La sua vita in un libro: dall’infanzia a Praga al trasferimento nell’Isola a casa dello zio Vycpalek, fino alle affermazioni da allenatore. L’avventura nel Messina con i 25 gol realizzati da Schillaci
Guido Fiorito
Zeman arriva in giacca blu e jeans, quei jeans che non ha mai lasciato da quando, ragazzino nella Praga comunista, indossava i Rifle inviati dall’Italia da zio Vycpalek. Capelli appena grigi, è sempre lo stesso. Il viso lungo, le orecchie grandi. La voce sussurra e a volte sconfigge i microfoni su lunghezze d’onda mai utilizzate da umani. Gli occhi brillano quando prepara una battuta, perché Zeman è un quasi timido ironico. Per esempio: «A Praga nel Sessanta tiravano spesso fuori dalla porta. Anche oggi in serie A succede lo stesso».
Ha scritto un libro che racconta la sua lunga vita. S’intitola «La bellezza non ha prezzo» (Rizzoli). Lo ha scritto assieme al giornalista Andrea Di Caro, altrimenti le pagine sarebbero molto meno. Perché Zeman pensa e parla per frasi brevi. Il cinema Rouge et Noir è pieno. «Non sono qua per il libro ma per vedere tanta gente che non vedo da tempo, è cresciuta con me e mi ha fatto crescere», sono le sue prime parole. E scatta un applauso. «Pensavo che più bello di Praga non c’era e poi ho visto Mondello. Strano a Palermo ho fatto tanti altri sport più del calcio: pallamano, pallavolo, allenatore in piscina per il Lauria. Istruttore nelle palestre per aggiustare le signore».
Il libro racconta tutta la vita di Zeman, dall’infanzia a Praga, al trasferimento in Sicilia a casa di Vycpalek fino alle affermazioni da allenatore ovvero «La bellezza di aver vinto con la bacheca vuota». Il mito palermitano di Zeman inizia nell’estate del 1969. La primavera di Praga è stata chiusa dai carri armati, Sdenko resta a casa Vycpalek, vecchia bandiera rosanero. A Palermo Zeman trova amici, l’amore, la possibilità di far germogliare la sua idea di squadra, legata al modulo 4-3-3 e ai movimenti di tutti i giocatori. «Dell’arrivo a Palermo ricordo il cielo senza nuvole, forse c’erano ma non le ho viste. Con mio zio ci divideva la canzonetta, io ero per Battisti, lui per Mina. Ci fu la disgrazia della morte di Cestino nella tragedia aerea di Montagnalonga per me era come un fratello, lo zio ci trattava in modo eguale». Poi, in una galleria d’arte, conosce la moglie, Chiara Perricone. «Sembrava uscita da un quadro, con il cappello verde, un sorriso solare e contagioso» ricorda nel libro. La corteggia e la sposa a Santa Cita. «Ci è cascata», scherza oggi -. Il prossimo 27 gennaio saranno 50 anni di matrimonio». Due figli Karel e Andrea.
Dopo esperienze a Cinisi, Bacigalupo, Carini, Esakalsa, Misilmeri, nel 1974 le giovanili del Palermo. «All’inizio avevo solo due ragazzi. Facevo provini dietro la gradinata, mi bastava vedere il palleggio. Quella squadra fa un torneo a Torino e incanta tutti. «È una piccola Olanda», scrivono. «Dovunque - dice - mi sono portato dietro l’odore aspro dei campi in terra di Sicilia. Quello di Licata era mista a rocce, ci abbiamo messo tanta sabbia. Nella Coppa Italia sembrava di giocare a Mondello. Il sole rifletteva sul campo e abbagliava. Le squadre avversarie dovevano mettersi gli occhiali scuri per giocare, noi eravamo abituati. C’era poco interesse ma noi eravamo la nazionale di Sicilia. È questa la prima Zemanlandia».
Il resto è storia, il supercorso a Coverciano con Sacchi («lui al test di ansia aveva 95% e io zero), poi viene il Messina dei 25 gol di Schillaci. «Il presidente Massimino era un tifoso strano, prima della partita girava con cavallo bianco attorno al Celeste. Voleva cambiare maglia a Schillaci: gli diamo l’11 e non più il 9 così non lo marcano». la stagione rivelazione a Foggia, e poi la Zemanlandia a Foggia, il secondo posto con la Lazio, gli anni difficili di Roma quando la denuncia dei farmaci nel calcio gli mette contro il sistema che non vuol cambiare. Infine ancora lo spettacolo del Pescara di Verratti, Insigne e immobile.
Resta il sogno non realizzato di allenare il Palermo maggiore. «Mi piacerebbe? Io non mi immagino niente, vivo nel presente. Sono contento che si sia ripreso in campionato. Zamparini mi ha chiamato più volte. Ero a disposizione. Ma ho capito che gli è stato impedito di prendermi». Si tuffa nel rito delle firme dei libri. «Sto bene in salute, sono stato felice ogni giorno anche se la vita è fatta anche di tristezze». (*gf*)
GdS, 22/12/2022
Nessun commento:
Posta un commento