Il prefetto Forlani: «Il primo delitto eccellente, capì come si stava evolvendo Cosa nostra»
Anna Cane
La cerimonia di consegna della medaglia d’oro al Merito Civile alla memoria del Procuratore della Repubblica Pietro Scaglione, assassinato a Palermo in un agguato mafioso il 5 maggio del 1971 insieme all’agente di custodia Antonio Lorusso, si è tenuta in Prefettura ed è stata organizzata dal prefetto Giuseppe Forlani insieme al Presidente della Corte d’Appello e al Procuratore Generale della Repubblica. Alla presenza del figlio Antonio, della moglie Licia Russo e del nipote Pietro che porta il nome del nonno, è stata ricordata la figura di Scaglione che con il proprio operato anticipò alcuni temi nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata e sulla cui morte per troppo tempo non si è fatta la necessaria chiarezza.
«È stata una vicenda rimasta a lungo nell’ombra. Questa onorificenza è un po’ anche come una restituzione nei confronti della famiglia - ha detto il prefetto Forlani - Oggi è un’occasione solenne, la consegna della medaglia d’oro al Merito Civile alla memoria del Procuratore della Repubblica Pietro Scaglione. È un ulteriore momento per riflettere sulla vicenda di quest’uomo, sul contributo che ha dato. Abbiamo ricordato quest’anno gli anni Ottanta con l’assassinio di Pio La Torre e del prefetto Dalla Chiesa e gli anni Novanta con l’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino. Con Scaglione andiamo ancora più indietro, negli anni Settanta. In questo modo possiamo ripercorre la storia di quello che sono la mafia e l’antimafia. Quello di Scaglione è l’assassinio del primo giudice, che unitamente al sacco di Palermo, vide una mafia passata da quella delle campagne a un tipo di criminalità organizzata che diviene imprenditrice. Per questo va ricordata l’opera di questi grandi protagonisti della lotta alla mafia, un impegno che tutti noi abbiamo come faro per continuare nel nostro operato senza abbassare la guardia contro i nuovi profili con cui la mafia si propone».
Nel corso della cerimonia anche il Presidente del Tribunale, Antonio Balsamo, ha delineato la figura del magistrato. «Quel 5 maggio 1971 è un momento storico drammatico in cui emerge per la prima volta una strategia terroristico-mafiosa che si traduce in un vero e proprio attacco al mondo della giustizia e dell’informazione - spiega Balsamo -. Pietro Scaglione anticipa ciò che altri grandi eroi civili hanno portato avanti raccogliendo la sua eredità che si può sintetizzare in quattro profili: il contrasto alla mafia come sistema di potere, l’impegno per le riforme in sinergia con gli altri poteri dello Stato, il garantismo e la responsabilità sociale della giustizia. Mentre stava andando presso la tomba della moglie in via dei Cipressi, Scaglione fu assassinato dalla mafia in un agguato, ma per tanti anni sono state molte le ipotesi svianti e poi cadute nel vuoto. Lo stesso Totò Riina in un’intercettazione affermò che l’avevano ucciso loro, la conferma del primo omicidio “eccellente”, divenuto inevitabile per Cosa Nostra, per il quale non sono stati trovati gli esecutori materiali ma su cui è stata raggiunta la verità sulla matrice mafiosa. Secondo Paolo Borsellino, la morte di Scaglione è dovuta a un isolamento subito, spiegazione poi divenuta purtroppo valida anche per altri servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere».
Presenti alla cerimonia anche il Presidente della Corte d’Appello Matteo Frasca, il questore Leopoldo Laricchia e, in rappresentanza del Comune, il vicesindaco Carolina Varchi. L’avvocato generale della Procura presso la Corte d’Appello, Anna Maria Palma, sottolinea: «La medaglia d’oro alla memoria di Pietro Scaglione è un attestato di un percorso di recupero di verità, un impegno da assumere anche per altre vicende. Restituisce tutto alla famiglia ma anche alla magistratura. Questa medaglia è un faro per i magistrati». A conclusione della cerimonia, è stata consegnata l’onorificenza postuma a Pietro Scaglione «per lo straordinario esempio di senso del dovere e spirito di sacrificio» ai due figli del Procuratore. «È con commossa gratitudine che accolgo questa iniziativa - ha ringraziato il figlio Antonio, anche a nome della sorella Mariella - Cinquantuno anni fa noi figli iniziammo un percorso di giustizia che ha raccolto anche oggi i suoi frutti. Quel delitto fu sottovalutato, è rimasto un delitto senza castigo, ma in questo contesto di amarezza sono stati definiti dei punti fermi. Fu il primo delitto eccellente con il quale la mafia iniziò l’attacco alle istituzioni».
GdS, 22/9/2022
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