Osvaldo Baldacci
Oggi i politici si definiscono leader ma non lo sono, piuttosto inseguono i sondaggi. Senza partiti non c’è politica, e senza politica gli squilibri sociali crescono». Lo sostiene Ugo Intini, politico socialista e giornalista già direttore dell’Avanti!. Il quale ha voluto ricostruire la storia del secolo scorso attraverso il racconto di 48 testimoni da lui ascoltati personalmente e raccolti nel libro edito per Baldini+Castoldi «Testimoni di un secolo».
Ha raccontato quasi un secolo di politica, cosa pensa della situazione attuale?
«Oggi si può dubitare che esista la politica in Italia, perché non ci sono più i partiti. L’Italia nel mio libro è l’Italia dei partiti, che erano i soggetti della politica e anche la scuola di politica. Erano e sono strumenti fondamentali: quando c’era la politica si parlava magari troppo di questione meridionale ma si facevano anche cose concrete, ora neanche se ne parla più. Il gap tra il Mezzogiorno e il nord si è allargato a dismisura in mancanza di politica, così come il gap tra poveri e ricchi. La politica infatti tende a temperare, riequilibrare, mentre oggi in assenza dei partiti gli squilibri diventano sempre maggiori».
Che è successo?
«La disgregazione dei partiti è un fenomeno che si verifica ovunque ma in Italia si è sviluppato ancora di più, e infatti in Italia la politica è più fragile. Un tempo il sistema elettorale dava la maggioranza a chi l’aveva realmente anche nel Paese, i vecchi pentapartiti raccoglievano consensi numericamente molto maggiori rispetto alle nuove coalizioni degli ultimi decenni, e così non si poteva certo dubitare della democrazia di quel sistema. Oggi appena 3 italiani su 19 hanno votano il partito di Giorgia Meloni, e rispetto agli aventi diritto il centrodestra è molto piccolo rispetto alla rappresentanza espressa nella Prima Repubblica. Poi non c’è più piena democrazia quando non devi conquistarti i voti ma vale solo la fedeltà al capo che peraltro di solito sbaglia nel giudizio».
Leader non all’altezza?
«Si parla tanto di leader, ma in realtà oggi i capi politici sono tutt’altro che leader, non guidano i cittadini, piuttosto sono pecore che attraverso i sondaggi seguono il gregge, quello che credono la gente voglia».
Oggi la qualità della classe politica è peggiore?
«Adesso i dirigenti politici non sono meglio o peggio di quelli di prima, ma a differenza dei predecessori si muovono nel nulla. C’erano politici di basso livello anche prima ma avevano alle spalle le strutture dei partiti e l’esperienza che si doveva fare per gradi. I politici venivano testati sul piano della pratica e del carattere. Riporto una teoria che ho imparato dai cattolici e da Andreotti: la grazia di stato/status. Vale a dire che se uno acquisisce un certo ruolo – mettiamo diventa cardinale - arriva lo Spirito Santo e gli fa la grazia di acquisire le capacità per svolgere quel ruolo degnamente. Tradotto: il grande carisma della Chiesa fa sì che un cardinale anche modesto acquisti autorità da questo carisma, grazie a organizzazione, struttura, esperienza. Ecco: i partiti davano la grazia di stato, sostenevano chi acquisiva un ruolo».
C’è un sentimento antipolitico ancora diffuso?
«Un elemento che toglie autorevolezza e credibilità alla politica è il trasformismo: non tanto quello dei singoli quanto quello dei partiti. Comunisti che all’improvviso diventano liberisti facendo dimenticare di essere (stati) comunisti; eredi del movimento neofascista che cercano di far finta di niente, che non ci sia un passato. E poi la gente avverte la sostanza, e la sua insofferenza è dovuta al fatto che percepisce che dal ‘92 in poi l’Italia è andata indietro del 30% rispetto ai Paesi simili. Colpa della politica ma anche di un dato strutturale: essere uno dei Paesi più vecchi del mondo, con i giovani che vanno via e che comunque sono tra i meno istruiti del mondo occidentale».
Come pensa che si svilupperà l’azione del nuovo Governo?
«Penso e spero che il tasso di trasformismo resti alto, così alla fine anche questo Governo farà né più né meno quello che è necessario e quindi niente di traumatico».
Nel libro cita alcuni aneddoti relativi alla Sicilia…
«Nenni per le elezioni del 1948 formò il Fronte Popolare con i comunisti, perché si occupava della povera gente cui non interessava la geopolitica di Washington e Mosca. Eppure la sconfitta del ‘48 era prevedibile: proprio in Sicilia nelle regionali del 1947 (le prime in Italia) l’alleato PCI meglio organizzato aveva surclassato i socialisti che pure erano teoricamente maggioritari. C’è poi la storia di un personaggio siciliano interessante, Vanni Montana, espressione dell’emigrazione italiana che rappresentava un mondo ambiguo ma spesso di buon cuore, e che teneva i rapporti con l’Italia dei sindacati americani che finanziavano i socialdemocratici antifascisti e anticomunisti. Infine ricordo anche Nicola Badalucco, capo redattore dell’Avanti!, primo giornalista anti-mafia che nel 1955 realizzò la clamorosa inchiesta che portò a individuare gli assassini del sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso nell’indifferenza del resto della stampa. Badalucco poi fu colui che creò per la Rai lo sceneggiato La piovra». (oba)
GdS, 5/11/2022
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