sabato, luglio 02, 2022

Ospedali e case di comunità, come cambia la sanità nell’Isola


Lelio Cusimano

Sotto l’albero dei regali la Sicilia ha trovato un nuovo modello di sanità. Prima di farne una sintetica descrizione, è opportuno richiamare la cornice generale. Va detto che questa volta il «babbo natale» porta le insegne dell’Europa cui si deve, in ultima analisi, la creazione di un fondo da 750 miliardi di euro, destinato a finanziare la ripartenza dell’Unione Europea dopo il Covid; il Fondo è stato simbolicamente intitolato Next Generation EU (NGEU), per sottolinearne la proiezione temporale a beneficio delle generazioni future.

Tra prestiti e sovvenzioni a fondo perduto, all’Italia è stata assegnata una somma imponente, pari a 191,5 miliardi di euro; è il doppio (26%) di quanto ci spetterebbe se la ripartizione delle risorse comunitarie fosse fatta in base alla quota italiana di popolazione europea.

Oltre alla generosa assegnazione di risorse, a favore dell’Italia ha giovato anche la scelta politica del Fondo NGEU che vede gli Stati Membri dare concretamente seguito al principio di «solidarietà» tante volte invocato; solo ora, infatti, è maturata, e per la prima volta, la disponibilità a fare «debito comune» tra i Ventisette, per reperire le risorse necessarie.

Ciascuno Stato membro è stato chiamato a definire e concordare un piano particolareggiato nell’ambito della più ampia cornice generale; in particolare, l’Italia ha pattuito con la Commissione Europea il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) grazie a una dotazione, come si diceva, di quasi 200 miliardi di euro.

Tra le riforme e gli obiettivi specifici del PNRR, la cura della salute occupa un posto di primo piano, specie dopo che il Covid ha impietosamente evidenziato le tante falle della nostra Sanità, penalizzata per decenni dalla costante riduzione delle risorse necessarie e caratterizzata dall’accentuarsi delle vistose differenze nei sistemi di cura tra Nord e Sud. Non a caso oltre 20 miliardi di euro sono stati destinati a rimodellare la Sanità italiana.

Gli interventi, da realizzare entro il termine perentorio del 2026, si articolano in due aree principali: ridisegnare la rete di assistenza sanitaria con professionisti e prestazioni disponibili in modo capillare su «tutto» il territorio nazionale, e innovare la dotazione tecnologica ospedaliera, informatizzando il Servizio sanitario, investendo nella ricerca e con la formazione del personale.

A tal fine, alla Sicilia andranno 201 milioni per la riconversione della rete ospedaliera e 255 milioni per la informatizzazione delle procedure, oltre che per il rinnovo delle apparecchiature di alto contenuto tecnologico.

Entrando nel dettaglio l’assistenza domiciliare, in Sicilia notoriamente deficitaria, sarà organizzata per raggiungere almeno il 10% degli over-65, grazie anche alle opportunità offerte dalla telemedicina.

Sul piano invece delle strutture, in Sicilia saranno attivati 39 «Ospedali di Comunità» uno ogni 130 mila abitanti. Si tratta di presìdi con una funzione intermedia tra le cure a domicilio e il ricovero ospedaliero; hanno l’obiettivo di evitare ricoveri impropri e di fornire assistenza in luoghi prossimi al domicilio dei pazienti, idonei alla stabilizzazione clinica e al recupero funzionale. 

Sempre sul piano strutturale, in Sicilia sorgeranno 146 «Case della Comunità», una ogni 35 mila abitanti; si tratta di una sorta di grandi ambulatori, di presìdi cioè per la presa in carico dei pazienti da parte di équipe multiprofessionali con medici specialisti e di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri e gli altri professionisti sanitari coinvolti nel processo di cura.

Nella nostra Isola sorgeranno, infine, 49 «Centrali operative territoriali» per coordinare la presa in carico dei pazienti e il raccordo tra servizi e professionisti, al fine di assicurare - sette giorni su sette – piena accessibilità all’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

Per le regioni meridionali, e quindi per la Sicilia, sono disponibili altri 625 milioni di euro per potenziare i Dipartimenti di salute mentale, rafforzare i consultori familiari, realizzare centri clinico-assistenziali rivolti alle persone transgender, incrementare gli screening oncologici e per attivare nuovi servizi di contrasto della «povertà sanitaria». Quest’ultima, è bene ricordarlo, è la condizione nella quale versano quanti non riescono ad accedere alle cure mediche di cui hanno bisogno, e che la Sanità pubblica non riesce a garantire, a causa del reddito troppo basso.

Per migliorare, infine, la capacità del Paese di affrontare il rischio sanitario associato all’ambiente e al clima saranno sviluppati specifici «programmi pilota» per mettere a punto un modello d’intervento apposito, assumendo a riferimento pratico alcuni siti contaminati di interesse nazionale.

In sintesi, la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la piena disponibilità dei fondi necessari, il ruolo vigile dell’Unione Europea, l’erogazione delle risorse finanziarie solo per stadi di effettivo avanzamento e, infine, il rigido cronoprogramma di riforme e progetti da completare entro il 2026, sono tutti elementi che, insieme considerati, assicurano buone prospettive di successo per la nuova sanità italiana (e siciliana).

GdS, 2/7/2022

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