliani con una lucidità profetica tale sulla mafia come Potere, prima ancora che come manovalanza criminale, che quell’articolo potrebbe essere stato scritto oggi.
La forza delle mafie sta fuori dalle mafie (Nando dalla Chiesa): i diversi livelli ai quali si articola il Potere, di cui la mafia criminale non è che il braccio armato di “capicantiere-boss” asserviti alla Borghesia mafiosa, sono delle categorie che spiegano molto bene l’evoluzione delle mafie. Solo che Fava queste cose le scriveva 37 anni fa e anche prima. Noi facciamo fatica ad accettarle oggi.
Grazie a Dio, di “Concorso esterno capovolto” (Ardita, Cosa Nostra Spa) se ne comincia a parlare con una maggiore consapevolezza: le relazioni esterne all’ala militare, colletti bianchi e area grigia, sono messe a fuoco come centri di potere che si servono delle masse disperate dei quartieri popolari relegandole alle questioni di armi, mentre ai livelli alti si rigenerano nuovi equilibri e convergenze.
Rileggere “I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse mafiosa” (gli articoli sono disponibili sul sito della Fondazione Fava, www.fondazionefava.it ), “Allonsanfan” di Riccardo Orioles, le inchieste de I Siciliani Giovani, le attività in rete con le forze propositive della società, a partire dalla scuola, ci sembrano il modo migliore per continuare a costruire percorsi di Liberazione secondo l’esempio appassionato di Pippo Fava.
A proposito del “pro-ferire”, del sentirsi chiamati a parlare a nome di molti, alcune citazioni conclusive:
“Noi non ci sentivamo, a partire dal direttore, dei grandi giornalisti, ci sentivamo dei portavoce, gente che faceva un lavoro, diciamo per conto di qualcun altro”, (Riccardo Orioles, 1984, Raccolta di scritti in Allonsanfan, Melampo Editore)
“Io ho un concetto etico di giornalismo, un giornalismo fatto di Verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali. tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo” (da Lo Spirito di un Giornale di Pippo Fava).
Gianluca Floridia
Libera - coordinamento di Ragusa
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