di ROSA FARAGI
Grazie, Dino, che come il soldato Mizushimanel film “L’arpa birmana”, da te citato nella tua opera, porti a conclusione un lavoro, che,al di là di ogni retorica, rappresenta la “missione etica” anche della tua vita, che consiste nel dare “memoria d’amore” ed una “sepoltura” ai tanti “morti insepolti”.
Grazie per avere ricordato, uno ad uno, le centinaia di caduti del movimento contadino e bracciantile del lungo ciclo di lotte per la terra che iniziano con i Fasci siciliani, proseguono con le affittanze collettive, con i caduti nel biennio rosso fino ad arrivare alla seconda metà degli anni sessanta. Non che non se fosse mai parlato, ma la Sicilia ti è grata per averli messi in sequenza in modo originale,con estrema passione ed amore, come a voler fare giustizia, in assenza di giustizia, aLorenzo Panepinto, Bernardino Verro, leader indiscusso dei Fasci dei lavoratori, Giovanni Zangara, Alfonso Canzio, Giuseppe Rumore,Nicolò Alongi, Giovanni Orcel; e poi, nel secondo dopoguerra: Andrea Raia, Nicola Azoti, Accursio Miraglia, Giuseppe Casarrubea, Placido Rizzotto, Epifanio Li Puma, Salvatore Carnevale; e con loro tanti altri martiri di un lungo necrologio.
Un grazie per aver corretto le molte imprecisioni della suddetta legge riguardante i nomi… che sono vite umane – ricordiamolo- e non solo numeri.
Un grazie per aver ricordato - diremmo oggi -anche gli “effetti collaterali della guerra”, i morti per puro caso come l’innocente Angela di appena un anno, il pastorello Giuseppe Letizia colpevole di aver visto gli uccisori di Placido e… ancora di Nicolò, Accursio, Filippo, Vincenzo, Carmelo, Pio La Torre,inserito nell’ultima scheda biografica, non a caso, ma penso, come messaggio premonitore, e quanto mai attuale per i ragazzi per aver denunciato il pericolo delle guerre atomiche e per l’anelito alla pace mai tanto in pericolo come oggi. E, infine, Masina Perricone di soli 33 anni, in attesa di un figlio, vittima innocente di mafia e, in base alla L.R. n. 20/1999, non riconosciuta tale;
Grazie ancora per aver ricordato i tanti morti nelle 14 stragi, una per tutte: Portella delle Ginestre del 1° Maggio 1947 con 11 morti, cui seguirono, nello stesso tragico anno, le stragi di Partinico del 22 giugno e quella di Canicattì del 21 dicembre con ben 4 morti e circa 80 feriti; per aver ricordato le parole di Placido Rizzotto: “Dopo che mi ammazzano non hanno risolto niente. Dopo di me quanti ne spunteranno di segretari della Camera del Lavoro! Non è che ammazzando me finisce…” e le parole di Nicola Alongi: “Dopo di me altri torneranno a sventolare la bandiera che mi si vuole togliere di mano”. Diremo oggi la bandiera della legalità, della dignità nel lavoro e della giustizi sociale!
Un calendario di santi laici sacrificati in questa lunga guerra politico-mafiosa per illoro impegno civile al fianco dei più deboli e sfortunati. Grazie per aver recuperato dall’oblio dell’indifferenza e di averne con cura e lavoro certosino ricostruito le vite, gli affetti, l’impegno e le lotte per la giustizia sociale. Non devi amareggiarti per coloro di cui non sei riuscito a reperire ulteriori informazioni per poterne ricostruire più accuratamente l’operato, forse perché,intorno alle loro vite, si era creato un muro di omertà, in alcuni casi accettato dai familiari stessi.
Dalla lettura del libro vorrei soffermarmi, brevemente, su alcuni aspetti che si ripetono quasi costantemente:
- Durante i Fasci siciliani, e non solo, spesso il “nemico” dei contadini non era lo Stato, lontano e insensibile ai loro bisogni, ma erano le varie amministrazioni comunali che teoricamente avrebbero dovuto essere dalla loro parte, invece …
- Tra le richieste del popolo e delle varie leghe o circoli di contadini, come costante vi era quasi sempre la richiesta delle dimissioni dei sindaci e lo scioglimento dei vari consigli comunali, quasi sempre espressione della peggiore borghesia agraria che aveva soppiantato la parassitaria nobiltà latifondista.
- Se analizziamo gli innumerevoli balzelli, o razionamenti che pesavano sui contadini, molti dei quali stabiliti dai Comuni, si comprende, che tali “balzelli”, invece di servire a migliorare le condizioni di vita della povera gente, offrendo loro servizi o assistenza, servivano, invece, a pagare le clientele dei signorotti locali. Così esordisce l’autore: “Era il Natale del 1983 a Lercara Friddi… un paese di contadini e minatori… cui seguirono incendi dei casotti daziari e ordine di sparare alla folla inferocita. Bilancio: 11 morti”)
Nella seconda ondata di lotte, ed esattamente nel primo dopoguerra, ciò fu anche denunciato da Maria Vallone in una lettera - da me tradotta in un italiano più fluente, ma fedele all’originale - scritta dopo la morte del marito Giuseppe Rumore, seguace fedele, assieme a Nicola Alongi, di Bernardino Verro, delle sue lotte, e purtroppo della stessa barbara fine.
- In molti casi, le guardie campestri o municipali, invece di far applicare le leggi, in modo imparziale, spesso, si erano trasformate in vere e proprie guardie personali di tali “amministratori”.
Col senno di poi, possiamo ben dire che la burocrazia corrotta, clientelare, elefantiaca e parassitaria delle pubbliche amministrazioni nostrane, che purtroppo, ancora oggi,condiziona buona parte delle amministrazioni di molti comuni, ha origini lontane.
Per esempio, il motivo scatenante dellastrage di Caltavuturo del 20 gennaio 1893,una delle prime trattate nel libro, escludendo i gravi fatti di Bronte del 1860, fu il fatto che l’amministrazione comunale tardava a distribuire ai contadini i 250 ettari di terreno in contrada San Giovannello. Le Amministrazioni Comunali e i “quattro pezzi grossi” di cui l’amministrazione era espressione ritardavano volutamente tale operazione perché aspiravano ad appropriarsi dei terreni e a tenere alla fame i contadini per poterli meglio sfruttare come manodopera a basso costo nelle loro aziende. In tale prima strage un ruolo decisivo lo svolsero degli “infiltrati” dei padroni che iniziarono a provocare le Forze dell’Ordine con una fitta sassaiola e forse anche con qualche sparo. Infatti, molti testimoni riferirono che ad iniziare a sparare furono alcuni “borghesi”.
Nei fatti di Giardinello, del 10 dicembre 1893, un ruolo decisivo per la reazione delle Forze dell’Ordine furono le provocazioni che arrivarono proprio dal sindaco e dai suoi più stretti collaboratori. Le proteste a Giardinello si svolsero al grido: “Abbasso il municipio e le tasse, abbasso le guardie campestri e gli sbirri” e “Viva il re e la regina”. Da diverse testimonianze risulta che il primo colpo che scatenò poi la rivolta partì proprio dalla casa del sindaco, che si trovava accanto al municipio, e che a sparare era stato il capo delle guardie campestri, che i contadini volevano fosse licenziato. La moglie e lefiglie del sindaco, durante gli scontri, incitarono, dal balcone della loro casa, i bersaglieri a sparare contro i contadini.
A Pietraperzia, il primo gennaio 1894, i contadini scesero in piazza al grido “Viva il re, abbasso il sindaco e le tasse”. A scatenare gli incidenti, che portarono alla morte di 8 contadini, furono alcuni infiltrati.Nel corteo dei protestanti, oltre ai contadini c’erano anche dei mafiosi al servizio dei baroni e degli amministratori comunali. Il deputato nazionale Napoleone Colajanni, nel commentare tale strage scrisse: “APietraperzia si ripeterono gli stessi fatti di Giardinello e di Lercara … le cause sono sempre le stesse: la miseria e il malumore contro il municipio e le tasse”.
Un altro esempio, citato nel libro, è quello diGibellina. Qui i contadini, oltre che chiedere l’abolizione di alcune tasse impopolari, reclamavano la riduzione degli stipendi dei dipendenti comunali e l’abolizione del corpo delle guardie comunali. Ma ciò che chiedevano con più forza, scrive il deputato Napoleone Colajanni, erano le dimissioni del sindaco. Secondo alcune testimonianze, a sparare contro i contadini furono anche delle guardie campestri, ligie al sindaco, nascoste in un campanile vicino.
Anche a Belmonte Mezzagno vi fu una violenta protesta contro il sindaco e le tasse comunali.
A Marineo, il 3 gennaio dello stesso anno,durante una manifestazione contro le tasse comunali e contro il sindaco, avvenne una delle più sanguinose stragi, ben 17 morti di cui 4 donne e 5 bambini, tra i quali ancheneonati. Tale strage fu raccontata magistralmente dallo scrittore Sebastiano Vassalli, che Dino riprende accuratamente:
“La gente si scavalcava e si accalcava senza vedere e senza vedere più niente, urlando, pazza di terrore, nel tentativo di fuggire; poi ci fu la prima scarica di fucileria e tutta la piazza fu invasa da una nuvola di fumo acre e giallognolo… moltissima gente a terra, decine di corpi di uomini, di donne e bambini che urlavano, piangevano, scalciavano, rimbalzavano sull’ acciottolato … alcuni agonizzavano, spalancando la bocca e rompendosi le unghie e i polpastrelli contro i sassi della strada nel tentativo di afferrare ciò che gli stava sfuggendo …”.
L’autore sostiene che a spingere l’esercito a far fuoco sui contadini furono le provocazioni di alcuni mafiosi, venuti da fuori, assoldati dalla cricca di potere che spadroneggiava allora al municipio.
Gli episodi potrebbero continuare attraverso i caduti del primo e del secondo dopoguerra sino alla c.d. prima strage di stato politico-mafiosa di Portella delle Ginestre del primo maggio 1947, ancora in parte secretata e avvolta nel mistero da depistaggi, intrecci mafia-politica e servizi segreti.
Un ultimo mio pensiero va a Pio La Torre e alsuo autista Rosario Di Salvo, dei quali quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della morte, e al trentennale delle stragi di Capaci e di via D’Amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Il libro di Dino è, in conclusione, un richiamo corale a non dimenticare tutte le vittime innocenti della mafia, non solo quelle eccellenti che hanno avuto intestate strade e piazze e la fortuna di essere almeno citati nei libri, ma anche di quelli meno fortunati nel ricordo.
Come grande estimatrice ed amicadell’autore, ancora una volta gli rivolgo un ultimo ringraziamento per essere sceso in campo, attraverso questo nuovo libro, a prendere posizione per la rinascita economica senza infiltrazioni mafiose, per lapace senza esitazione, per lo Stato di Diritto senza interessi particolari. Un grazie di cuore, come responsabile del Dipartimento legalità e memoria storica della Cgil, come giornalista, come ex segretario della Camera del Lavoro” Placido Rizzotto” di Corleone, come scrittore di numerosi libri d’impegno socio-politico per i valori e l’eredità che tramandi alle nuove generazioni. Per l’impegno nel far maturare coscienze contro tutti i “venti gelidi” dei morti innocenti di tutte le guerre di mafia e non, e per qualunque motivo, e per il diritto alla vita, alla dignità, al lavoro, alla sicurezza, contro la droga, la violenza, il terrore di un conflitto nucleare e contro gli interessi che ci stanno sotto, poiché, come ha scritto Bertolt Brecht in “La guerra Che Verrà”: “La povera gente è sempre quella che sopporta e muore per la fame sempre!” Affamati dai feudatari prima o dalle guerre oggi, è sempre la povera gente a soffrire le ingiustizie contro l’illecito arricchimento dei pochi, il vero motore di tutte le mafie.
P.S Un ultimo ringraziamento all’autore per le numerose citazioni di storici, da me conosciuti e stimati, che con le loro opere tanto hanno contribuito all’approfondimento del periodo storico trattato: da Francesco Renda e Umberto Santino, autori di numerosissime opere sul movimento contadino e sulla mafia, a Giuseppe Carlo Marino autore di“Partiti e lotta di classe in Sicilia” e “Nicola Alongi, contadino socialista”, che hanno ampiamente parlato del movimento contadino prizzese, al concittadino Salvatore Vaiana, autore di “Una storia siciliana fra Ottocento e Novecento” e “La strage di Canicattì”, a Giuseppe Oddo, autore di un’opera monumentale in 4 volumi, “Il miraggio della terra in Sicilia”, sulla storia del movimento contadino siciliano, e con loro tanti altri di grande valore.
Un mio ringraziamento a parte va al prof. Carmelo Fucarino, autore della “Stratigrafia del Comune di Prizzi come metafora della storia della Sicilia” che, nei voll. II e III di quest’opera, si è soffermato sulla nascita e lo sviluppo del movimento contadino prizzese.
Prizzi, 10 maggio 2022 Rosa Faragi
Nella foto: la prof. Rosetta Faragi pronuncia il suo discorso presso l’Auditorium della Scuola superiore di Prizzi.
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