L’immagine. Un’illustrazione realizzata da Francesco Lojacono che ritrae la vegetazione lungo il fiume Anapo nel Siracusano
di Eleonora Lombardo
Ibn Jubayr, arabo di nobile famiglia vissuto in Spagna, sbarcò a Messina nel 1184. Il suo racconto dell’Isola è stato pubblicato da Adephi a cura di Giovanna Calasso
Una Sicilia fertile, piena di giardini e frutteti, un luogo fiabesco dove allo scintillio dei mosaici d’oro delle città fa da contro canto “la montagna di fuoco con un turbante di neve, così appare l’isola a un viaggiatore del XII secolo d.C. Con meraviglia e stupore, con il terrore e il coraggio nel petto, come ogni viaggiatore medievale, e attraverso quello stretto che sta “tra la Terra Grande” e l’Isola di Sicilia”, Ibn Jubayr, membro di una nobile famiglia araba in Spagna, segretario del governatore di Granada, sbarca a Messina il 3 dicembre del 1184 e inizia il racconto del suo dettagliatissimo viaggio nell’isola, da Cefalù a Trapani senza tralasciare Palermo.
Parte finale del diario di viaggio tenuto lungo il pellegrinaggio che dalla Spagna lo ha portato alla Mecca e ritorno, diario interamente pubblicato già nel 1906 come “Relazione delle peripezie che sopravvengono nei viaggi”, oggi per la prima volta Adephi la pubblica con il titolo “Viaggio in Sicilia” a cura di Giovanna Calasso, professoressa ordinaria di “Storia della civiltà arabo-islamica” presso l’università La Sapienza.
Il viaggio in Sicilia di Ibn Jubayr è un seducente percorso alla scoperta dell’isola, dei suoi monumenti, usi e costumi e delle sue genti di una vitalità sorprendente, Ibn Jubayr come un Bruce Chatwin medioevale con curiosità e incredibile spirito di osservazione restituisce al lettore un territorio animato con una prosa a distanza di quasi mille anni in grado ancora di ammaliare.
«Mentre ci racconta una straordinaria continuità nei luoghi, Messina, Palermo, Trapani, sono tuttora, a distanza di ottocento anni da quando Ibn Jubayr li ha visitati, i centri urbani nodali del nord della Sicilia, e conservano, pur variamente rimaneggiati, gran parte dei monumenti da lui visitati e descritti e che hanno suscitato la sua meraviglia e le sue emozioni», spiega Calasso.
«Al tempo stesso ci fa percepire l’enorme differenza tra il viaggiare oggi e il viaggiare al tempo di Ibn Jubayr in termini di tempo, oltre che di difficoltà e di pericoli. I tempi lunghi con cui ci si sposta nello spazio, se da un lato sono dovuti, soprattutto per mare, a venti avversi e temibili tempeste, permettono però, sulla terraferma, di guardarsi intorno, osservare, comparare.
Quello che oggi la rapidità dei mezzi di trasporto ci impedisce di fare. E, nel caso di Ibn Jubayr, permette anche di ascoltare e capire quello che la gente dice, visto che, anche in Sicilia, pur sotto dominio normanno, molti ancora parlano arabo».
Ogni luogo è descritto affidandosi ai sensi, non solo la vista, ecco allora che Messina è “maleodorante” per la contaminazione con i numerosi “adoratori della croce”, ma allo stesso tempo il viaggiatore non può non lasciarsi inebriare dal profumo delle donne cristiane che si recano a messa nel giorno di Natale “velate, ingioiellate e adorne di hennè come donne musulmane” e di questo pensiero il pellegrino chiede subito venia ad Allah.
“La più bella tra le città di Sicilia è la capitale del regno; i musulmani la chiamano la città (al-madina) i cristiani la conoscono come Palermo (Balarma). È lì che i musulmani cittadini hanno le loro moschee, mentre mercati a loro riservati sono nei sobborghi (…) Metropoli di queste isole, in sé riunisce due doti: opulenza e splendore. Vi si trova ogni bellezza. Antica, ma sempre bella, radiosa, ti guarda colma di attrattive seduzioni”, queste alcune delle parole che Ibn Jubayr dedica a Palermo.
«Le osservazioni di Ibn Jubayr, sono di tipo comparativo: punta l’attenzione su ciò che è simile a quello con cui ha familiarità, o viceversa che con questo contrasta» dice Calasso.
In questo annotare costantemente similitudini con i territori arabi e nell’apprezzare la corte di re Guglielmo II che “affida i suoi affari con fiducia ai musulmani” si scorge di tanto in tanto lo stupore e lo sgomento per un mondo “alla rovescia”.
«Ibn Jubayr viaggia in un’epoca di grandi rivolgimenti, in cui incombe sulle società islamiche mediterranee la minaccia del mondo cristiano latino», continua Calasso.
«Da oltre un secolo i Normanni governano la Sicilia, e le flotte delle repubbliche marinare dominano la navigazione mediterranea, mentre più di quattro secoli prima gli arabi avevano posto sotto dominio islamico tutti i territori che si affacciano da est, a sud, a ovest sul Mediterraneo. E questo sentimento di timore e di perdita incombente si riflette nello sguardo di Ibn Jubayr, che in una Sicilia ormai da un secolo governata dai cristiani Normanni, imprevedibilmente trova il “suo” mondo e vacilla tra meraviglia e paura di essere tentato nella fede. Le sue reazioni di fronte agli sfavillanti mosaici d’oro della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio (la Martorana a Palermo) ne sono l’emblema».
La Repubblica Palermo, 28/7/2022
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