Il murale. L’opera realizzata dall’associazione Calapanama per il centenario
Il centenario dell’attore: la casa di via San Gregorio, la Sala Italia, i negozi dei parenti La mappa dei luoghi della memoria che volle rivedere dopo la morte di Franco Franchi
di MARIO DI CARO
Quando Francesco Ingrassia non era ancora il Ciccio nazionale viveva la Palermo verace dei vicoli del Capo. Lì, dopo aver attraversato il mercato ancora così rutilante, imboccando la stradella via San Gregorio si arriva al numero civico 16 dove una targa ricorda l’attore palermitano nato nell’ottobre di cent’anni fa e il suo ottimistico motto “ al meglio non c’è mai fine”. È un casupola modesta, porta in metallo e terrazzino nascosto da un velo, che nel ’ 43 fu colpita da una bomba degli Alleati. Oltre la porta, in quella stanza di cinque metri per cinque che formava l’intera abitazione, il tormentone “Soprassediamo?”, l’urlo disperato di “ Amarcord”, la Volpe del “ Pinocchio” tv, l’Esorciccio, il brigante di “ Rinaldo in campo” e la sfilza di personaggi dei centotrentadue film girati con la sua metà Franco Franchi, non erano nemmeno un sogno.
Racconta Maurizio Piscopo, il musicista che per il centenario di Ciccio ha composta una ballata ( «malinconica come lui» ), che in via San Gregorio c’era anche la piccola fabbrica di materassi del fratello Pino e la merceria dello zio Bernardo che vendeva anche pane e salumi. Basta fare pochi passi per capire come lo spirito più autentico di Ciccio Ingrassia faccia ancora parte di questo quartiere orgoglioso del suo figlio più famoso, tanto da dedicargli un murale: un omaggio dell’associazione Capopanama che quasi dialoga con i dirimpettai del grande murale della legalità, sorta di album da strada delle vittime di mafia. Il murale di Ciccio, realizzato da Armando Guarnieri, Caterina Trimarchi e Pippo Falcone, ritrae l’attore con un cappello di panama, simile a quello indossato per il don Lollò della “Giara” dei fratelli Taviani, una pellicola che si srotola e un ciak con le date di nascita e di morte.
Insomma, tutto è iniziato qui anche perché non lontano da questa strada, in vicolo delle Api, nacque l’altra metà di Ciccio, Francesco Benenato in arte Franco Franchi. Con ogni probabilità i due si conobbero alla Sala Italia, un biliardo che sorgeva in piazzetta San Giuliano, ritrovo assai popolare della zona e rifugio di attori, cantanti e ballerine che lì cercavano un ingaggio. Siamo dalle parti dell’arena Trianon, in via Scarlatti, oggi ridotta a parcheggio, ma allora piccolo tempio dell’avanspettacolo e della rivista frequentato da Macario e Wanda Osiris. Il Trianon ospitò anche Ingrassia, che, smessi i panni di calzolaio, aveva formato una piccola compagnia iniziando il suo lungo percorso d’attore che lo porterà a Cinecittà incoronandolo re del botteghino: il trio Sgambetta prima, che debuttò a Termini Imerese nell’anno di grazia 1944, e poi un altro trio, con Cecè Doria e Maurel.
Come dice Pippo Falcone dell’associazione Calapanama (pronta a celebrare anche l’imminente trentennale della morte di Franco Franchi), Ciccio Ingrassia tornava puntualmente nel suo quartiere a trovare la madre e i fratelli. «Io ero bambino e me lo ricordo — dice Falcone — era una persona che salutava tutti » . Qui Ciccio portava il figlio Giampiero per mostrargli i luoghi della sua infanzia e qui volle tornare nel 1992, nel giorno del funerale di Franco Franchi, in compagnia sempre del figlio e di un vecchio compagno di scena come Lino Banfi, in un malinconico tour del tempo perduto. Dopo il successo e il trasferimento a Roma,nei suoi ritorni a Palermo Ingrassia andava ad abitare nella città nuova, in via Galilei, dal fratello Pino.
Ma qual era il rapporto di Ciccio Ingrassia con la sua città? «Mio padre ha sempre amato Palermo — ha detto qualche tempo fa Giampiero Ingrassia, attore anch’egli — Era tifoso dei rosanero e, vivendo a Roma, aveva una grande nostalgia della sua città. Lì aveva la madre e il fratello ma dopo la loro morte non è più voluto tornare, gli avrebbe fatto male. L’ultima volta che è venuto a Palermo è stato per fare uno spettacolo al teatro Biondo, “Don Turi e Gano di Magionza”, con Mimmo Cuticchio: era il 1994 e non si mosse granché dall’albergo».
Se via San Gregorio, o meglio il Capo, è alle spalle del teatro Massimo, bisogna andare alle spalle dell’altro grande teatro cittadino, il Biondo, per trovare la piazzetta dedicata a Franco e Ciccio,altro punto cardinale che in qualche modo tiene viva la memoria dei due comici più amati. Adesso l’editore Sagoma ha pubblicato “Franco e Ciccio, storia di due antieroi”, la biografia autorizzata scritta da Alberto Pallotta e Andrea Pergolari, con i contributi dei figli dei due attori, Giampiero Ingrassia e Massimo Benenato: «Sono stati la coppia di comici più proverbiale della nostra storia — scrivono Pallotta e Pergolari — nonostante un girotondo eterno di liti e riconciliazioni. Questa è la loro prima biografia autorizzata, un racconto che è anche la storia di un’amicizia preziosa, di un’unione irripetibile. Una storia partita dal nulla, dalla miseria dell’infanzia, ed è arrivata a toccare milioni di spettatori. Una storia di risate e qualche lacrima, di grandi spettacoli e film improbabili, una storia gioiosa».
La Repubblica Palermo, 13/10/2022
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