“Mettano via le mani da autori che con la loro politichetta non c’entrano niente. Ci vorrebbe una legge per impedirgli di parlare di cose che ignorano”. Il ministro della Cultura “schiera” il poeta tra i fondatori del pensiero della sua parte politica. Massimo Cacciari gli risponde in questa intervista: “Era un eretico che scriveva perché tutti capissero”
DI RAFFAELLA DE SANTIS
«Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri». Non poteva passare in sordina la dichiarazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che ieri è piombata nel bel mezzo dell’evento organizzato da Fratelli d’Italia a Milano in vista delle prossime elezioni regionali. Nel corso della giornata Sangiuliano ha spiegato che la «visione dell’umano della persona che troviamo in Dante» così come la «costruzione politica» sono «profondamente di destra». Il primo a rimanere sconvolto da tali affermazioni è Massimo Cacciari che inizialmente ride, poi si inalbera.
Come mai ride? «Che cosa devo fare?
Non si può che ridere di fronte a esternazioni del genere, che tra l’altro ricorrono a categorie novecentesche, come destra e sinistra, che non mi sembrano molto aggiornate».
Cacciari a Dante ha dedicato scritti e riflessioni, introducendo anche il Paradiso nell’edizione della Divina Commedia uscita in edicola con Repubblica .
Proviamo invece a passare a un piano di riflessione più seria, a storicizzare, se possibile, questo tipo di appropriazioni culturali.
«Questa velleità di appropriarsi di alcuni “fondatori della patria”, è un vizio della destra storica. Pensiamo al fascismo che ogni volta che si dovevano celebrare anniversari, trasformava i cosiddetti padri della patria in una sorta di “precursori”».
È successo solo in Italia?
«Sono appropriazioni avvenute nell’Italia fascista come nella Germania nazista, caratteristiche di tutte le destre storiche europee.
Speravo che fossero passate di moda. Credevo che le grandi celebrazioni in senso nazionalistico per Goethe, Wagner, Nietzsche o per la poesia medievale tedesca o per Walther von der Vogelweide fossero un ricordo del passato. Erano maniere per celebrare i propri santi, i propri eroi, i propri poeti, i propri artisti monumentalizzando le loro figure in senso nazionalistico e contrapponendole alle culture “altre”».
In che modo la cultura può diventare un mezzo per costruire una narrazione patriottica?
«Come dicevo è pura retorica nazionalistica che non considera la realtà: quello che veramente conta nella cultura europea è che le sue grandi espressioni artistiche, letterarie, anche filosofiche, formano una famiglia. Non a caso le destre hanno cercato di rovinare questa intesa, questa affinità elettiva.
Speravo che non accadesse più.
Ahimè, il peggio non è mai morto».
Veniamo al merito: come mai il
ministro Sangiuliano ha scelto secondo lei di citare Dante?
«Ma come si fa? Dante è un rivoluzionario, un eretico, un uomo contro tutti. Dante è esule nei confronti di qualsiasi casa politica consolidata del suo tempo, a cominciare dalla teologia politica ufficiale. Può essere di destra tutto questo? Può essere di destra il fatto che un intellettuale all’inizio del XIV secolo scriva un libro come il Convivio in volgare perché la quintessenza di una filosofia possa essere compresa anche da chi non sa il latino? Si tratta di un’operazione contraria a ogni spirito di conservazione. E prendiamo il De Vulgari Eloquentia , considerato il primo trattato di linguistica: un testo rivoluzionario dedicato a come si costruiscono le lingue può essere letto in chiave conservatrice? Ma scherziamo…».
Eppure Dante è stato spesso tirato per la giacca e piegato a letture di comodo.
«Ma qui siamo oltre. Non si può fare di un innovatore un conservatore.
Tutti i grandi dantisti, da Bruno Nardi a Gennaro Sasso, hanno spiegato e rispiegato come Dante non sia catalogabile all’interno di nessuna delle grandi scuole che formavano la cultura scolastica. Dante fa un’operazione straordinaria perché cerca di accordare le varie tradizioni ma sulla base di una prospettiva tutta sua. Può essere considerata di destra l’operazione incredibile che fa nel Paradiso quando mette insieme Tommaso D’Aquino, San Bonaventura e i due loro oppositori più strenui Gioachino da Fiore e Sigieri di Brabante? Se tutto ciò è destra, bene allora io sono di destra».
Consideriamo allora l’idea di impero di Dante. Potrebbe servire allo scopo?
«L’impero dantesco non ha niente di nazionalistico o autoritario. È un impero ex nationibus , una forma politica sovrastatale fatta di tante lingue, formata da tante nazioni, ognuna delle quali rivendica la sua autonomia, la sua importanza e la sua forza. L’impero di Dante non è una forma nuova di dittatura e di autorità supernazionale. È invece l’impero che si forma dalla concordia delle nazioni. L’idea è talmente originale da mettergli tutti contro, dalla Chiesa alle nuove filosofie politiche. Come ho già scritto, la grandiosità del Monarchia, che non a caso è messo all’indice, è proprio questa: che può apparire un’operazione passatista ma non lo è affatto. La Roma a cui guarda Dante è la patria del diritto su cui si fonda la civiltà giuridica europea».
Chi era allora Dante tirando le somme?
«Dante non è una persona etichettabile neanche all’interno della propria vicenda storica. È un assoluto solitario. È un eretico nel senso letterale del termine che rimanda al greco aireis: è colui che si solleva contro ogni già detto, ogni già fatto. Come si può dire che è destra?».
Non è la prima volta che Sangiuliano cita pilastri della nostra cultura letteraria e filosofica come baluardi di un’identità nazionale. Lo aveva già fatto con Leopardi.
«Il pessimismo leopardiano è totalmente impolitico. La sua radicalità deriva da certe correnti dell’illuminismo ma si tratta di una “solitudine ospitale”, come ho scritto in un mio saggio. Per Leopardi proprio perché la natura ci condanna all’infelicità occorre essere solidali tra noi, che è poi l’essenza del pensiero di Schopenhauer. Leopardi è un rappresentante del grande pessimismo europeo».
Dunque la sua “italianità” è un altro abbaglio?
«Mettano via le mani da questi autori che con la loro politichetta non c’entrano niente. Cessino di parlare di cose che ignorano e soprattutto di questi grandi solitari. Farei una legge che gli proibisca di parlare di Dante e di Leopardi».
Sangiuliano dice di no, ma sembrerebbe un tentativo di scalzare l’egemonia culturale di sinistra.
«Ma quale egemonia? Ci sono grandissimi personaggi che sono appartenuti alla destra: hanno il più grande filosofo italiano del Novecento, Giovanni Gentile, e nel mondo cattolico un personaggio come Augusto Del Noce. Hanno Gianfranco Miglio, un grande politologo. Perché invece di dire queste puttanate non citano le pagine bellissime di Gentile su Dante?».
Il filosofo Massimo Cacciari è professore emerito al San Raffaele di Milano. Il ministro Gennaro Sangiuliano è attualmente ministro della Cultura nel governo Meloni
La Repubblica, 15/1/2023
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