Simonetta Trovato
Sciorinate come lenzuoli, come quei famosi lenzuoli che punteggiarono la Palermo degli anni Novanta che piangeva un morto ad ogni angolo di strada e spesso anche di più.
Ma occhieggiano anche dai palchi del teatrino-gioiello ottocentesco, si affacciano come nobildonne vestite a festa: sono le immagini di Tony Gentile, un bianco e nero virtuoso che chiede attenzione, sberleffi alla vita che continua a scorrere. Oggi alle 18 si è inaugurata al Teatro Regina Margherita di Racalmuto la mostra fotografica «Sicilia 1992 - Luce e memoria», costruita dalla Fondazione Tricoli e tratta dall’omonimo libro di Tony Gentile, pubblicato da Silvana Editoriale nel trentesimo anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.
In questi mesi di celebrazioni i libri e i ricordi si vanno assommando, moltiplicando; tutti hanno scritto di tutto, ogni singolo morto di quelle stragi, e non solo i giudici, è stato oggetto di pagine e pagine: in questo caso è diverso, perché Tony Gentile c’era e il suo è lo sguardo del testimone, prima, durante e dopo. Giovane reporter poco più che trentenne, Tony raccontava con tanti altri colleghi, una città che cercava di districarsi ma ricadeva sempre nel dolore. Un anno e mezzo prima di quei giorni, Tony Gentile aveva scattato la foto-icona dei due magistrati complici e sorridenti: un’immagine che ormai fa parte di ogni casa, ma che in quel momento raccontava soltanto la grande amicizia di due uomini dello Stato. «Tony Gentile è il fotografo più famoso ma paradossalmente sconosciuto per quanti in Italia hanno visto una sua fotografia tanto eccezionale da essersi trasformata in un’icona della storia italiana contemporanea – scrive Ferdinando Scianna - . La conosciamo tutti: è stata pubblicata mille volte in tanti giornali e libri, la si ritrova sui frontoni dei palazzi di giustizia, nei circoli antimafia, nelle manifestazioni politiche, nei libri di storia contemporanea». La foto è soltanto un passepartout e come tale va usata per indagare una città polifonica, distratta, spesso immemore. «Sia il libro che la mostra fotografica hanno un valore soltanto come memoria – spiega invece Tony Gentile – servono per ritornare a distanza di trent’anni, sul lavoro di un cronista per immagini. C’è la foto iconica, certo, ma ci sono altre immagini a cui sono profondamente legato: come quella dei due ragazzini in prima fila al funerale di Rosario Livatino, elegantissimi e leggeri, ma non incuriositi. Anni dopo li ho cercati e trovati: uno lavora in Svizzera, è un “frontaliero” e si occupa di costruzioni, l’altro è rimasto a Canicattì ed è un muratore precario. Sono amici, allora come oggi». Un libro (e una mostra) che unisce le parole in solitudine del fotografo agli scatti. «Descrivo con emozioni mie, i fatti raccontati dalle immagini: ritratti, personaggi anche strani, senza contatti con l’ambiente attorno; angoli, gente per strada, folle che hanno animato Palermo prima e dopo le stragi. Non c’è un ordine cronologico, ma si vola random tra i fatti».
E infatti la cronaca fa a pugni con i quartieri dove la storia entrava sì, ma scappava poi di corsa, perdendosi dietro cerimonie, abbracci, strette di mano che dicevano più di un foglio di carta scritto, di una carezza di donna, di un gesto sprezzante di uomo.
Le immagini di grande formato saranno esposte fino al 10 agosto, accompagnate da un audio narrativo in cui si intrecciano le voci di Falcone, Borsellino e Leonardo Sciascia miscelate con i rumori delle stragi. La mostra è stata realizzata su iniziativa della Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli grazie al contributo dell’Assessorato regionale ai Beni Culturali e dell’ARS in collaborazione con il Comune di Racalmuto, le associazioni Casa Sciascia, Strada degli scrittori; con Sicindustria Agrigento e Fondazione Buttitta. (sit)
GdS, 18/6/2022
Nessun commento:
Posta un commento