Negli anni Ottanta del Novecento lo scontro lessicale si fece duro: un trio di Corleone – Liggio-Riina-Provenzano – aveva conquistato Cosa nostra e aveva fondato un impero. Come chiamare gli adepti di questa organizzazione? Non c’era un nome comune di riferimento e quindi fu giocoforza cadere – per poliziotti, giudici e giornalisti – sulla facile locuzione Corleonesi. Ma corleonesi erano anche i nativi di Corleone che in grandissima maggioranza erano persone per bene che non avevano nulla a che fare con la mafia. Conclusione: la differenza fu affidata a delle volatilissime virgolette che ogni tanto scomparivano. Ai corleonesi senza virgolette è dedicato il nuovo libro di Nonuccio Anselmo, intitolato, per l’appunto, “Corleonesi senza virgolette”. Sono cento ritratti di gente comune, con il merito di essersi rimboccata le maniche per costruire una città che con nomi e posizioni diverse sta sul territorio da migliaia anni. Chiudere il capitolo delle figure degne di nota con cinque o sei nomi è alquanto riduttivo. Per questo è nato il nuovo libro di Anselmo, che prevede – tempo e voglia permettendo – un numero due perché dietro la porta la fila è ancora lunga.
(Nonuccio Anselmo – Corleonesi senza virgolette – Amici di Plumelia – pagine 176 - € 20)
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