Palmiro Togliatti ferito dopo l’aggressione Sotto, a sx: Antonio Pallante mentre viene condotto in aula per il processo, nel giugno del 1949 |
Nel 1948 attentò alla vita di Togliatti, segretario del Pci Un gesto che non andò a segno, ma cambiò l’Italia La morte, il 6 luglio scorso, è stata annunciata ora dai figli
Aveva cercato un’occasione d’incontro con il segretario del Partito Comunista Italiano. Si era mosso dalla Sicilia, destinazione Via delle Botteghe Oscure attorno alla metà di luglio 1948. Ma Antonio Pallante non riuscì a incontrare Palmiro Togliatti. Pensò di organizzare un attentato, un gesto isolato e simbolico che avrebbe dato forza e spessore alle ragioni dell’anti comunismo: «Mi misi in testa un’idea molto precisa. Se Togliatti fosse morto l’Italia si sarebbe salvata. Pensavo che quello fosse l’unico modo di evitare l’invasione dei sovietici, dovevo farlo e l’ho fatto. Ma da quel giorno non mi sono più occupato di politica».
Colpire un simbolo, il riferimento principale del comunismo nella sua piena dimensione storica: dirigente dell’Internazionale comunista e protagonista della costruzione dell’architettura costituzionale della nuova Repubblica. L’attentato del 14 luglio 1948 è prima di tutto uno sparo contro un’opzione ben precisa nello scontro bipolare inaugurato dai primi passi della Guerra fredda.Pallante è morto l’estate scorsa a 99 anni, la notizia è giunta ieri, con sorprendente ritardo accompagnata dalle parole del figlio sul significato di quella lontana missione incompiuta: «Mio padre ci ha sempre detto che quel gesto lo ha fatto semplicemente perché da studente vedeva qualcosa che poteva essere una minaccia per la democrazia, intravedendo il legame tra Togliatti e l’Urss». Scorre così l’immagine di un Paese spaccato, attraversato dalle tensioni di una fase cruciale della sua storia: l’ingresso nella democrazia delle masse insieme alla costruzione di un segmento del costituendo sistema internazionale del dopoguerra. L’attentato fallisce nel suo disegno omicida. Pallante attende Togliatti all’ingresso secondario della Camera dei deputati in via della Missione, una sorta di agguato. Il Migliore è in compagnia di Nilde Iotti, esce da una via secondaria per eludere attenzioni della stampa e meccanismi di sorveglianza. I proiettili lo colpiscono alla nuca e al polmone sinistro, viene trasportato al Policlinico Umberto I, operato d’urgenza dal professor Valdoni conserva la lucidità necessaria per prendere posizione, comunicando ai vice segretari Longo e Secchia di mantenere la calma, evitare ogni reazione violenta che possa condurre verso le premesse di una guerra civile. Una scelta precisa che va al di là della gravità del momento, persino oltre gli effetti del crimine tentato quella mattina. L’attentato a Palmiro Togliatti assume i contorni e i contenuti di un collaudo inatteso sulla tenuta del sistema, sulla forza della democrazia in cammino, sui rischi veri o presunti di una deriva incontrollabile segnata da uno scontro frontale tra le parti, tra le immagini prevalenti in chiave nazionale del confrontoEst-Ovest. I due fattori che precedono il gesto di Pallante confermano le premesse di una nuova pagina iscritta nelle forme di una responsabilità collegiale, nell’architettura condivisa che tiene insieme una comunità nazionale. Le reazioni all’attentato misero a dura prova gli equilibri del 1948: la Costituzione della Repubblica era entratain vigore da pochi mesi, la Dc aveva stravinto le elezioni poche settimane prima, il 18 aprile 1948. Due punti fermi imprescindibili per chi sostiene le ragioni della democrazia, l’itinerario di un sistema politico che muove i primi passi. Non viene varcato il limite del confronto aspro tra le parti, non una resa dei conti a fronte delle proteste che portano a un bilancio di piazza impegnativo: oltre dieci caduti, centinaia di feriti negli scontri tra polizia e manifestanti. Il partito nuovo che Togliatti vuole costruire si basa sulla dimensione territoriale, sulla capacità di raccogliere e rappresentare interessi stratificati e plurali: dove il Pci è più forte la protesta appare più ordinata e coerente con le prime parole pronunciate dal segretario in un letto di ospedale: «Sono fuori pericolo, presto tornerò al mio posto». Una reazione moderata e rasserenante che non mette in causa l’esito delle elezioni politiche pur in presenza di spinte e posizioni che avrebbero auspicato una radicalità maggiore, fino alla richiesta delle dimissioni in blocco della maggioranza di governo. Togliatti prende le distanze, affermerà che sarebbe stato più giusto dividere il blocco delle forze raccolte attorno alla Dc, puntare il dito sulla gestione dell’ordine pubblico, sul ministro dell’Interno Mario Scelba piuttosto che prendersela con l’intera compagine governativa. La contestuale vittoria di Gino Bartali di una tappa e poi del tour de France aiutarono a rasserenare gli animi. Il collaudo traumatico della giovane democrazia italiana poteva dirsi superato: il tracciato di un percorso comune risultò più forte di attentati, fratture e traumi.
La Repubnlica, 3 gennaio 2023
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