Il prefetto di Palermo ripercorre gli atti scritti dal suo predecessore “ Per la lotta a Cosa nostra fondamentale garantire i diritti ai cittadini”. Il 3 settembre di 40 anni fa la strage di via Carini
di Salvo Palazzolo
«Oggi che la mafia cerca consenso nei quartieri, il metodo di lavoro di Carlo Alberto dalla Chiesa resta di straordinaria attualità», dice il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani mentre sfoglia sulla sua scrivania alcuni fascicoli con appunti e lettere del suo predecessore, il prefetto dei 100 giorni. «Furono 127 per esattezza». I killer di Cosa nostra lo uccisero il 3 settembre di 40 anni fa, assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente scelto Domenico Russo.
«In quei pochi mesi si impegnò per un forte coordinamento delle forze di polizia sul piano informativo ed operativo ed ebbe grande attenzione per la società civile – dice il prefetto Forlani – incontrò sindaci, studenti, dirigenti scolastici, famiglie dei tossicodipendenti, operai dei cantieri navali.
Era convinto, come disse a Giorgio Bocca nell’intervista aRepubblica del 10 agosto 1982, che solo assicurando i diritti si potesse sottrarre potere alla mafia».Gli ultimi episodi di sfregio ai simboli dell’antimafia sono forse espressione di una strategia della criminalità organizzata?
«Non ci sono elementi per parlare di strategia. Ci sono delle indagini in corso, aspettiamo i risultati. Di certo, gli atti di vandalismo contro il murale che rappresenta Borsellino e l’albero dei tutti sono un oltraggio alla memoria dei martiri oltreché espressione di insofferenza da non sottovalutare verso l’arte impegnata a fare memoria antimafia. Bisogna lavorare ancora molto sul fronte dell’educazione alla legalità e al rispetto dei beni comuni».
La documentazione sull’attività di dalla Chiesa conservata in prefettura suggerisce spunti per questo impegno?
«Il prefetto dalla Chiesa era molto attento a ciò che avveniva nella società. Per riaffermare i diritti lì dove c’erano invece richieste di favori. Ho ritrovato i verbali delle riunioni in cui si faceva il punto sulla situazione idrica nei quartieri più disagiati di Palermo e in alcuni Comuni della provincia che non ricevevano acqua per giorni. Era un periodo di grande siccità, quello. Dalla Chiesa si impegnò perché ci fosse una riorganizzazione della distribuzione, in modo da non costringere le famiglie in abitazioni prive di autoclave a restare sveglie la notte per raccogliere l’acqua. E poi, fece un monitoraggio delle opere idriche incompiute. Questo era il metodo dalla Chiesa: la lotta alla mafia intesa non solo come coordinamento ed indirizzo delle forze di polizia; intendeva laprefettura come punto di riferimento per tutta la comunità».
In che modo oggi è possibile proseguire l’opera di Carlo Alberto dalla Chiesa?
«Dal 1982, la prefettura è ormai un punto di riferimento per la città. È anche garante della coesione fra le istituzioni. Durante l’emergenza Covid, la prefettura è stata uno snodo importante per facilitare le relazioni fra tutte le componenti sociali e nei prossimi giorni convocherò una riunione per esaminare eventuali problematiche connesse alla riapertura delle scuole».
Come contrastare la mafia che cerca consenso sociale nei quartieri?
«Resta fondamentale il lavoro nelleperiferie, per portare servizi e riqualificare i territori. Opportunità importanti arriveranno con il Pnrr per la rigenerazione urbana e la lotta alla povertà educativa».
Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha messo in guardia sui rischi di infiltrazione mafiosi nei fondi del Pnrr. Come fare per arginare questo pericolo?
«Già da tempo anche grazie a specifici provvedimenti normativi promossi dal ministro è stata avviata un’attività di monitoraggio e controllo resa particolarmente incisiva per le opere più rilevanti attraverso la firma di diversi protocolli e la creazione di banche dati dedicate».
Il prefetto dalla Chiesa era preoccupato per il dilagare della droga a Palermo. Quanto quella sua attenzione resta ancora oggi attuale?
«La droga è tornata ad essere il grande affare della mafia, ma il fenomeno è cambiato. All’epoca, l’eroina era la principale sostanza di abuso e i morti tenevano alto l’allarme sociale e ne testimoniavano la negatività. Le sostanze più usate oggi, in particolare cocaina e droghe sintetiche, sono molto pericolose per la salute ma gli effetti sono più differiti e i consumatori riescono a mantenere nell’immediato normali relazioni sociali. L’attenzione deve restare massima soprattutto sui giovani, l’età del consumo si abbassa sempre di più e il crack rappresenta una minaccia grave. La mafia con la droga continua a rubare il futuro ai nostri ragazzi».
La prefettura di Palermo come ricorderà dalla Chiesa?
«Oggi, scopriremo una targa, sistemata nell’aiuola davanti l’ingresso di via Cavour. Così, tutti potranno vedere che questo è il luogo della memoria e dell’impegno. E potranno leggere le parole che dalla Chiesa ci ha affidato in quell’intervista a Bocca: “Gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi certamente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia”. Parole che chiamano all’impegno di tutti per riaffermare il primato dello Stato di diritto sulla mafia».
La Repubblica Palermo, 2/9/2022
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