martedì, marzo 15, 2022

CI SCRIVONO. “Non siamo anche noi, attuali cittadini di Corleone, parzialmente responsabili dello stereotipo con cui continuiamo ad essere identificati?”


MATTEO CARLOTTA
AL SIG. SINDACO, ALL’ASSESSORE ALLA CULTURA E LEGALITA’, ALLA GIUNTA COMUNALE, AI SIGNORI CONSIGLIERI COMUNALI CORLEONE, AL SIG. VICEPRESIDENTE DEL CIDMA CORLEONE, AL SIG. DIRIGENTE SCOLASTICO ISTITUTO COMPRENSIVO “G. VASI” CORLEONE, AL SIG. DIRETTORE RESPONSABILE QUOTIDIANO ONLINE “CITTA’ NUOVE” CORLEONE

Corleone, 14.3.2022

OGGETTO: The Godfather’s House Museum – Corleone.

Buongiorno. Com’è noto, lo scorso 6 marzo, nella nostra città, è stato inaugurato il “Godfather’s House Museum – Corleone”, presentato dalla “family cultural association”.

Letteralmente, quindi, “la casa del padrino - museo” presentato dalla associazione culturale “la famiglia”. L’evocazione è di immediata percezione: il padrino e la famiglia. Ovviamente la mente corre al binomio mafioso padrino/famiglia e non potrebbe essere altrimenti. L’evocazione stessa è palesemente cercata: ricordare “la famiglia” nella sua accezione mafiosa. Se ciò non bastasse a rendere l’idea di cosa si stia parlando, Vi invito a guardare il trailer di presentazione del museo stesso.


Accanto al portone d’ingresso campeggia uno stemma con al centro un leone rampante che differisce dal logo del Comune di Corleone solo per qualche piccolo particolare che ai più potrebbe sfuggire.

Soltanto qualche mese fa ci fu una levata di scudi relativa alla vicenda della fiction mediaset “lady Corleone”.

Mediaset fu diffidata dall’utilizzo del nome della nostra città per la fiction in parola e il sindaco e l’assessore al ramo ne spiegarono i motivi: “Stanchi dell’accostamento tra il Comune di Corleone e vicende di mafia, il sindaco Nicolò Nicolosi e l’assessore alla cultura e legalità Giusy Dragna hanno diffidato Mediaset e la Taodue a utilizzare il nome del paese in provincia di Palermo per la preannunciata serie tv "Lady Corleone". (dal quotidiano la Gazzetta del Sud del 12.11.2021).

Qualche tempo prima la polemica era montata in maniera esponenziale quando i coniugi Bellomo/Riina avevano aperto un ristorante a Parigi, “Corleone by Lucia Riina”.

Oggi mi chiedo se davvero vogliamo che il binomio Corleone/mafia sia finalmente cancellato e se davvero cerchiamo e vogliamo il riscatto dal nostro triste passato.

Ricordando solo le due vicende appena citate, è impossibile non notare che ci scagliamo contro la fiction “lady Corleone” e contro il ristorante parigino “Corleone by Lucia Riina”, ma non ci accorgiamo che di fronte la casa comunale campeggiano cartelloni coi vari “amaro il padrino”, “il pranzo di don vito” (recentemente rimosso perché l’attività ha chiuso), “amaro don Corleone”, peraltro quasi tutti con il richiamo al logo del comune.

Non entro nel merito delle scelte commerciali dei titolari dei vari esercizi.

E’ per me anacronistico e forse anche diseducativo che il 10 marzo Sindaco, Giunta e consiglieri, oltre alla C.G.I.L. e altre personalità, ricordino Placido Rizzotto e i valori dell’antimafia portando i bambini delle scuole in piazza Garibaldi ad un paio di metri da un cartellone che sponsorizza “amaro il padrino”.

Per il prossimo anno si potrebbe pensare di far visitare ai bambini il nuovo museo, “la casa del padrino”.

La storia di Corleone, in quanto tale, non può essere cambiata, ma credo che sia anacronistico e contraddittorio che si diffidi Madiaset dall’utilizzare il cognome Corleone per la lady della loro fiction e poi si apra in città “il museo della casa del padrino”;

é anacronistico e contradditorio attaccare i coniugi Bellomo/Riina per il loro ristorante a Parigi e non guardare ciò che accade nella propria città;

é anacronistico e contraddittorio lasciare che si utilizzi il logo del Comune di Corleone per commercializzare, specialmente all’estero, olio (giusto uno degli esempi possibili);

è anacronistico e contraddittorio lasciare nell’attuale agonia il CIDMA che negli anni ha dato al mondo una immagine nuova e positiva di Corleone (non parlate di cause legate al covid. Sarebbe una offesa per l’intelligenza di tutti);

è anacronistico e contraddittorio lasciare che la “bottega della legalità” (quella della casa confiscata al mafioso Provenzano per intenderci) versi in una condizione di morte cerebrale.

Le cause dell’assioma Corleone = mafia non sono certo di oggi e non ricadono sull’attuale sindaco e sulla sua giunta. Abbiamo delle incrostazioni che facciamo evidente fatica a rimuovere.

Da tempo a Corleone si parla di riscatto sociale, di catarsi. Si parla della stanchezza di essere identificati coi soliti cliché.

Già...si parla.

Per fare in modo che ciò si realizzi non dovremmo guardare prima di tutto in casa nostra? Non dovremmo lavorare su noi stessi? Non siamo anche noi, attuali cittadini di Corleone, parzialmente responsabili dello stereotipo con cui continuiamo ad essere identificati?

Ognuno, nella propria quotidianità, in tal senso, può e deve fare la propria parte.

La politica locale è chiamata a svolgere questo compito in modo concreto e non con proclami.

Concludendo, vorrei chiedere al sindaco se esiste una normativa che regoli l’utilizzo da parte di terzi del logo del comune; al contempo chiedo al direttore di “città nuove” di valutare la possibilità di pubblicare questa mia sul quotidiano on line.

Ringrazio

Cordialità

Matteo Carlotta

2 commenti:

Maurizio Pascucci ha detto...

Caro Matteo Carlotta
la ricordo con piacere al servizio di tutela pubblica della comunità corleonese.
Le sue riflessioni sono molto incisive e profonde.
Più che sufficienti per promuovere un confronto che non può mancare a Corleone.
Lo deve fare la società civile ma anche il Consiglio Comunale che ha il compito di rappresentare la città.
Far finta di niente significherebbe far prevalere il non dire e non fare.
Per quanto di mia competenza chiederò a partire dal Consiglio Comunale di domani mattina che questa riflessione sia effettuata con celerità.
Con stima e amicizia

Maurizio Pascucci
Consigliere Comunale di Opposizione

giovanni perrino ha detto...

Concordo pienamente con quanto scrive Matteo. Le sue osservazioni su una condotta poco lineare sul contrasto, anche visivo, al fenomeno mafioso, sono molto opportune e del tutto condivisibili.Dei loghi e delle allusioni il commercio e l'imprenditoria sana del paese può farne a meno anzi...DEVE IMPARARE A FARENE A MENO!
G.Perrino