mercoledì, giugno 01, 2022

Lucio Libertini, un siciliano da ricordare. Il 1mo giugno ricorre il centenario della nascita

Lucio Libertini 

di Elio Sanfilippo

Il 1° giugno 2022 ricorre il centenario della nascita di Lucio Libertini.

Una personalità della politica e della cultura italiana che oggi vogliamo ricordare a parziale risarcimento di una grave rimozione operata dagli epigoni di quella sinistra, o di quel che ne rimane, di una esperienza storica in tutte le sue articolazioni di cui Libertini fu un prestigioso rappresentante.

Figlio di questa terra di Sicilia, catanese di nascita, appartenne ad una famiglia illustre di quella provincia e di quella città.

Il nonno, nativo di Caltagirone, fu senatore del Regno e grande proprietario terriero, mentre il padre Guido fu titolare della cattedra di archeologia dell’università di Catania, preside della facoltà di lettere e filosofia, nonché rettore di quella università.

Fu chiamato anche a dirigere la scuola archeologica italiana di Atene realizzando importanti scavi nel Peloponneso e nell’isola di Lemno e a lui si devono il museo archeologico di Catania e il museo civico.

In questo contesto, in questo ambiente dove si respira cultura, amore per l’arte e culto per la bellezza delle vestigie del passato cresce e si forma Lucio Libertini.

Ben presto, però, abbandona tutto questo anche se sarà sempre orgoglioso delle sue radici; mantenne sempre un legame con la sua città anche perché non perdeva occasione, tra un impegno e l’altro, di stare vicino alla mamma cui era legatissimo.

Dopo la laurea in scienze politiche conseguita a Roma abbraccia gli ideali del socialismo.

Egli ha percorso tutte le fasi che hanno caratterizzato la storia della sinistra italiana, i successi, le sconfitte, le scissioni, i tormenti, portando sempre la sua carica ideale, uno spirito libero mai incline al compromesso, scevro da conformismi e opportunismo.

Aderisce dunque al partito socialista ma ne rimane deluso dopo la scissione di Saragat che vive anche egli come un tradimento anche se fu sempre lontano da una visione stalinista, allora molto presente non solo nel PCI ma anche nel PSI.

Nel 1953 aderisce, infatti, all’Unione socialista e fu eletto alla presidenza insieme a Aldo Cucchi e Valdo Magnani, i due dirigenti comunisti espulsi dal PCI perché rifiutarono di aderire alla scomunica di Tito, il presidente della Jugoslavia, imposta da Stalin tanto da essere apostrofati da Togliatti sprezzantemente con la famosa frase che “anche nella coda più lucente di un cavallo si possono annidare due pidocchi”.

Ed è un momento fecondo il suo ritorno nel partito socialista, soprattutto per il suo rapporto con Raniero Panzieri con cui scrisse le << Tesi sul controllo operaio>>, una critica alle analisi di Giorgio Amendola sul capitalismo italiano, avvicinandosi alle posizioni di Pietro Ingrao.

Il rapporto con Panzieri si rompe allorché questi dà vita a Quaderni Rossi: per Lucio la battaglia politica poteva avere credibilità solo attraverso il partito, non fuori.

Nel 1964 lascia il PSI ed è tra i promotori del PSIUP (l’antica denominazione del partito socialista) contestando la deriva governativa di Pietro Nenni, il rapporto con la Dc e la rottura a sinistra.

Libertini sarà tra dirigenti del nuovo partito che saprà intercettare i fermenti della nuova generazione che ha dato vita al grande movimento del Sessantotto., ma il partito avrà vita breve. Dopo la sconfitta nelle elezioni del 1972 che lo priverà di una rappresentanza parlamentare e segnerà una svolta a destra nella politica italiana, confluisce nel PCI dove Libertini oltre ad essere eletto senatore e ricoprire incarichi istituzionali, sarà un autorevole responsabile della Sezione Trasporti, Casa, Territorio e Infrastrutture.

È in questa veste che riprenderà il rapporto con la sua Sicilia sempre presente nei momenti più difficili, allorché vi è bisogno di lui per la crisi ai cantieri navali di Palermo, nelle vertenze dei ferrovieri, e soprattutto quando scoppia il complicato e impetuoso movimento degli abusivi che il governo, nella ricerca di far cassa, prometteva la sanatoria con il pagamento di un oneroso tributo, la famosa oblazione. Nessun problema per gli speculatori e i mafiosi proprietari, ma per la povera gente, per l’emigrato che si era costruito la casa a prezzo di grossi sacrifici, costretti all’abusivismo per colpa dei Comuni privi di piani regolatori e strumenti urbanistici, case quindi privi di acqua, fognature e i servizi più elementari, era un salasso insopportabile.

I dirigenti regionali del PCI di fronte a questa situazione chiamano subito Libertini che corre in Sicilia e con il suo instancabile attivismo la percorre in lungo e largo recandosi nei tantissimi comini, la quasi totalità, in cui vi era questa piaga sociale. Da Gela a Vittoria, da Avola a Lentini, da Palma a Ribera, da Carini a Bagheria per citarne solo alcuni, assicurando uno sbocco democratico ad un movimento che se non ben guidato poteva approdare a sponde eversive e violente

In verità avevo avuto modo di conoscere Libertini a Palermo il 20 maggio del 1967 nel corso di una grande manifestazione sotto l’ambasciata americana per protestare contro l’intensificare dei bombardamenti nel Vietnam.

La polizia disperse con una brutale violenza quella manifestazione nel corso della quale fu arrestato il segretario dei giovani comunisti Franco Padrut.

I manifestanti sotto i colpi della polizia si sparpagliano nelle traverse della vicina via Libertà, quando vediamo uno che prende in mano la situazione, che cerca di riannodare le file del corteo e sopra muricciolo tiene uno improvvisato ma accesso comizio in cui ridà la carica ai manifestanti che ricostituiscono il corteo e raggiungono Piazza politeama. Era Lucio Libertini.

Quando il PCI si sciolse e si trasformò in PDS Libertini, che era stato uno dei più strenui oppositori alla svolta di Occhetto insieme ad Armando Cossutta, aderì a Rifondazione Comunista, <<una cosa è rifondarsi, altra è abiurare >>, ebbe a dire.

Non fu però in grado di dare compiutamente il suo contributo alla nuova formazione politica perché già minato dalla malattia che non gli darà scampo.

Nonostante avesse vissuto tutti i travagli della sinistra italiana e approdato a diverse formazioni politiche lui era sempre rimasto fermo nei suoi principi e nei suoi ideali, tanto da pronunciare: << sono i partiti che sono cambiati attorno a me>>.

Egli fu un precursore e anticipò tematiche che ancora oggi sono all’ordine del giorno dell’impegno politico.

Si parla tanto di Rigenerazione urbana ma Libertini ne fu il precursore nel portare avanti la battaglia per la tutela territorio, il riordino del regime dei suoli, la salvaguardia dell’ambiente e il rapporto tra residenza e servizi.

Fu un precursore dell’importanza dell’infrastrutture civili, del sistema della portualità e dell’intermodalità.

Fu un sostenitore del movimento ambientalista respingendo pero le posizioni di chi propugnava una conservazione indiscriminata, vagheggiando un ritorno a una visione agreste, ma combattendo, al tempo stesso, chi considerava le esigenze dell’ambiente un fastidioso intralcio alo sviluppo libero da lacci e lacciuoli.

La sua figura merita di essere ricordata per il valore politico, culturale e morale che rappresenta, da qui l’invito in particolare alle istituzioni di Catania ma anche i tanti Comuni della Sicilia, perché accolgano questo appello.

il Sicilia.it, 1/6/2022

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