di Eugenia Nicolosi
foto di Francesco Bellina
Nel 2020 è stato registrato in Sicilia l’8 per cento del totale dei crimini contro gli animali avvenuti in Italia: 70. Con 65 persone denunciate e 66 sequestri penali
La crudeltà è spettacolo nei video diffusi su internet, dove i cuccioli sono dati alle fiamme tra applausi e grida.
È business nei pollai lager, dove alle galline viene strappato il becco perché l’immobilità le induce all’autolesionismo. È allenamento per le strade, quando cavalli denutriti e imbottiti di farmaci sono costretti a galoppare legati ad automobili in corsa. Tre immagini legate dal principio di sfruttamento degli animali che sono i più evidenti sintomi del radicato fenomeno della zoomafia: sfruttamento si, ma con lo scopo di ingrassare le tasche della criminalità organizzata attraverso macellazione, canili e pascoli, traffici, corse, collusioni, combattimenti e scommesse.
Numeri da record
Animali da affezione
Osso è stato trovato scheletrico e privo di forze, neanche guaiva per chiedere aiuto dalla discarica di Palermo nella quale era stato gettato. Dopo anni di combattimenti, Osso non serviva più. Non c’è una specie che avverte la sofferenza più delle altre tuttavia, per diffusione, sono cani e gatti i più soggetti a subire abusi per divertimento e profitto umano. È stato per passatempo, così hanno detto alla polizia i due ragazzini che un’estate fa Siracusa hanno lanciato un cucciolo da una rupe. Un mese dopo due uomini e un bambino, a Catania, hanno cosparso di benzina un cane e gli hanno dato fuoco. Poi lo hanno finito a pietrate. Le violenze inflitte agli animali da affezione sono abusi di solito consumati negli stessi contesti in cui si organizzano i combattimenti. Basta passeggiare per Palermo per vedere ciotole rotte e vuote, catene e pozze di sangue raffermo attraverso le saracinesche bucherellate di Ballarò, Capo e Vucciria. Orrore a portata di turista.
La tratta dei cuccioli
Soltanto la tratta dei cuccioli negli ultimi dieci anni ha fruttato ai clan oltre 5 milioni di euro: strappati alle madri prima del tempo, attraversano l’Italia in container senza acqua né cibo per arrivare, con documenti falsi, da ignare famiglie adottanti. 46 mila cani e gatti di razza movimentati ogni anno in Europa di cui né è tracciabile solo la metà, il resto è profitto per il mercato nero. «Ad aiutare i trafficanti un sottobosco di veterinari, negozianti e allevatori collusi: le vittime della tratta si comprano da canali che sembrano ufficiali. La fetta grande della torta spetta però a chi traffica in specie protette: caretta caretta, bertucce, falchi. Vivi e non.
Il commercio dei cardellini
«Basterebbe piazzare una volante a Ballarò» , attacca Girgenti. Chi vuole un cardellino sa che lì ne trova a centinaia. Catturati e accecati per migliorare il loro canto sono detenuti al buio perché non cantino. Non è difficile trovare gli allevamenti abusivi: nonostante l’oscurità qualcuno di loro canta lo stesso. Dietro il Tribunale di Palermo c’è un basso con le finestre chiuse da cartoni e stoffe. Si sente cinguettare. All’anno sono circa 11mila gli esemplari venduti a un prezzo medio tra 7 e 10 euro. Fa 92 mila euro all’anno. Aggiungendo esemplari con capacità canore e campioni di bellezza, «il giro d’affari del traffico di avifauna selvatica è di circa 333 mila euro all’anno», conta la Lav.
Il traffico su Internet
La rete ha un ruolo fondamentale in questo quadro: da bacheca universale per il traffico non tracciabile a piattaforma che ospita immagini di violenza. «Così un anonimo ragazzo di periferia acquista una sinistra fama planetaria grazie alla tortura inflitta a un animale. Senza Internet tante violenze a danno di animali non ci sarebbero » , commenta Troiano. Dietro gruppi Facebook con nomi innocui si nascondono smercio illegale e attività criminali e sono diventati virali i video delle corse clandestine su via Ernesto Basile a Palermo, su via Madonna del Divino Amore, a Catania e del cavallo costretto a bere spumante. Ma anche quello della corsa con la quale se lo era guadagnato, a Siracusa.
Le corse clandestine
Li vediamo schiumare per le strade delle città, trascinati al trotto da uomini in motorino. I cavalli da corsa clandestina li riconosciamo perché si allenano per strada e perché riposano tra garage e magazzini spesso insieme a farmaci illegali e droghe. Le stalle, solo a Palermo, sono tra Ballarò, Borgo nuovo, Borgo vecchio e il villaggio Santa Rosalia. Per le mafie le corse hanno un peso significativo. Anche la Relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) segnala che l’attività del clan Galli- Tibia di Messina è « frequentemente rivolta all’organizzazione delle corse clandestine di cavalli » e che l’espansione nella Sicilia occidentale di agenzie di scommesse e gioco illecito è collegata al gruppo di Matteo Messina Denaro. Ma anche l’ippica ufficiale è inquinata. Con il denaro sporco si comprano i puledri e « intercettazioni svelano l’investimento di cosa nostra nell’ippica con gare truccate negli ippodromi di Torino, Villanova D’Albenga (Savona), Siracusa, Milano e Modena » , denuncia la Lav, che aggiunge: « sono i fedelissimi del clan dell’Acquasanta di Palermo a controllare le gare negli ippodromi».
La cupola del bestiame
Con la definizione di “Cupola del bestiame” la Lega anti vivisezione indica tutto il malaffare connesso al mondo dell’allevamento. Non è sempre inclusa la regia occulta delle mafie, tuttavia la Lav stessa precisa che « produzione, distribuzione, vendita di prodotti alimentari sono sempre più condizionate dalla criminalità ». Le mafie controllano la filiera produttiva partendo dall’inizio: il vero interesse « è l’accaparramento di aziende e terreni per accedere ai fondi di sostegno allo sviluppo rurale», scrive la Dia.
Ogni anno per abigeato spariscono nel nulla oltre 150mila animali che finiscono nei circuiti della macellazione clandestina. Qui la questione animalista si lega a quella della sicurezza sanitaria sollevata dalla circolazione di carni non controllate.
La Repubblica Palermo, 2/3/2022
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