sabato, maggio 21, 2022

IL PROCESSO DI CALTANISSETTA. La famiglia Borsellino accusa: “Depistaggio atto criminale, ma il piano si poteva fermare”


di ALESSIA CANDITO

L’avvocato di parte civile ai poliziotti “ Dite tutta la verità”. E ai pm dell’inchiesta: “Per noi siete coinvolti”

Una denuncia, chiara: dietro il depistaggio c’era un disegno criminale. E si poteva fermare. Un appello ai poliziotti imputati: «dite la verità» . E un’accusa, forse dolorosa, diretta ai magistrati che hanno più o meno sostenuto la credibilità del falso pentito Vincenzo Scarantino: «per quanto si credano assolti, per noi sono lo stesso coinvolti». 

Si conclude con una stretta di mano decisa e un breve abbraccio con il cognato Manfredi Borsellino, da giorni presenza silenziosa in aula, l’intervento dell’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia e legale dei familiari del giudice massacrato in via D’Amelio. Alla sbarra, ci sono i poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Da codice, il reato che viene loro contestato è concorso in calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra. Nel concreto, l’accusa è di aver indottrinato Scarantino, istruendolo su come accusare degli innocenti. E così intorbidire per anni le indagini sulle strage, confondere le carte, nascondere verità e reali esecutori. 

«Nell’opera di ricostruzione di ciò che è avvenuto dopo la strage di via D’Amelio, l’approssimazione, le anomalie e negligenze corrispondevano a un disegno criminoso» dice l’avvocato Trizzino. I poliziotti che su molti di quegli abbagli investigativi — troppo clamorosi perché possano essere tali — ci hanno messo la firma, sono in aula. E lo guardano mentre dice «a me dispiace che siate solo voi a pagare, ma c’è stata omertà e negligenza. Un atteggiamento — scandisce — perfettamente sovrapponibile all’associazione mafiosa». 

Ma la “costruzione” del pentito Scarantino — dice Trizzino — non può essere stata solo opera di tre poliziotti. Lo dicono la frettolosa archiviazione dell’inchiesta “Mafia-appalti”, i trasferimenti telecomandati degli investigatori, telefonate e provvedimenti insensati, spiega il legale. Che punta il dito anche contro il «comportamento inqualificabile» di Arnaldo La Barbera, il capo del gruppo di indagine “ Falcone- Borsellino” morto nel 2002, che inchieste successive hanno identificato come uno dei pupari dei falsi pentiti. «È stato compromesso il diritto dell’accertamento della verità negli eventi antecedenti e successivi che hannoportato alla strage di via d’Amelio » afferma il legale, che poi si rivolge direttamente ai tre agenti. «Non ci venite a raccontare la storiella che avete combattuto la mafia» , attacca. E poi l’invito, quasi un ordine: «dite la verità, dite cosa è successo» . Risuona solo il silenzio in aula. Per loro, Trizzino chiede non solo una pena severa — la procura ha invocato 11 anni e 10 mesi per Bo, 9 anni e mezzo per Mattei e Ribaudo — ma anche una condanna morale «perché la possibilità che ingenerino nelle nuove generazioni il nichilismo istituzionale è evidente». 

Ma per l’avvocato Trizzino, come per i familiari di Borsellino che rappresenta, di quel depistaggio non sono gli unici responsabili. «Per quanto riguarda la dottoressa Palma e Petralia come indagati di reato connesso (con posizione in seguito archiviata ndr), e il dottor Di Matteo (mai indagato ndr) — tuona — noi diciamo che “per quanto loro si possano credere assolti, riteniamo che siano lo stesso per sempre coinvolti”». 

È una citazione della canzone del maggio di De Andrè, ma diventa quasi un atto di guerra nei confronti dei pm che hanno inizialmente gestito Scarantino. E come tale viene interpretato da Petralia, che all’Adn dice: «solo abbassando i toni e ricordandoci che ci sono dei limiti che tutti — parti civili e parti pubbliche — dobbiamo rispettare si rende onore alla giustizia e ai tanti eroi che in nome di essa hanno sacrificato le loro vite» . Ma per il depistaggio che ha coperto quegli omicidi, «che c’è stato» riconosce l’avvocato dello Stato, «tutti sono responsabili, quindi nessuno – chiede per Viminale e presidenza del Consiglio – deve pagare». 

La Repubblica Palermo, 21/5/2022

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