DI CLOTILDE VELTRI
Dai documenti inediti conservati a Firenze emerge che l’autore usò uno pseudonimo. Matteo Cosci dell’Università Ca’ Foscari spiega perché il trattato firmato “Alimberto Mauri” si deve attribuire di nuovo al grande scienziato
«Le Considerazioni astronomiche di Alimberto Mauri sono sicuramente di Galileo Galilei». Con un ribaltamento degli eventi e una tempistica degna del miglior Dan Brown lo storico della filosofia di Ca’ Foscari Matteo Cosci squaderna le prove che il trattato pubblicato nel 1606, la cui paternità è da sempre considerata incerta, è effettivamente opera del grande scienziato. Una serie di note private di Galileo, trovate dal giovane ricercatore italiano nella Biblioteca nazionale di Firenze, gettano quindi nuova luce su uno dei più intriganti gialli della nostra storia scientifica tra dotte dispute rinascimentali, raffinati falsi d’autore novecenteschi, abili pseudonimi capaci di sviare gli storici, qualche spunto astrologico e, su tutto, i due protagonisti assoluti: la Supernova di Keplero e Galileo Galilei, futuro inventore del cannocchiale e rivoluzionario interprete dell’universo.
Ma prima di dare la parola a Matteo Cosci, eroe neanche per caso di questa saga che attraversa quattro secoli, riavvolgiamo il nastro della storia tornando a un mese fa, quando l’Università del Michigan e la Morgan Librery di New York danno il via a un’indagine che scoperchia una serie di falsi tra cui la lettera che suffragava la paternità galileiana delle Considerazioni astronomiche di Alimberto Mauri. A dimostrarlo è il professor Nick Wilding della Georgia State University, gran segugio e smascheratore di falsi storici il quale, in una recente intervista a Repubblica, conferma: tutti i documenti sono opera, nei primi decenni del secolo scorso, del famosissimo falsario seriale Tobia Nicotra. Per il mondo scientifico è un colpo al cuore scoprire che l’unica prova in grado di ricondurre le Considerazioni astronomiche alla mente geniale di Galileo è materiale scadente.
Ma proprio perché la storia della miglior scienza invece di essere un lungo fiume tranquillo è frutto di ossessiva ricerca d’archivio, pazienza e un certo grado di follia che spesso scompigliano teorie e attestati precedenti – come ammette il trentaseienne ricercatore del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Marie Curie fellow nello stesso ateneo e una serie di lavori tra l’Oklahoma e l’Unione europea –, ecco che da Firenze riemergono nuove prove, questa volta indiscutibili. Per usare una metafora cara ai giallisti: la cosiddetta pistola fumante.
Spiega Matteo Cosci: «Mentre lavoravo alla mia ricerca sui trattati dedicati alla Stella Nova del 1604 mi sono imbattuto in documenti autografi di Galileo conservati nel suo Fondo a Firenze. Si tratta di note di lavoro catalogate “Gal. 42” che testimoniano come Galileo si riconoscesse in quello pseudonimo Alimberto Mauri».
Riavvolgiamo ulteriormente il nastro della storia. In una notte buia e tempestosa del 1604 il cielo terrestre viene abbagliato da una “Stella Nova” – quella che poi sarà identificata come la Supernova di Keplero – che vi rimane per 18 mesi e poi scompare, suscitando enorme terrore, sgomento e un fiume di trattati volti a dare spiegazione a un fenomeno che sconvolge secoli di consolidata dottrina aristotelica sulla fissità delle stelle.
Tra questi c’è il trattato del filosofo fiorentino Ludovico delle Colombe, vecchia scuola, alle cui teorie risponde, per smontarle, Galileo con le famose Considerazioni astronomiche di Alimberto Mauri, un libro a stampa in cui il grande matematico sotto pseudonimo attacca gli errori del collega che, a sua volta, replicherà con un’ulteriore opera contro appunto Alimberto Mauri. Una disputa scientifica tipicamente rinascimentale. E l’uso dello pseudonimo da parte di Galileo non crei scompiglio perché «per lui era abbastanza abituale. Inoltre, in quel periodo, essendo in cerca di finanziatori decide di dedicare il trattato al tesoriere del Papa, ma temendo anche le ritorsioni della Repubblica di Venezia allora ai ferri corti con Roma, firma le Considerazioni con un nom de plume».
Che cosa contengono dunque le cosiddette “Gal 42”? «Si tratta di note autografe private in cui Galileo segnala tutti i passaggi in cui Alimberto Mauri viene attaccato da Ludovico Delle Colombe. In particolare alla carta 31 recto elenca una lista di “luoghi”, ossia di testi, “dove” Ludovico Delle Colombe “parla con vilipendio di me” ovvero di Galileo Galilei. Ma Ludovico Delle Colombe nel suo testo, non stava attaccando Galileo, mai nominato, bensì Alimberto Mauri. Si conferma così la totale identificazione del Galilei con lo pseudonimo Alimberto Mauri, autore delle Considerazioni».
Ma oltre questa “prova provata” vi sono anche altri dettagli di forma e contenuto a conferma della paternità dell’opera, come argomenta sempre Cosci: «Le Considerazioni astronomiche sono scritte in modo ironico quasi sarcastico in uno stile assolutamente galileiano. Delle Colombe, per esempio, è apostrofato come “colombo” o altri nomignoli poco rispettosi; ci sono anche molte battute a presa in giro. Andrea Battistini, studioso recentemente scomparso, scriveva che la cifra stilistica di Galileo è l’ironia. Per le Considerazioni è particolarmente vero, ma è vero anche per le opere maggiori come il Dialogo sui massimi sistemi».
Altri due aspetti del trattato poi vanno sottolineati: le incredibili affermazioni sulla presenza di montagne sulla superficie lunare riconducibili alla sola osservazione prospettica e della luce, ben tre anni prima dell’invenzione del cannocchiale e i riferimenti all’astrologia. Questi ultimi in passato sono stati considerati un motivo per escludere la paternità galileiana delle Considerazioni. Spiega però Cosci: «Per gli studiosi associare l’astrologia a uno come Galileo era un tabù, come se fosse necessario tramandarne la figura di martire della scienza. Eppure l’astrologia era una pratica molto pervasiva ai suoi tempi, abbiamo un nutrito dossier di oroscopi autografi di Galileo che ci mostrano quanto avesse lavorato su queste tematiche. Sappiamo addirittura che lui stesso nel 1604 fu denunciato all’inquisizione locale di Padova per la vendita privata di oroscopi che faceva ai suoi studenti garantendoli come certi. In ogni caso i riferimenti all’astrologia che si trovano nelle Considerazioni sono soft, l’unico passaggio è quello in cui dice che prima di criticare l’astrologia, come faceva Delle Colombe nel suo scritto, bisogna avere conoscenze solide di astronomia».
La scoperta di Matteo Cosci è stata immediatamente vidimata e applaudita proprio da quel professor Nick Wilding smascheratore di falsari con il quale il ricercatore di Ca’ Foscari è in contatto. Scrive infatti Wilding: «Si tratta di un eccellente esempio di quanto una paziente e intelligente ricerca d’archivio può risarcire un po’ del danno causato dai falsari». E ora? Che ne sarà di tanta gloria tutta, va sottolineato, italiana? «Pubblicherò una nuova edizione integrale delle Considerazioni astronomiche di Alimberto Mauri con un commento e un’introduzione» spiega Cosci, che conclude: «Galileo è una di quelle figure di cui si pensa di sapere tutto come Dante o Leonardo da Vinci, ma andando a scavare la loro grandezza riemerge con dettagli nuovi. Penso che una seria ricerca di archivio e studio delle fonti, un’attenta considerazione non pregiudiziale degli studiosi, anche immensi, che ci hanno preceduto, e un sano scetticismo, possano farci vedere cose che già conosciamo sotto una luce nuova».
La Repubblica, 28/9/2022
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