Intervista al presidente della commissione Antimafia. L’esponente dem anticipa i programmi della commissione e critica D’Alema: “Chi è in politica non può fare lobbying. Vale anche per Renzi”. La prima cosa che farò è occuparmi della scomparsa di Daouda ad Acate. Gennuso? Si è dimesso da vice e autosospeso dalla commissione
di Claudio Reale
«Uno dei problemi della politica è che la selezione della classe dirigente avviene sempre più per apparenza. La dimensione trash prevale sulle qualità reali». Il presidente della commissione Antimafia siciliana, il dem Antonello Cracolici, promette di accendere i riflettori sul caso Daouda — l’ivoriano sparito da cinque mesi nel Ragusano dopo essere battuto per i diritti dei lavoratori — e non fa sconti alla sinistra sulla questione morale che la scuote, dai casi Panzeri e Soumahoro al lobbying di Massimo D’Alema: «Chi fa politica — dice — non può diventare portatore di interessi, anche quando finisce di stare nelle istituzioni. Serve una legge».
Lei è stato vicinissimo a D’Alema.
La sinistra, però, deve affrontare i casi Panzeri e Soumahoro. Vicende più gravi del semplice lobbying.
«La principale moneta di chi fa politica è la reputazione».
Cosa dovrebbe fare chi è coinvolto?
«Panzeri non è più deputato. La vicenda Soumahoro è più complessa. Ma le dimissioni attengono alla sfera individuale. Il punto è come si seleziona la classe dirigente. Non basta diventare personaggio per aver fatto una bella intervista».
C’entrano anche le liste bloccate?
«La prima questione che deve porre il prossimo segretario del Pd è un referendum sulla legge elettorale. Ma Panzeri fu eletto con le preferenze».
Un referendum c’è stato.
«Serve una soluzione. Il Parlamento non cambierà mai la legge».
Nelle prossime ore la sua Antimafia si insedierà. Con una prima grana: il caso di Riccardo Gennuso, vicepresidente imputato per estorsione.
«Gennuso si è dimesso da vicepresidente e si è autosospeso dalla commissione. Il regolamento impedisce di essere vice con rinvii a giudizio per reati non colposi. È persino eccessivo».
Eccessivo?
«“Non colposo” significa anche diffamazione. Chi fa il suo mestiere sa che può capitare».
Resta il problema di fondo. Come evitare imbarazzi di questo genere?
«Il regolamento è quello che ho trovato. Dobbiamo riscriverlo per evitare che la commissione si trovi in imbarazzo. Ma attiene alle forze politiche. Ogni gruppo indica i suoi».
Questa legislatura inizia dopo un anno in cui il rapporto fra mafia e politica è stato spesso sui giornali.
«Lo dico con le parole del procuratore Maurizio de Lucia: la mafia che abbiamo conosciuto ha cercato di farsi politica. Ora sono i politici a cercare i mafiosi. Significa che si sono abbassate le soglie di attenzione».
A cosa si riferisce?
«Io non mi stanco di dirlo: la mafia ha perso. La Sicilia in cui crescono i nostri figli è più libera di quella di vent’anni fa. Gli antimafiosi sono più dei mafiosi. Ma abbassamenti di tensione, come gli arresti visti alla vigilia del voto, fanno circolare l’idea che, passata la buriana, si possa tornare a convivere».
Prima del voto lei ha attaccato il presidente della Regione Schifani, coinvolto nel caso Montante. Conferma il suo giudizio?
«Questa vicenda lo indebolisce. Una persona chiamata a governare una terra così complessa deve garantire credibilità. Per una parte del suo tempo dovrà occuparsi del processo. Rischia di essere un’anatra zoppa».
Nella campagna elettorale per le Regionali avete discusso anche delle candidature nel Pd dopo i rinvii a giudizio. Persone come Giuseppe Lupo sono rimaste fuori.
«Quella è una distorsione. Siamo in un periodo in cui la storia delle persone è diventata carta straccia».
Che Antimafia sarà la sua? Terrà i riflettori accesi sulla corruzione?
«Certo. Dove c’è discrezionalità c’è un rischio alto di corruzione. Se devo seguire un ordine cronologico per le pratiche, si riduce il pericolo. Poi voglio un’antimafia delle periferie».
Delle periferie?
«Voglio andare a Castelvetrano, a Favara, ad Acate. Voglio occuparmi del caso di Daouda Diane. È la prima cosa che faremo. La commissione non deve limitarsi alla narrazione».
È una critica a Claudio Fava?
«No. La narrazione è uno strumento. Ma dobbiamo occuparci della vita della Sicilia fuori dalla cronaca. Se Daouda fosse scomparso a Palermo, sarebbe stato diverso. Dobbiamo tenere gli occhi aperti su casi come quello».
La Repubblica Palermo, 24/12/2022
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