di CLAUDIA BRUNETTO
Egbon guida l’associazione che ha strappato tante ragazze alla prostituzione “Per non farle ricadere nella trappola è necessario che abbiano un lavoro”
Ha fatto da sorella maggiore e da madre alle ragazze del suo Paese che pensavano di non farcela. Che non trovavano la forza di ribellarsi ai loro aguzzini e di riprendere in mano la propria vita. Dopo sette anni di lavoro, Osas Egbon che guida l’associazione di nigeriane “Donne di Benin City”, di traguardi ne ha raggiunti. Il più importante: una settantina di ragazze nigeriane strappate alla strada che adesso seguono tirocini di formazione e sperano di trovare un lavoro. E nella diciottesima giornata europea contro la tratta celebrata ieri, Egbon, rilancia il suo appello.
«Il primo problema è fare uscire le donne dal giro della tratta – dice al presidente dell’associazione che ha vissuto sulla sua pelle il racket della prostituzione – Ma il secondo è quello che viene dopo: trovare un lavoro per renderle davvero libere ed evitare che cadano di nuovo in trappola». Tante non si vedono più lungo i viali della Favorita, in via Lincoln, sul lungomare di via Messina Marine. Un anno fa sarebbe stato impossibile soltanto pensarlo. Invece il percorso dal basso ha funzionato. Incontrarle sui posti dove erano costrette a prostituirsi, parlare la loro lingua, prospettare un’alternativa, anche soltanto un tetto sulla testa per dormire la notte.
«Questo è stato possibile con l’impegno di tutte le donne dell’associazione – racconta la presidente – E poi ci sono stati anche degli strumenti che hanno aiutato. L’assegno unico per i figli, per fare un esempio. Ma anche la possibilità di trovare una casa tramite l’Agenzia per la Casa del Comune».
E poi il banco alimentare che l’associazione ha attivato durante i duri anni della pandemia e riesce ancora a portare avanti. «Garantiamo il servizio ogni mese – dice Egbon – Tante ragazze, soprattutto quelle con bambini piccoli, hanno trovato così la forza di lasciare la strada» . E c’è chi preferisce chiedere l’elemosina invece di farsi sfruttare. «Lo fanno per i figli che sono nati a Palermo – racconta Egbon – per loro vogliono una nuova vita».
L’associazione “Donne di Benin City” che nella sede della Cgil in via Roma ogni mercoledì pomeriggio e giovedì mattina tiene aperto uno sportello di ascolto e informazione per le donne in cerca di aiuto, ormai conta dieci donne. E sono sempre di più quelle che si fanno avanti per dare una mano. «Le aiutiamo nelle pratiche burocratiche – racconta Egbon – Per ottenere i documenti, per la residenza, per il medico. Per tutto. A volte hanno anche difficoltà a capire la lingua. Negli ultimi anni abbiamo affrontato anche casi di violenza domestica. Abbiamo sostenuto le donne nella denuncia e non ci tiriamo indietro».
La vera scommessa di riscatto, però, resta il lavoro. L’ha ribadito, ieri, la presidente dell’associazione dal tavolo dell’incontro “Dopo la tratta: il difficile percorso di riappropriazione della vita”, organizzato al centro ItaStra. «D’improvviso non sanno come vivere – dice Egbon – E cercano un lavoro. Le poche proposte come colf o badante spesso sono in nero e con dei ritmi di lavoro difficili da conciliare con la vita di mamma, visto che quasi tutte hanno bimbi piccoli. È dura. Serve anche il sostegno delle istituzioni».
La Repubblica Palermo, 19/10/22
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