giovedì, maggio 26, 2022

LA LOTTA ALLA MAFIA. Alla Noce il ritorno dei boss scarcerati. Gli inquirenti: “I clan non si fermano”


Blitz della squadra mobile, smantellati i nuovi vertici dello storico mandamento del centro città, nove finiscono in manette Dopo aver scontato il debito con la giustizia erano tornati a delinquere. Il prefetto Messina: “ Non va abbassata la guardia”

di Salvo Palazzolo

Si atteggiava a padrino vecchio stampo. Il giorno che morì l’anziano capomafia della Noce, Giovanni Nicoletti, il boss Giancarlo Seidita dispose che i funerali dovessero essere fatti da una ditta ritenuta “autorevole” nel mondo mafioso: “Castagna Tommaso e figli”. Un gesto di attenzione, il segno che si sentiva già lui il nuovo padrino di quel mandamento da sempre importante. Seidita puntava a riprendersi quello che era stato suo prima del 2008. Lo scettro del comando mafioso in unodei clan più blasonati della città. Ieri mattina, il 47enne Carmelo Giancarlo Seidita è tornato in carcere con l’accusa di essere il nuovo reggente del mandamento che raggruppa le famiglie di Cruillas, Malaspina ed Altarello. Gli investigatori della squadra mobile hanno arrestato anche altre otto persone, quattro già con precedenti per mafia. Ancora una volta scarcerati che tornano in azione e provano a riorganizzare Cosa nostra. 

« La sola detenzione sembra non essere stata efficace a recidere il legame tra il condannato e l’organizzazione mafiosa » , è la prima considerazione del prefetto Francesco Messina, il direttore centrale anticrimine della polizia di Stato. «La detenzione carceraria per la durata della pena comminata non ha consentito il recupero del condannato, né la sua rieducazione tanto che riguadagnata la libertà gli indagati hanno ripreso a perseguire gli interessi delle famiglie mafiose di appartenenza». Una constatazione che è un allarme: « La sola detenzione dunque sembra non essere stata efficace a recidere il legame tra il condannato e l’organizzazione mafiosa. Esiste una sorta di specialità del detenuto mafioso che finisce necessariamente per legittimare nei suoi confronti un trattamento detentivo peculiare». Una questione che incide nel dibattito sull’ergastolo ostativo. La concessione di permessi ai boss potrebbe avere effetti devastanti: «Resta ancora valido quanto disse il pentito Tommaso Buscetta al giudice Falcone — ricorda il prefetto Messina — dall’organizzazione mafiosa si esce solo in due modi — o con la morte, o con la collaborazione di giustizia. Non bisogna abbassare la guardia». 
L’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Dario Scaletta e Giovanni Antoci racconta che i boss della Noce puntavano molto sul racket delle estorsioni e sulle scommesse on line. E facevano sentire il loro ricatto anche sugli spacciatori: imponendo una sorta di tassa sui profitti illeciti. Il pizzo a tappeto. «E le vittime continuano a non denunciare — spiega il prefetto Messina — proprio come accaduto nell’indagine sul clan di Brancaccio » . In quell’occasione, quaranta operatori economici sono finiti sotto inchiesta per favoreggiamento, perché hanno continuato a negare le richieste dei boss nonostante le evidenze delle intercettazioni. «Alla Noce, i mafiosi avevano steso una rete intimidatoria — dice il questore di Palermo Leopoldo Laricchia — indicavano e autorizzavano persino le occupazioni abusive di immobili » . Cosa nostra punta sui quartieri per riorganizzarsi. 
« Abbiamo comunque fatto dei grandi passi avanti. — dice ancora il capo della direzione centrale anticrimine, ieri in città — . Palermo è cambiata, la Sicilia è cambiata. Una manifestazione come quella del 23 maggio era impensabile anni fa e oggi non succede in nessun’altra parte di Italia. Io lo ricordo com’era un tempo Palermo: plumbea, nera » . Il prefetto Messina dice che «la repressione proseguirà, perché c’è ancora tanto da fare. Ma poi è necessario - precisa - che le altre articolazioni dello Stato si facciano avanti nei quartieri dove la mafia prova a raccogliere consenso e a riorganizzarsi » . È la sfida per Palermo all’indomani del 23 maggio. 

La Repubblica Palermo, 26/5/2022

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