Per il 44° anniversario i familiari delle 108 vittime si sono riuniti Assieme a Libera piantato un albero di canfora al parco Uditore
Umberto Lucentini
Chiedono che non venga definito «l’incidente aereo», ma che sia ricordato - e sia da speranza per avere piena verità su quanto successo- come «la strage di Punta Raisi del 23 dicembre 1978» che provocò 108 morti e registrò il miracoloso numero di 21 sopravvissuti, passeggeri del volo Roma-Palermo salvati dai pescatori di Terrasini che si accorsero di quanto avvenuto, allertati dal kerosene che si riversò in mare e dalle urla di chi era finito in mare ancora vivo.
I familiari delle vittime del volo di linea Alitalia 4128, partito da Roma Fiumicino e precipitato nel Mar Tirreno a qualche km a nord dell’Aeroporto di Punta Raisi, si sono riuniti ieri al parco Uditore. Insieme ai componenti di «Libera» e a don Gabriele Virga hanno pregato intorno all’albero di canfora, piantato nel 2021 e dedicato alla strage, in occasione del 44° anniversario.
È la sera del 22 dicembre del 1978 quando il volo Alitalia AZ4128 parte da Roma diretto a Palermo e dopo circa 50 minuti di viaggio, quando è in in avvicinamento all’aeroporto di Punta Raisi sparisce dai radar alle 00:38. L’aereo, denominato «Isola di Stromboli», quando viene localizzato da alcuni pescatori a 3 miglia dall'aeroporto: è già semiaffondato e in mare galleggiano i sopravvissuti, il kerosene e i bagagli.
Una complessa vicenda giudiziaria e processuale ha finito per attribuire ai piloti la tragedia.
La maggior parte dei passeggeri ha perso la vita a causa dell’impatto, altri per le temperature rigide dell'acqua marina o per annegamento.
Una versione che non ha convinto i familiari delle vittime, che dopo anni chiedono ancora che sia fatta piena luce su quanto accaduto.
«L’emergere di zone d’ombra attorno al disastro aereo del 23 dicembre 1978 a Punta Raisi, nel quale persero la vita 108 persone, non può che lasciare sgomenti» ha commentato don Luigi Ciotti, presidente di Libera. « È l’ennesima tragedia che, archiviata in prima istanza come frutto di errore umano, lascia intravedere invece cause di altro genere. Come è accaduto altre, troppe volte, nel nostro Paese. L’augurio è allora che la magistratura possa andare fino in fondo nell’accertare ogni responsabilità. In primo luogo per il bisogno di verità dei famigliari delle vittime. Ma anche per quello di tutti i cittadini onesti che credono in una democrazia trasparente, incompatibile con le zone d’ombra o quelle mezze verità che offendono la verità non meno delle manipolazioni e dei silenzi».
L’associazione dei Famigliari delle vittime insieme a Libera , si pone ancora diverse domande: «Cosa è successo a quell'aereo? Le cui piste audio hanno parti coperte da rumori di sottofondo che ne hanno impedito la completa trascrizione ? Perché la scatola nera ha una parte mancante ? Chi c'era in aria quella sera sopra Punta Raisi? E che aeroporto è Punta Raisi, primo per pericolosità in Italia (ancora senza radar dal 1972 ) ? Perché rimane aperto nelle ore notturne contro il parere dei sindacati piloti ? E perché è il più pericoloso ? Perché cocaina e dollari transitano sul nastro bagagli proprio di questo scalo come aveva scoperto Boris Giuliano? Cosa diceva Peppino Impastato sugli interessi politico-mafiosi di questo aeroporto? E perché in un piccolo spazio di cielo sopra Palermo il 1972 e il 1980 «cadono» tre aerei civili? Perché da anni vengono diffuse informazioni false e piene di confusi dettagli tecnici su Wikipedia e sui social da qualcuno che si definisce amico personale dei famigliari delle vittime ? Queste e tantissime altre più specifiche sono le domande di chi ha perso i propri cari. Accompagnate dalla poco delicata scelta di vendere il relitto dell’aereo ad una ditta di rottamazione auto che lo posizionato in bella vista sul tetto dei propri uffici.
GdS, 24/12/2022
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