di VIRGILIO FAGONE
Intesa tra arcivescovo e prefetto, saranno fatte verifiche ufficiali su chi vuole farne parte. Fuori i mafiosi e i componenti di associazioni e strutture contrarie ai valori evangelici
L’arcidiocesi e la prefettura siglano un’intesa per contrastare le infiltrazioni mafiose nelle confraternite, gruppi in cui, a causa di una malintesa fede religiosa, si infiltrano criminali e personaggi pronti a rendere omaggio ai boss durante le processioni. In vista dei riti del Festino, l’arcivescovo Corrado Lorefice e il prefetto Giuseppe Forlani hanno ieri firmato un accordo per verificare la completezza delle dichiarazioni rese dalle persone che aspirano a diventare membri di confraternite o di altri organismi religiosi locali. Il protocollo prende le mosse dal decreto di Lorefice del 25 gennaio del 2019 in cui si stabilisce che «non possono essere accolti, quali membri della confraternita coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici; coloro che hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato».
Una specifica dichiarazione di non trovarsi in nessuna delle condizioni ostative previste deve essere resa dall’interessato. La prefettura, dopo un attento esame dei documenti, comunicherà all’arcidiocesi la corrispondenza o meno della dichiarazione in merito all’assenza di precedenti penali.«Le confraternite laicali della nostra arcidiocesi - dichiara Corrado Lorefice - sono sempre state oggetto di particolari cure pastorali, ad esempio con l’istituzione del “Centro diocesano per le confraternite laicali”, voluto dal cardinale Salvatore Pappalardo. L’accordo mira a salvaguardare la risorsa della pietà popolare – prezioso “sistema immunitario della fede” (Papa Francesco) e custode di un senso comunitario della vita –, dall’esibizionismo e dal folclorismo consumistico, deriva facilmente manovrabile da subdole regie malavitose per interessi economici e per fini di visibilità e di legittimazione sociale che niente hanno a che vedere con la fede cristiana. Papa Francesco a Palermo ha precisato con forza: “Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore”».
«La prefettura è al fianco della Chiesa palermitana nell’impegnativa opera di affermazione della disciplina canonica - afferma Giuseppe Forlani - contro qualunque ingerenza, condizionamento e strumentalizzazione da parte della mafia e della criminalità nella meritoria opera svolta dalle confraternite. Già nei mesi scorsi sono state concordate con tutte le diocesi della provincia modalità di svolgimento delle processioni idonee ad impedire eventuali manifestazioni di ossequio nei confronti di mafiosi».
Nei mesi scorsi l’arcivescovo Lorefice per prevenire distorsioni delle forme religiose aveva bloccato la nomina arbitraria della scelta dei santi patroni nei quartieri. «Con il decreto di Papa Urbano VIII del 23 marzo 1630, sono state imposte regole ben definite per l’elezione dei santi tutori, rendendo obbligatoria l’approvazione pontificia. Dalla promulgazione del decreto in poi, la Chiesa non riconobbe i patroni istituiti senza il rispetto della procedura. Il decreto del 1630 è rimasto in vigore fino alle norme del 19 marzo 1973 di Papa Paolo VI, che hanno semplificato la procedura di elezione conservando, tuttavia, lo spirito del documento seicentesco». E precisa Lorefice: «Decisioni in tal senso spettano unicamente all’Ordinario diocesano, che ha il compito di valutare - avvalendosi del parere e del consiglio degli organismi preposti - l’opportunità o meno di concedere patronati particolari, soprattutto se legati a quartieri di una stessa città, essendo questa già affidata ad un Patrono. Col presente decreto si fa divieto a chiunque - segnatamente a parrocchie, confraternite, comitati, associazioni - di istituire simili patronati senza esplicita autorizzazione del vescovo. La presente disposizione ha valore retroattivo per quei casi in cui, senza autorizzazione, si è proceduto arbitrariamente a tali determinazioni». Ieri il protocollo con la prefettura.
GdS, 24/06/2022
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