Maurizio Zamparini
di Emanuele Lauria
È stato,nel bene e nel male, il non palermitano più famoso di Palermo, il forestiero che è riuscito a convogliare su di sé un immenso amore e trasformarlo in irrazionale risentimento. Un re straniero come Federico II, finito in disgrazia come un Sucato qualsiasi. Venne, vide, vinse.
Poi si spense lentamente, come le cose umane, e fece spegnere la passione di un popolo. Ma nessuno come lui, che pure aveva sangue friulano nelle vene, ha saputo rappresentare i colori di una squadra, il rosa e il nero. E nessuno, come questo imprenditore del Nord Est, ha in fondo meglio interpretato l’animo di questa città. Come tutti i personaggi controversi, Maurizio Zamparini si porta nella tomba lusinghe e affronti. Ma un fatto è certo: per un paio di lustri è stato, per un capoluogo poco incline al sogno, un ineguagliabile generatore di felicità. Il Palermo di Toni e Barzagli, di Miccoli, Cavani, e Pastore, di Dybala e Ilicic non è stata solo una squadra di campioni ma il simbolo del riscatto di una comunità in Italia e in Europa.
Il primo Zamparini ha portato soldi e capacità di scoprire talenti, programmazione e visione. Ha pensato a uno stadio di proprietà qualche anno prima che nascesse lo Juventus Stadium. Ha regalato un quinto posto in serie A, cinque qualificazioni a Coppa Uefa e Europa Cup, una finale di Coppa Italia. Il secondo Zamparini è quello del declino finanziario e dei conti truccati, delle trattative con società misteriose, delle inchieste e del fallimento. In fondo è stata l’esasperazione di una parabola umana, molto comune in altre realtà calcistiche. E chi cerca di capire se Maurizio Zamparini sia stato un angelo e un demone, dovrebbe porsi un’altra domanda: quali capacità ha mostrato questa città — prima e dopo — di liberare energie, risorse, investimenti per salire sulla ribalta, sportiva e non? E allora Zamparini rimarrà per sempre emblema di una Palermo che da secoli si fa felicemente conquistare, anche per mascherare i propri limiti.
La Repubblica Palermo, 2/2/2022
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